8.7.09

Relazioni

Quando dico sorridendo che sono asociale, la gente tende a non credermi.
Non ho la faccia dell'asociale, lo so. Manca il fisique du role.
All'asilo odiavo i bambini. Ho resistito 3 mesi, forse, poi ho cominciato a dare di matto e mi hanno riportata alla quiete di casa mia, dove stavo certo meglio che a giocare con quei quattro mocciosi.
Alle elementari sono diventata violenta, ho cominciato a inventare ogni stratagemma per non andare a scuola, mi davo malata alle gite e non partecipavo alle feste. Il mio migliore amico era Claudio, 16enne handicappato, almeno fino a quando non ha tentato di farmi lo scalpo.
Alle medie se avessi potuto farlo (se una delle mie 4 personalità non avesse aborrito l'idea) avrei dato fuoco alla scuola con tutte le mie stronzissime compagne dentro. Una festa e mezza in tre anni e mi sono pure rotta le palle.
Le superiori, finché ho potuto, le ho fatte studiando a casa e dando l'esame a fine anno. Nessun contatto con alcun tipo di coetaneo. Diverso a danza, dove almeno avevamo una passione e un sogno in comune e dove le poche amicizie che avevo mi hanno insegnato più di qualsiasi altra esperienza. Tutto il resto era vita.
Non ho mai voluto frequentare una compagnia fissa per non sentirmi obbligata a vedere sempre tutti, sempre insieme, sempre le stesse cose, stessi posti, stesse fisime. La maggiorparte della gente mi annoia mortalmente.
Poi ci son le persone che mi interessano, che mi incuriosiscono. Quelle persone io le frequento assiduamente finché deve succedere. Quando qualcosa cambia io lascio che vadano, senza sforzarmi di mantenere i contatti nemmeno con chi sento molto vicino. Poi magari tornano, oppure no. Ma non importa. Non mi mancano particolarmente, quasi come non mi mancano parenti e amici morti.
Non amo le relazioni di circostanza. Di facciata. Se qualcuno ha con me un rapporto di sana educazione e niente più, io preferisco cambiare strada e nemmeno salutare, perché trovo inutile perdere tempo a dirsi il "Come va?", "Tua moglie?", "I bambini?", " Dai, una volta sentiamoci...", "Così combiniamo e ci vediamo..." quando già so che se non è successo fino ad ora, non succederà.
Non mi importa di sembrare scortese, maleducata, o perennemente tra le nuvole.
Mi piacciono le relazioni in cui ci si dà, intensamente, per il periodo in cui si può. Poi non importa, perché quello che ho dentro oramai non me lo toglie nessuno. Nè il tempo, la distanza o la morte.
Io incamero, ricordo, mi tatuo sulla pelle le mie relazioni. Non mi abbandonano mai. Questo mi piace e questo voglio. Se non incontro miei simili non importa, io assorbo lo stesso. Che sia la storia della spogliarellista che ho conosciuto a 15 anni, quella del transessuale di 12 anni fa, quella dell'usuraio gentile, della pittrice separata, del calciatore in carriera, del geometra di Milano, del cantante di liscio.
Sono tutti parte di me, nessuno finto, nessuno perfetto, nessuno simile. Se non per l'essersi aperto/a senza problemi, per l'essersi donato/a per quello che era.
Io non vado volentieri alle feste, preferisco l'anonimato della discoteca dove non sono costretta a parlare con nessuno. O una tavolata di 4 persone dove raccontarsi le proprie cicatrici con chi ne ha davvero voglia.
Io sono davvero asociale, a modo mio.

4 commenti:

Pyperita ha detto...

L'usuraio gentile mi ha messo i brividi.

Marco ha detto...

è banale dirlo, ma il bello è che nessuno è normale.

Siamo animali sociali. Contrariamente alle belve quando mostriamo i denti non ringhiamo, ma ridiamo.
Contrariamente alle belve non mordiamo, ma ben reciatiamo.

Romins ha detto...

A me l'usuraio gentile ha messo curiosità.

PaolaClara ha detto...

Pyperita e Romins , un usuraio gentile è un usuraio a cui non devi soldi, o uno a cui li hai appena chiesti (ma non era il mio caso). Negli altri casi son cavoli amari.
Marco , fortuna che non siamo tutti uguali. E che la normalità sia un fatto statistico. Io credo di essere una socievole asociale, persona educata e che sa gestire relazioni sociali, ma non per questo si sente spinta ad averne in quantità.