17.7.13

Le piccole verità che recitiamo a memoria

Negli anni dell'adolescenza passavo nottate a guardare film in vhs, con mia sorella - la seconda in affido - accucciate sul divano di casa a vedere e rivedere i nostri cult.
A forza di farlo imparavamo non solo battute ma parti intere dei dialoghi, che poi ripetevamo fino all'esaurimento ridendo delle nostre stesse imitazioni.
Ricordo che uno dei pezzi forti di mia sorella era il monologo sulla morte recitato dal comico in "All That Jazz" di Bob Fosse. Non so perché le sia rimasto così impresso, anche se io stessa lo conoscevo quasi completamente non era la parte che ripetevo più spesso. Forse io ero presa dall'imparare le sequenze di ballo o semplicemente non mi piaceva l'idea di andare in giro per casa ripetendo:
"Sto morendo... Sto morendooo... I dottori si fanno i soldi e io sto morendo..."
Però tutto il pezzo m'è rimasto in mente. Anni di ripetizioni, si sa...
Il discorso della suddivisione in 5 fasi (Ira, Rifiuto; Mercato, Depressione e Accettazione) credo non riguardi la morte, o meglio che essa sia solo una parte del discorso. Credo che sia il "lutto" in tutte le sue accezioni ad avere queste fasi. Lutto come distacco da una persona amata anche a causa di una separazione, lutto come perdita di un qualcosa di significativo per la propria vita.
La teoria della dottoressa Kubler Ross si può applicare benissimo a una storia d'amore finita male.
Perché la rabbia c'è. E il rifiuto di credere che sia accaduto, il rifiuto della realtà; i tentativi di mercanteggiare un nuovo inizio, o di mantenere qualcosa di stabile nonostante tutto scivoli via. E la depressione segue a ruota. Pianti, apatia, tutto che sembra perdere senso. Per ultima l'accettazione. Il momento in cui dici: ok. Adesso si cambia.
Mi rendo conto che io ho vissuto più spesso queste fasi come lutto per un amore finito di quanto mi sia successo con la morte di mia madre. Forse perché in cuor mio sapevo già che sarebbe successo e non ho avuto bisogno di elaborare tutte le fasi. Diciamo che non ero arrabbiata e che non ho mai sperato di poterla salvare in qualche modo. Non avrei barattato un giorno in più di vita con lei se questo avesse voluto dire vederla soffrire. Sono stata male. Ho pianto e ho accettato che accadesse.
L'ho fatto con più facilità che per qualsiasi altro accadimento nella mia vita.
Quando abbiamo perso la casa dei nonni, per esempio. O quando gli usurai ci portavano via la vita un pezzo per volta. Quando non ne andava una nel veso giusto, quando mi legavo a persone che non meritavano la mia fiducia.
Quando ho amato e le cose non hanno funzionato. Ed è successo più di una volta. Alcune in modo irreparabile. Forse davvero a spaventarmi non è tanto l'idea della morte, quanto la vita. La vita con tutti i suoi imprevisti, con le aspettative deluse e con il dolore inevitabile che si prova.
La vita spaventa, come l'amore. Forse sono la stessa cosa.

2 commenti:

monicabionda ha detto...

uh... ci penso

PaolaClara ha detto...

Uh, pensaci!!! ;)