31.10.14

E siccome è Halloween...

... mi permetto di essere "altro da me" pur essendo me sempre.
Come? Con un giochino-catena in cui non saprei chi coinvolgere dopo di me non perché non segua altri blog, ma perché non amo disturbare nemmeno per un dolcetto o scherzetto...
Quindi via:
1) Inserisci la foto del gatto curioso.
Non so bene perché ma mi adeguo...
(Ne avevo di Fox, ma fa ancora male averlo perso.)
2) Rispondi alle cinque domande che seguono.
- Esponi il tuo abbigliamento tipo di quando avevi 14 anni:
Pantaloni, sempre o quasi. Jeans di velluto carta da zucchero d'inverno e pantaloni molto aderenti di cotone d'estate. Oppure gonne, corte, se capitava di evadere dall'istituto delle suore. T-shirt colorate o maglioncini prevalentemente tinta unita. Mai rosa, poco verde, niente bianco.
- Hai qualche qualità eccezionale che nessuno sembra apprezzare (idioti)? Racconta:
Di solito le mie qualità vengono apprezzate. Forse a non apprezzarle sono io, che non sono mai contenta di me, che mi appassiono tanto da lottare contro i mulini a vento per poi cadere stremata (avrei tanto voluto scrivere "scremata", di getto, ma poi sarei stata troppo la solita Paola) a un passo dal successo. Sì, ecco, forse ho più difetti che qualità nascoste o invisibili.
L'unica cosa che per me è una qualità è la mia "morbidezza", il non prendere posizione e non dichiarare mai completamente le mie idee o non "combattere" per farle valere. Ecco, per me questo è un valore. Non che io non le metta in discussione, semplicemente non mi importa di avere etichette addosso.
- La serie tv che nonostante tu sia conscia che faccia ca**are guardi con commovente zelo mentre la tua mente ti comunica "dai, la prossima puntata sarà meglio" (spoiler: non sarà mai meglio)
Oddio, io di serie tv ci vivo... potrei riempire pagine e pagine di quelle che guardo nonostante sappia che sono terribili. Tra tutte forse la più assurda è The Vampire Diaries, (appena innescata una sollevazione popolare, ma come?) che ora guardo saltellando, perché dopo la terza stagione e l'avvento di Klaus non posso evitare di tifare per il cattivo ma mi rendo conto che il tutto diventa sempre più imbarazzante, sia per il noiosissimo triangolo che per le idee ormai scarse degli sceneggiatori. Poi aggiungo Grey's Anatomy e Supernatural, anche se per Dean Winchester farei qualsiasi cosa. Non se ne può più.
- A che età hai imparato a usare la lavatrice? 
(Ma che cavolo di domande sono?) Credo 15/16 o giù di lì. Ho imparato prima a cucinare.
- Descrivi il tuo comfort food per eccellenza, ossia, che cosa mangi per tirarti su di morale?
C'è solo una cosa che può farmi tornare il buonumore ed è il cioccolato. Se è Nutella è meglio. In mancanza di quella, o in caso di dieta... la pasta. Lasagne alla bolognese o agnolotti al sugo d'arrosto. O pizza. O kebab (lo so, mi dite che si tratta di junk food ma non c'è nulla di meglio per farsi del male).
3) La nomina di altri 3 blogger che dovranno proseguire la catena. 
Ecco, sentitevi liberi di farvi la vostra catena a piacimento, in caso ditemelo.

26.10.14

Avevo idee

Ieri, nelle dieci ore di automobile fatte per andare e tornare dalla premiazione di un concorso che non ho vinto - ma già lo sapevo - avevo in mente mille cose da fare e scrivere e oggi zero.
Non è il non aver vinto, mi ha stancata di più il viaggio e lo stare chiusa quattro ore in una sala piena di gente, che è cosa che non fa per me. E nemmeno per Cali, che ha assistito accucciata ai miei piedi a tutto l'evento.
Avevo voglia di scrivere qui, un nuovo post di analisi illogica tra le altre cose, e di sistemare il racconto, di scrivere un articolo che avevo promesso e non so che altro.
Poi le cose sono svanite.
Da una parte le considerazioni sul perché non piaccia il romanzo, anche se so che non scrivendo in modo commerciale è complicato piazzare il mio lavoro. Anche "Sette stanze", come prima "Gli attimi...", ha un genere ma non ce l'ha. Una storia romantica ma anche il viaggio di un uomo nella sua crisi esistenziale. Una rinascita e una riscoperta. Che forse non è da me, forse. In realtà a modo mio scrivo sempre e comunque d'amore, con un sacco di morti in mezzo e forse con scarsa attenzione all'altrui sensibilità.
Tra i commenti/giudizi che ha ricevuto al Torneo - letti e dimenticati, perché devono sedimentare e poi dare frutti con calma - ce n'è uno che lamenta il fatto che il protagonista vomita e sbava dopo ogni sbronza. Capisco che sia antiestetico e spiacevole, ma capita a tutti quelli che passano il limite di vomitare e di sbavare e di avere rapporti frequenti con la ceramica del gabinetto (da notare, ho scritto gabinetto e non quello che avrei voluto scrivere) e non vedo perché non rimarcarlo, visto che all'inizio del romanzo il protagonista è messo molto male. Poi migliora e non vomita più, ma all'inizio sì. Tiè.
E quelli che dicono che va bene e quelli che dicono che è lento e quelli che trovano i personaggi antipatici...
va bene.
Insomma, piacere è complicato e non so bene fino a che punto ho voglia di sbattermi per piacere adaltri quando quello che voglio dire è quello. Il tizio è antipatico? Pazienza. Non sta scritto da nessuna parte che deve essere un amore di protagonista, ma può diventarlo col tempo. E chi ha avuto modo di leggere tutto il lavoro lo ha visto che quell'uomo diventa un altro. Quindi, quindi fanculo. Io continuo così.
Ora aspetto la mia scheda critica del nuovo concorso e vedo che altro c'è che non va.
E insisto. Che tanto a me quel romanzo piace, pur avendo dei difetti.
E procedo con il nuovo racconto, che piace a quasi tutti - per cambiare - e che magari ho trovato a chi mandarlo al volo se riesco a finire di correggerlo.
E procedo con la revisione del fantahorror che tanto sarà uno choc per molti, già lo so. E vado avanti con i miei progetti. E vaffa...
L'anno prossimo non partecipo al Torneo, che ho altro da fare - pole dance compresa - e mi diverto a far vomitare, squartare, picchiare, umiliare, etc. tutti i miei personaggi.
Stay tuned, restate tonnati...

17.10.14

L'analisi illogica del testo 2 - Il tempo atmosferico del lutto

Dopo le mie prime considerazioni sul romanzo di Silvia Longo pubblicate anche su Gazzetta Torino, sono tornata a un altro particolare che mi ha colpita de "Il tempo tagliato". Oltre che al tempo musicale che scandisce in qualche modo l'esistenza di Viola, la protagonista, c'è l'onnipresente incombere del tempo atmosferico che varia col variare degli stati d'animo della donna nel corso degli avvenimenti. Al di là di quelli che sono esplicitati nel romanzo mi sono posta spesso, nell'anno trascorso dalla prima lettura, il problema di quali fossero i miei tempi atmosferici.

Il lutto è nebbia, per lo più.
Non sempre, a volte è tromba d'aria con la sua tendenza al celebrare l'opposto, cioè la vita.
Ma all'inizio è nebbia, coi suoi tempi lenti e gli orizzonti limitati. Voglia di perdersi e di non vedere. Di morire insieme alla persona cara, per non perderla, perché sembra così ingiusto sia capitato a lei e non a te, o ad altri.
Quando è mancato mio zio, mia madre diceva "non è giusto, doveva capitare a me" e, al di là del fatto che un anno dopo è capitato effettivamente anche a lei, nella sua nebbia abitavano fantasmi e lei con loro.
Un periodo di irrealtà, lento, umido e pericoloso.
Anche Viola vive la nebbia, trascinandosi in casa nelle sue vecchie abitudini, nella continua memoria della sua spersonalizzazione. Non credo sia la solitudine o il senso di colpa, è che proprio si fa fatica a vedere oltre.
A meno che non ci sia una tromba d'aria. Allora il lutto è qualcosa di imprevedibile. Come diventa lentamente per Viola ma che nella mia esperienza travolge e toglie un ordine preciso alle cose. Perché poi alla fine un ordine vero in certe cose non c'è. Esiste quello che la morale comune ci impone. La morte è una cosa brutta,non va bene, va evitata, nascosta come fosse una colpa. E allo stesso tempo chi perde qualcuno deve smettere di vivere, per un tempo adeguato, piangere e rimpiangere vestito di nero.
La tromba d'aria non tiene conto di questo, obbliga a fare i conti con la vita. Quella che ti resta addosso e che continua a pulsare intorno a te. Quella che gli altri vorrebbero negarti perché loro stessi ne hanno paura.
Così, se per Viola la vita torna prima nel segreto della sua stanza, capita che per altre persone esploda incontrollata. Più forte e imprevisto è il dolore, più il controllo si perde.
Tormenta in cui si perde di vista ogni cosa, si viaggia a occhi chiusi. Si cerca un appiglio.
In ogni caso, sia che ci si trovi immersi nella nebbia o in mezzo a un tornado, alla fine arriva il sereno, il sole e il cielo azzurro.
Ecco, forse non sarà una riflessione profondissima, ma questo è solo un altro dei miei "flash"...

11.10.14

Aspettasi Easy disperatamente (cit.)

Rileggo i post passati e in molti di loro c'è un commento del mio amico Easy runner.
Amico che, giunto alla pensione, ha deciso di staccarsi un po' dal pc e godersi la vita fuori ufficio con la signora Easy e magari andando a comprare delle sedie negli States per sua figlia amante dei libri.
Mi manca, Easy.
Avrei voluto invitarlo a cenare fuori con signora, per chiacchierare ancora di vita, di poesia, di scambio libri e di matrimoni fatti in posti complicati. Di come ci si trovi, a volte, e di come a volte non ci sia tempo per ri-trovarsi.
E mentre incontro e conosco artisti, persone interessanti, persone affini mi volto ogni tanto a vedere se c'è.
Mi ha accompagnata a lungo, con i suoi sorrisi (o sorrEasy) e con i suoi commenti.
Anche se ho la sua mail continuo a rimandare, io non sono abituata a invadere. Piuttosto lascio mollichine di pane e spero che prima o poi qualcuno mi ritrovi, qui nel bosco in cui mi rintano sfuggendo al mondo.
Forse, appena avrò le copie cartacee del romanzo - di cui so che almeno una andrà al centro oncologico delle Molinette - troverò il modo di scrivergli e fargli un'offerta che non potrà rifiutare.

5.10.14

L'analisi illogica del testo

Inauguro una nuova tag (diamole della femmina, che a volte è meglio), una rubrica diciamo, per raccontare di come certi libri riportino alla mente suggestioni particolari che magari esulano dal testo in sé e che però - almeno nella mia mente bacata - al testo ritornano.
L'ho già fatto in modo ampio con "Il Tempo Tagliato", che per una frase sola mi ha fatto volare un bel po'. Lo faccio ora con un testo che ho letto da poco e di cui ho anche appena parlato.
Quindi ecco la prima puntata de:

L'ANALISI ILLOGICA DEL TESTO:
1 - Da certe cose non si torna indietro, ovvero la storia di Carla e Nedo 


Il rapporto tra questi due si chiarisce dal capitolo 4, subito dopo l'ingresso di lei nella storia. Sono giovani, egoisti e hanno molto per la testa. Carriera, divertimento, vita. Come non comprenderli?


Mai fra loro fu soltanto sesso. Però fu chiaro quasi subito a entrambi che nulla più potesse essere di una speciale amicizia. Erano troppo selvatici per legarsi... E nel momento in cui quel pensiero li sfiorò si allontanarono istintivamente, quasi ignorandosi per mesi. ... Da allora, Nedo fu il preferito di Carla fra i giocatori dell'Empoli, e Carla fu per Nedo un rifugio sicuro. Niente gelosie reciproche, niente pretese. Soltanto la tacita promessa di esserci nel momento del bisogno.
Alcune relazioni partono con una impostazione precisa. Alcune resistono a lungo mantenendo la stessa impostazione, altre crollano per le necessità di una o dell'altra persona, altre ancora per una loro fine naturale. Poi ci sono quelle che reggono finché non si raggiunge il punto di non ritorno,di solito inconsapevolmente, perché non ci si dice quello che si sente o perché ormai il danno è fatto. Mantenendo fissa l'impostazione iniziale può capitare di fare cose stupide, inutili o di ferire l'altro senza volerlo. "Andava bene così, è sempre andata bene..."
Mentre uno dei due magari vorrebbe di più e non osa chiedere, l'altro immagina che questa mancanza di interesse sia un segno che tutto va bene. E quando magari si rende conto che invece vorrebbe di più si trova ad affrontare una resistenza insolita. Un tira e molla che alla lunga mantiene le cose come sono iniziate e che impedisce alla relazione di evolvere. Però qualsiasi cosa deve necessariamente evolvere o muore, quindi se anche le persone coinvolte si amano davvero e non riescono a uscire dagli schemi, tutto li porterà al punto di non ritorno.
L'abitudine a dare per scontate le cose, la pigrizia o la paura del cambiamento portano alla catastrofe. Ed è così che, in un momento in cui uno dei due è sensibile si rende conto che l'altro sta cambiando...

Gli altri facessero pure ciò che volevano, ma Carla no, lei non doveva lasciarsi contagiare dal linguaggio e dai modi di pensare di quel venditore di parole.
 Non se ne accorge prima, quando in qualche modo lei tenta di trascorrere in modo differente il tempo insieme a lui, non vede quanto sia già cambiata nel corso degli anni. Si infastidisce per un leggero cambiamento, per un modo di esprimersi che lei - giornalista - improvvisamente modifica. Allora comincia a far caso alle altre piccole cose che prima andavano bene tra loro. Gelosia che comincia a farsi sentire, orgoglio nel non dimostrare il proprio dispiacere e ripicche. O cecità nel non voler ammettere che quel rapporto perfetto, perfetto non era.


In quattro anni da che la conosceva, aveva saputo di tutti o quasi gli uomini con cui era stata, compresi alcuni compagni di squadra. E era stata quasi sempre lei a dirgli chi e quando, come se la cosa facesse parte del loro patto e mai pretendendo che Nedo ricambiasse. Doveva essere altro che gelosia.
Che poi a trovare scuse siamo sempre tutti molto bravi, in effetti. A vivere con i paraocchi le situazioni come ci fanno comodo - o a volte come le hanno decise gli altri e non osiamo dire che ci stanno strette, perché questo potrebbe cambiare tutto - non vedendo nemmeno che anche noi siamo cambiati e che davvero a forza di fissare la strada tra i paletti ci siamo persi il panorama.


E chi era quel Nedo Ludi che se ne stava lì sotto casa di Carla, in una via stretta e in salita di San Miniato, senza capire cosa volesse innanzitutto da se stesso?
Fino a che tutto prende una piega che non dà spazio al lieto fine, perché da certe cose davvero non si torna indietro... La rabbia, la delusione, il rimorso e l'orgoglio ferito, il male che ci si è fatti senza volerlo, senza sapere come esprimere le proprie sensazioni una all'altro. O viceversa.



La vedo in cima alla scala, sul pianerottolo davanti alla porta, con la luce del tramonto sulla pelle, su quello scorcio di pelle che viene fuori dall’accappatoio aperto, è sempre bella Carla, bellissima, è proprio vero che ha qualcosa in più, mi è mancata, adesso sì che lo sento, e sento quanto mi è mancato il suo corpo, e quel suo essere maliziosa, no Carla, forse era meglio non ti facessi trovare così, con quel corpo esibito...
A questo punto può succedere ogni cosa, ma in un unico e distruttivo senso. Rovinando la storia per sempre. Impedendo qualsiasi possibilità di porre rimedio, cosa che in ogni caso avrebbe dovuto avvenire prima. Ecco che nel momento di rabbia estrema tutto torna a piombarci addosso e non conta se lo sfoghiamo a parole o con un gesto estremo. Tutto quello che viene fuori è veleno invece che amore. Chimica delle cose. Basta aggiungere un elemento e la cura diventa curaro.


... che strani gli odori di questa casa, all’improvviso mi sembrano così diversi, ma sono gli stessi che m’erano stati tanto familiari mentre salivo le scale e poi quando sono entrato?, e l’arredamento di questa casa, entrando non ci avevo badato, è tutto uguale a com’era eppure così diverso dall’ultima volta che fui qui, e la cintura da allacciare, ma come è stato possibile questo?, perché ho fatto questo a Carla?, perché ero così determinato a farlo e non ho esitato un attimo mentre lo facevo?, e perché adesso lei se ne sta lì muta, senza dire una parola come me per tutto il tempo che sono stato qui?, i rumori dalla finestra, quelli del silenzio di San Miniato, cosa fare adesso?, dire qualcosa?, andare via?, rimanere qui a aspettare un cenno di lei?, è così immobile, è tutto paralizzato qui dentro, come se per un attimo il mondo si fosse fermato e aspettasse soltanto che qualcosa lo rimetta in moto, rimettere in moto, sì, l’auto, rimetterla in moto, andare, riprendere la strada di casa, adesso, via...

Tutto cambia all'improvviso e non c'è più niente da dire, da fare. Nemmeno a provarci subito, niente sanerà quella ferita. Dopo c'è solo rimorso, ripiego, una sopravvivenzache poco ha a che vedere con ciò che poteva essere se solo...


Quante cose leggo in questi singhiozzi di Carla, e nello sguardo smarrito di Nedo. Ho visto tutto l’orgoglio che li ha sempre tenuti su anche quando sarebbe stato comodo cadere, ma che per una volta li ha traditi. Proprio quella volta che non doveva. L’ho capito oggi che finalmente ho potuto mettere insieme le loro figure. Anche se solo per un attimo, anche se solo a distanza. ... Ma l’amore? Quello che ci straccia in due e poi ci ricuce, quello che ci fa litigare e disperare e poi cercarci e ritrovarci, quello che ci fa male e sa come curarci? Dov’è l’amore in tutto questo?
... quanto poco sarebbe bastato perché fossero felici davvero anziché lasciarsi addosso una ferita che non si sanerà mai.
Invece adesso ecco cosa sono, cosa siamo: tessere sparse. ...  Pezzi di un mosaico che non verrà mai rimesso assieme. Perché non sempre i mosaici vengono composti. E perché di questo è fatta la vita. Di tessere sparse che non torneranno mai al loro posto. E di gente che non era pronta, mentre la vita gli piombava addosso.
(mi sono presa la responsabilità di tagliare qualche pezzo in questo ultimo stralcio, giusto per non rovinare la lettura a chi, quando sarà possibile, vorrà comprare "Il mio nome è Nedo Ludi" di Pippo Russo)
Ecco. Ho parlato d'amore un'altra volta. Sarà perché sono stata giovane e ho vissuto una cosa simile, se pure con conseguenze meno dolorose, che mi ha preso dodici anni di vita e mi ha lasciato in testa solo tanti se e tanti ma. E quanto siamo stati stupidi ed egoisti e vigliacchi allora che eravamo giovani.
 Spero il viaggio vi sia piaciuto, ce ne saranno altri, in altri modi e con altri libri - trovandone di ispirati, ovvio.