25.1.10

Cose che ho scoperto di me in quanto me...

1) Per quel che mi riguarda avere certezze è più un limite che un vantaggio.
2) Non mi interessa capire le cose, mi piace sentirle.
3) Pensare di poter perdere qualcosa/qualcuno non è un motivo di sofferenza.
4) Ricordo qualsiasi cosa ma preferirei il contrario.
5) Ho imparato a non preoccuparmi delle cose che non dipendono da me.
6) Sono decisamente più superba di quanto pensassi.
7) Adoro la mia fantasia e la libertà che mi dà.
8) Mi comporto spesso in modo agli altri incomprensibile, per cui non si capisce mai fino a che punto ci tengo.
9) Davvero non ho voglia di crescere.
10) Gli intellettuali mi annoiano a morte.

22.1.10

19.1.10

Donne (senza il tu du du )

Ci sono cose che mi lasciano di stucco.
Oggi una persona chiaramente illuminata ha detto: " Non tutte le donne sono a rischio di stupro".
Non credo facesse riferimento all'uso spropositato di gambaletti di lycra blu, o altri sistemi equivalenti.
Che poi, visti i fatti di cronaca recenti e quasi quotidiani, suona già come una cosa estranea.
Come a dire che qualcuna sì, qualcuna no. Secondo quale criterio? Mah.
Come a dire che qualcuna se lo cerca.
Come a dire che se una si veste in modo appariscente, o esce fino a tardi...
Come a dire che quasi quasi se lo meritano.
Credo che nessuno si meriti nè uno stupro, nè tantomeno un abuso. E quante ne conosco di persone che senza andarsela a cercare (che poi vorrei conoscerle quelle che se lo vanno a cercare) hanno avuto la sventura di incappare nelle attenzioni di un amico di famiglia, di uno zio, un padre, un nonno. Un vicino. Un amico o presunto tale. Perfino un fidanzato.
A qualsiasi età.
Come la mia migliore amica che ha subito abusi a dodici anni, da una persona di fiducia. E che dire della donna che, appena operata di appendicite si è sentita raccontare di quanto si erano divertiti i medici mentre lei era sotto anestesia... Magari non era vero, ma è agghiacciante.
Insomma, io proverei a dirlo alle bambine vittime di pedofili (e pure ai maschietti), o alle donne che vengono stuprate in tempo di guerra.
Per non parlare poi del fatto che ogni donna ha diritto a dire di no ed essere ascoltata. Anche la prostituta, che dice di sì per lavoro, dovrebbe poterlo dire quando un cliente non le va.
Anche quando una ragazzina con la testa un po' vuota fa la cretina tutto il tempo, o veste in modo provocante, o che so io. Dovrebbe bastare un no.
Invece non basta, non basta mai.
E spaventa pensare che per alcune persone ci siano donne che si meritano lo stupro, soprattutto quando ad affermare che non tutte lo rischiano sono donne di quasi quarant'anni. Perchè poi è ovvio che se capita la colpa è sempre della donna, che guarda che tipa doveva essere. Eh sì, perché alle brave ragazze non succede.
Perché è pieno il mondo di brutture di questo tipo, ma è meglio pensare di esserne fuori, a volte.

18.1.10

Ragazzini danzanti

"Fingendosi soli, rotearono insieme attorno al falò, il mondo si fece sfocato, il calore sui loro volti, mentre danzavano sempre più veloci, finché la musica si fermò e tutti applaudirono. Ma per loro due il mondo continuò a girare, e ognuno aveva solo l'altro a cui reggersi."

Il rapporto segreto, pag. 390.
Tom Rob Smith

15.1.10

Mi sa

Solo a pensarci mi viene male, io detesto viaggiare.
Ma credo che sia vicino il mio quarto viaggio in India. Ne sento il bisogno, anche se non lo ammetto nemmeno sotto tortura se interrogata a riguardo.
Ho bisogno di riappacificarmi col mondo e non c'è posto migliore, per me, per ridare un senso a tutte le cose. Lì, come ho già detto, mi sento naturale. A posto, normale, a ritmo e non fuori sincrono come sono qui.
Lì tutto mi sembra giusto anche se in effetti è crudo, terribile, spietato. L'India è un posto senza mezze misure. Bellissimo e affascinante, e tutto il contrario.
Non so, mi sa che ci si andrà a breve. Credo anche per l'ultima volta.

12.1.10

Il tempo delle medie 5 - Mens(a) diabolica

I due refettori (uno per i ragazzini delle elementari e uno per le allieve delle medie) erano pieni di tavoli da quattro.
Le suore passavano con il carrello e riempivano i piatti con il cibo. Subito dopo si scatenava, in un costante brusio di sottofondo, la corsa ai bagni.
La pasta, scotta al punto giusto, era condita con olio rosso tipo quello dei mobili. Forse un pomodoro solo per tutta la scuola era sufficiente. Era insipida, unta e molliccia. Per mandarla giù toccava mangiare del pane. Una forchettata di pasta, un boccone di pane.
Stessa cosa si può dire per la seconda portata. Perfino il purè bisognava buttarlo giù con il pane. Ragion per cui a turno tutte le allieve delle medie che si fermavano a pranzo sviluppavano una serie di sistemi diabolici per eliminare il cibo. Chi si riempiva la bocca e andava a sputare in bagno, chi buttava tutto dentro a un tovagliolo o un fazzoletto per fare la stessa cosa senza mettere il cibo in bocca, chi lo lanciava da qualche parte, chi fingeva di aver rovesciato il piatto per caso...
Unica eccezione era il pesce del venerdì, quando servivano tonno e sgombro bolliti. L'unica pietanza commestibile della mensa.
C'era chi aveva il pasto completo e chi, come me, diciamo che viaggiava a mezza pensione. Solo il primo, per il secondo c'era il mitico baracchino. O pietanziera che dir si voglia.
Fatto sta che una volta, per evitare un piatto di pasta eccezionalmente molesta, l'ho infilato nella pietanziera al posto della poca carne alla pizzaiola che mamma mi aveva fornito. Beccata dalla suora di turno a causa di una compagna un po' stronza, mi rifiuto di mangiare la pasta come mi si chiedeva.
Ovviamente, quando mamma mi è venuta a prendere, la suora ha tentato di farmi il cazziatone davanti a lei. Io, imperterrita, ho risposto che volevo portare il cibo ai miei cani, perché solo per loro andava bene.
Mamma non era contenta, ma ci ha riso un bel po'. Dopo.
La suora non sapeva più cosa dirmi e da quel giorno non mi hanno più controllato la pietanziera. Mai più.
Però in tre anni ho preso una decina di kg, a botte di tre biove a pasto.

11.1.10

La visione

La luce buia avvolge il luogo in cui mi trovo.
Un paesaggio di crepacci, di canyon e rocce. La luna dona un riflesso bluastro alle rocce nere, a malapena si distingue il cielo dalla terra. Non fa caldo, nè freddo.
Il mio corpo vero siede nella posizione del loto, le mani sulle ginocchia, il viso rivolto al baratro pochi centimetri più in là. Sotto di me un lago di catrame solido riflette il bianco di una luna che non si vede. Lucido come fosse uno specchio.
Sono talmente ferma che sembro una statua, la pelle marmorea ha il colore azzurro di un cielo terso. Sono io, e sono diversa dal mio solito aspetto. Ho lunghi capelli neri e ondulati che mi cadono sulle spalle e lungo la schiena.
Non ho caldo, nè freddo, nè vestiti addosso. Non c'è vento, non c'è rumore, solo una vibrazione.
Dal mio ombelico escono millepiedi e lombrichi neri, simili a sanguisughe. Dagli occhi chiusi, dalle labbra serrate e dalle orecchie cola un liquido denso e scuro. Intorno a me vortica un esercito di scarabei. La loro corazza lucente cambia colore da verde a bianco, a blu a seconda dei movimenti. Si muovono tutti insieme, prima al suolo, poi in volo.
Di colpo, si uniscono in un solo enorme corpo. Qualcosa che sembra un drago, un serpente dalla testa arrotondata... Un laccio di luce gialla, dorata e bianca compare davanti a questa bestia, lei infila docile la testa nel cappio, come con orgoglio.
Poi si lascia portare giù, nel baratro davanti al mio corpo immobile. La mia mente non riesce a staccarsi da quella luce, la rincorre in caduta libera nel buio mentre intorno tutto si fa più scuro, sempre più scuro, ancora più scuro... finchè non si vede più niente.
Non si sente nulla, tranne la calma.

7.1.10

Grassa una volta, grassa per sempre?

Si sa.
Dopo le feste si comincia a sentir parlare di diete, di iscrizioni in palestra, di kg da perdere, di difetti da sistemare. Essere in forma è una delle ossessioni di quest'epoca.
Il problema è prioprio questo, diventa un'ossessione.
La mia storia con la bilancia è cominciata dalla nascita. Avendo scoperto il latte, bello comodo, non c'è da masticare, riempie... mi abboffavo senza pietà. E all'epoca non c'erano troppe paranoie riguardo ai bimbi paffuti. Allo svezzamento ho smesso di mangiare. Un po' la fatica, un po' il gusto non proprio allettante delle pappette (ma gli omogeneizzati ora mi piacciono), un po' che di mangiare in fondo non mi importa molto. Sono rimasta magra, o comunque giusta, fino in prima media.
Nelle mani delle suore, col cibo orribile del refettorio e lo sviluppo in corso, sono diventata un bidone umano. Non obesa, ma almeno dieci chili in sovrappeso. Forse era complice anche il disagio di trovarmi delle complete cretine come compagne di scuola, di non avere possibilità di fare sport (e sfogare un po' di energie) e di vedere il mondo che mi scivolava sotto ai pedi.
Poi il sogno, la danza.
Certo, entrare in un mondo in cui ti guardi seminuda allo specchio tutto il giorno e ti confronti a volte con l'immagine altrui, magari non fa benissimo. Ma io sono dimagrita naturalmente, solo con l'esercizio fisico, senza limitare le mie golosaggini, senza fare diete insulse, senza privazioni particolari. Dalle 4 alle 6 ore al giorno, più la discoteca ogni volta che fosse possibile, più passeggiate, corse, arrampicate sul tetto di casa...
Poi l'incubo, il corpo che si ferma e che cambia senza che io lo noti. Di nuovo la depressione, il malessere.
E la guerra, i dietologi inutili, i rimedi che funzionano con chiunque tranne che con me. Io in palestra ingrosso, non dimagrisco. Per dimagrire devo mangiare il triplo di quel che mangio, già detto... bla bla bla.
A pensarci col senno di poi, io non mi sono mai sentita magra, nemmeno quando lo ero. Trovavo sempre quel qualcosa che non era come volevo. L'interno coscia, quel filino di pancia, o le braccia non scolpite, o qualsiasi altra cosa. Come se una volta che mi son vista grassa io non abbia più avuto scampo.
L'immagine di me è sempre grassa. A 48kg come a 85, come a 67, a 73, a 60.
E mi chiedo se questo valga per ogni tipo di difetto.
Se in qualche modo ci si fossilizzi sul difetto e non si veda mai quando il difetto è superato. Che non si impari ad amare la nostra forma se non si adatta alla nostra idea di forma. Se un difetto possa diventare un'ossessione per una "mancanza" nel sistema nervoso. Se si faccia davvero così fatica a cambiare le cose di noi che sono sbagliate o se semplicemente non le si vogliono cambiare.

5.1.10

Briciole psichiatriche...

Cose che ho scoperto di Patrizia, la mia terza me:
1) Mangia le mandorle. Poche e continuano a non farla impazzire, ma almeno non sta male.
2) Può indossare intimo di seta senza che la pelle le prenda fuoco.
3) Non è magra!
4) Ha idee tutte sue che son peggio delle mie...

Riassunto delle puntate precedenti:
Per una vita ho avuto 4 personalità: Paola, Clara, Luisa e Laura. Quest'anno ho deciso di eliminarne due, particolarmente fastidiose, Luisa e Laura. Ma al mio 40esimo compleanno, quando meno me l'aspettavo, mi affibbiano una nuova personalità. Patrizia, appunto.

The others

Se non avessi avuto problemi di socializzazione fin da piccola, non sarei finita dallo psicologo già in prima elementare... invece...
Ho sempre vissuto le altre persone come un disturbo alla mia quiete se non come un pericolo. Non è che oggi faccia meno fatica, con alcune persone.
Non mi piace sentirmi "invasa"; non amo che si insista. Sarà perché io non insisto per principio nelle mie richieste, perché quando una persona esprime una sua necessità di solito presto attenzione alle sue parole e cerco di rispettarla. Così vorrei fosse fatto con me.
Non capita che io dica "no" per dire poi "" se uno insiste. Non faccio la preziosa.
L'unica cosa è che mi piace vivere nel mio mondo, nei miei pensieri, nelle mie fantasie.
Non amo che si cerchi di impormi un altro modo di sentire le cose, di vivere, di comportarmi.
A me è sempre riuscito meglio osservare piuttosto che partecipare alle cose. Nei giochi come in altre attività. Mi trovavo il mio angolino, mi mettevo comoda e guardavo, ascoltavo, imparavo. Essendo per mia natura empatica, si può dire che ho vissuto in parte tutte le cose di cui ho anche solo sentito parlare. Raramente ho espresso un giudizio e se l'ho fatto non è mai stata una condanna, solo una opinione.
Se dico che "gli altri" non mi interessano non dico il vero, perché i singoli mi interessano eccome. Mi piace sapere le loro storie, le loro emozioni, capire le sfumature. Amo i piccoli gruppi, dove imparo a condividere piccole cose importanti.
Non ho mai apprezzato i gruppi troppo numerosi, distolgono l'attenzione. Più che con due o tre persone per volta non credo si possa parlare davvero.
Ho imparato a non crearmi aspettative. Un tempo, con le persone che avevo più vicino, lo facevo. E mi hanno delusa. (come capita spesso se si hanno aspettative)
Alcune persone, lo ammetto, le escludo a pelle. Basta una parola, un atteggiamento, la sensazione di non avere cose da dirsi. E se non ho cose da dire, che parlo a fare? Con altre persone aspetto di capire chi sono prima di decidere il da farsi. Altre le accetto al volo, alla prima parola. Basta il tono di voce.
Continuo ad avere i miei bei problemi, specie in un mondo fatto più di esteriorità che di attenzione alla persona. Qui conta più il far vedere che si ha e che si fa, per me conta di più tutt'altra roba. Sono una disadattata, probabilmente.
O, come dico spesso, un'asociale socievole...

4.1.10

Macerie

L'amore romantico è profondamente insano.
Non è reale, non è concreto. Ha un legame strettissimo con la morte. Non ha un limite: è estremo.
Non è una cosa che fa stare bene. Anzi. Il più delle volte è di questo amore che si muore.
Si muore anche solo dentro, perché non è un sentimento che nutre.
Lui prosciuga.
Energie, sentimenti, tempo, sorrisi, dolcezza.
Toglie tutto. Anche la voglia di vivere.
Eppure ogni volta che vi si accenna, la mente parte e anche il sospiro.
Sembra che sia una bella cosa. Illude.
Ma non porta oltre la tempesta di un cuore impazzito. I battiti nelle orecchie, lo stomaco che si chiude.
Al di là delle nubi, però, non c'è qualcosa di solido. Una volta passato il tornado restano solo le macerie.


1.1.10

Chissà?

Ci vuole un post di Capodanno?
Un post-post Capodanno?
Una di quelle cose in cui metti giù tutti i buoni propositi e poi li dimentichi il 2 gennaio, insomma. Uno in cui fai un bilancio dell'anno trascorso e lanci speranze a raffica per quello appena iniziato...
Non lo so.
I bilanci non fanno per me, alla fine che fai? Rimpiangi il tempo passato o ti lamenti del presente, o se stai bene non ne hai bisogno.
Speranze... Che brutta parola, speranza. Non mi è mai piaciuta. Non sono una che spera. Non mi piace l'idea di stare lì ad aspettare che le cose si muovano in modo positivo per me.
Sono più una che fa. Se proprio ci tengo, ovvio. Altrimenti quel che viene viene. La vita non mi ha delusa, anche nei momenti peggiori. Quindi che devo sperare?
Comincio l'anno tranquilla.
E mi auguro che anche gli altri facciano altrettanto.