2.3.24

L'importanza di essere "Ernesta"

Quando ero piccola. la sera, guardavo le luci degli aerei in cielo e speravo che fossero astronavi che venissero a portarmi via. Non avevo idea del perché ma mi sono sempre sentita fuori posto e l'unica fantasiosa idea che mi veniva in mente era quella di essere qui per sbaglio. Una specie di H-7-25 il cui Bud Spencer era mia madre.

Più avanti ricordo di aver trascorso pomeriggi a disegnare improbabili e orrende tavole di fumetti in cui mettevo in atto una sorta di fan fiction dei miei telefilm preferiti essendo consapevole di non avere alcuna possibilità di descrivere ciò che vedevo in parole. Allora mi rifugiavo in queste mille storie in cui si nascondeva una piccola parte di me.

Poi ho conosciuto il pattinaggio artistico su ghiaccio e l'idea di quella leggerezza mi ha travolto. Per questo e per un altro motivo ho scelto la danza: mi toglieva l'idea del peso della materia e allo stesso tempo mi permetteva di essere altro da me.

Mi rendo conto che per tutta la vita questo è stato il mio desiderio più grande. Travestimenti, storie inventate sempre più complesse, la ricerca di un modo per diventare "fumetto" io stessa. In questo, per anni, la danza ha funzionato benissimo. Avevo l'illusione di non esserci io su quel palco e questo mi dava un senso di libertà infinito. Potevo essere chiunque, potevo sbagliare e non essere io a pagare (non ho mai temuto tanto le punizioni altrui quanto quelle che da sola mi infliggevo, ed erano tante), potevo risplendere senza sentirne la colpa. Io che ho imparato a sparire fin da piccola per non disturbare e che ancora oggi preferisco non apparire mai del tutto.

Sembra un controsenso, me ne rendo conto. Cantare e ballare su di un palco è tutto tranne che sparire ma finché l'illusione ha retto io non ho mai pensato di essere lì, sotto i riflettori. C'era un fiore, c'era un nobile cavaliere, c'era una specie di invasata di aerobica, una tigre, un ragazzo di Parigi, una damigella d'onore, una zingara, una teppista e via dicendo. Era come se riuscissi a scindere le cose, e ce l'ho fatta per un po'.
Credo in parte abbia funzionato così anche con la pole dance, tanto coinvolgente da farmi sentire bella, attraente, sicura e forte regalandomi momenti di pura magia per poi farmi cozzare con tutto ciò che avrei voluto poter essere e non sono. E non sarò mai.

Sono entrata in gioco io, con la mia insicurezza, con la certezza di non essere mai abbastanza brava, con le aspettative irrealistiche di sempre ed è crollato tutto. E io sono crollata ancora trascinandomi dietro molto di ciò cui tenevo. Molto di quello che avevo costruito. Vero è che la mia vita doveva cambiare e che non avrei retto molto comunque anche continuando a "correre" per essere quel che volevo. Ero e sono troppo stanca.

Certo, invecchio. Certo, lavoro. Certo, ho una casa e due animali. Certo ho commissioni, incombenze, piccoli guai con le tubature, qualche acciacco. Certo ho persone che voglio vedere, ho parenti che non stanno bene, ho insomma tutto quello che buona parte delle donne della mia età si porta addosso. Lamentarsene è stupido ma cercare di corrermi dietro senza darmi tregua mi ha stremata. 
Quindi tocca ricominciare da capo ed è quello che sto facendo da qualche tempo a questa parte.
 
Ritrovare il piacere di fare le cose, riuscire a non forzare la vita, ascoltarmi. Per questo sono in silenzio da un po'. Ho iniziato qui tanti di quei post che poi non aveva senso finire, o che per ora non ne ha. Ho iniziato tanti di quei romanzi che non basterebbe una vita a finire, ho tanta di quella vernice che potrei colorare un mondo intero. Ma non voglio stupire gli altri, vorrei stupirmi io. Essere e non aspettarmi altro. Trasparire da ciò che faccio senza paura di non essere abbastanza. Essere una me stessa onesta.

Non devo per forza essere la migliore ma devo esserne convinta io.

E intanto per diventare fumetto ormai c'è l'intelligenza artificiale e una quantità di applicazioni che non devo fare altro che divertirmi...

Tornare bambina, anzi diventarlo.  Non credo di esserlo mai concessa... 

1.1.24

Il romanzo che non doveva uscire

 Io avevo rinunciato, davvero.


L'ho messo su Wattpad affinché lo leggesse chi ci inciampava nella rete senza aspettative particolari e in effetti dalla scorsa primavera le visualizzazioni non sono state molte. Ho detto alle persone che lo aspettavano che lo avrebbero trovato lì ma in diversi casi ho riscontrato qualche difficoltà a interagire su una piattaforma da parte dei miei "fedelissimi" poco avvezzi al digitale.

Poi ho ceduto alla tentazione del Black Friday e ho usato le royalties mai richieste degli altri romanzi per pubblicare con uno sconto immenso sia in cartaceo che in digitale. Come d'abitudine ne ho ordinato qualche copia per le persone che solitamente vogliono dedica e autografo e attendo che esca l'ebook per iniziare a mettere almeno i link in giro come sempre.

Avevo rinunciato da tempo, consapevole che si tratta di un romanzo poco commerciale. Lo sapevo scrivendolo e lo hanno confermato le due diverse agenzie che l'hanno valutato. Ne ho già parlato più di una volta e non ho voglia di ripetere ancora. Il mondo dei libri non è semplice o lineare, non basta essere più bravi o più originali. Essendo un prodotto da vendere deve adattarsi al mercato e io al mercato non ho mai pensato più di tanto. A me piace raccontare storie, tutto qui. Mai pensato di farne una professione o di guadagnarci il pane. 

So che l'impressione è che io me la canti e me la suoni, ma ho fatto questa cosa solo perché qualcuno ci teneva a tenere in mano una copia "tangibile" del lavoro. Come ogni volta ne parlerò il minimo necessario e vedrò se continuare a scrivere o meno, finché mi divertirà e nel modo in cui mi divertirà. 

Ho una marea di progetti in sospeso, poca voglia di investire il mio tempo in un modo unico e soprattutto poco tempo. L'anno passato mi ha dato sempre più conferma che il tempo è in assoluto la cosa più preziosa che abbiamo e passarlo col magone o con tensione o ansia è un grande spreco. Ci sono mille cose  che dobbiamo affrontare quotidianamente, spesso controvoglia o per dovere. Il tempo che avanza è sacro.





Così, se avete qualche curiosità riguardo ad "Area 3-13" ora potete trovarlo anche in forma fisica e presto in versione digitale da scaricare sui vostri lettori. Come sempre se lo acquistate mi fa piacere una recensione o una condivisione. L'unica cosa che è fondamentale per un romanzo è essere letto, quindi visto. Siccome io ne posso parlare solo bene (pur conoscendo i suoi limiti) è l'unica cosa che potete fare se vi è piaciuto. Parlarne.

Questa "edizione" esce senza prefazioni, indici, sommari e soprattutto senza ringraziamenti, anche se avrei dovuto aggiungere alcune persone che mi hanno aiutata a capire che cos'era questo romanzo, visto che l'ho scritto tutto senza prendere un appunto e l'ho fatto mentre scrivevo altre storie. L'editing di Natascia Cortesi mi ha fatto comprendere che avevo scritto una storia che non aveva falle o stranezze, coi suoi colpi di scena, con le sue esagerazioni e con moltissime scene "cinematografiche" e decisamente oniriche. Le valutazioni di due professionisti del settore, le persone che hanno curiosato finora tra le righe di questa lunghissima storia, chi c'è stato pur non leggendola mai tutta. L'ho pubblicata com'era. Perché so che vuole essere letta e che dal mio punto di vista ne vale la pena, senza fronzoli.

E così, se vi desta un minimo di curiosità leggetela e parlatene se vi è piaciuta. Fatelo anche se non vi è piaciuta, che male non fa. 

28.12.23

Dita mozzate sul campo di battaglia

Mi sono ricordata da poco di essermi rotta un dito facendo pole. Niente di che, in ogni caso se fossi andata in ospedale mi avrebbero solo steccato l'anulare facendomi cazziare pure sul lavoro, quindi ho fatto che mettere la mano nel ghiaccio e dimenticare l'accaduto. 


Non ci ho pensato più e in effetti neanche mi ricordo cosa stessi provando a fare, ché tanto in uno sport tutto lividi ed escoriazioni capita quasi ogni giorno di rimediare una botta e alla lunga non ci si fa più caso.

Io poi ho la pelle delicata e ciò fa di me una pazza masochista scriteriata. Ma al cuore non si comanda, così come da copione ho continuato a lavorarci sopra (al dito) fino a non sentire più il fastidio. 

Non è stata di sicuro la prima volta e nemmeno l'ultima che mi facevo danni a pole. Come quando cercando di farmi fare un video da Ilenia con la seconda "butterfly extended" della mia vita ma essendo stanca dalla lezione appena finita ho sbagliato a dare la spinta e mi sono trovata con il palo che girava più del previsto, ho sentito che perdevo la presa e sono volata di ginocchia sulle piastrelle da una certa altezza e a volte mi sembra ancora di sentirle scricchiolare. Ed era solo il primo anno... Più che altro è che ogni volta che voglio fare la "sborona" e vantarmi dei risultati ottenuti finisco per distruggermi.

Mi sono stirata, contratta, infiammato tendini e muscoli, rotta unghie e staccata nei dalla schiena ma non ho mollato mai per il dolore. Ho imparato a non farmi video da pubblicare, solo frammenti che potevo cancellare dopo aver estratto una o due immagini, ché tutte le volte che volevo dimostrare qualcosa agli altri finivo per farmi male. Non fisicamente.

Mi sono chiesta più volte perché continuare senza mai trovare una risposta e soprattutto continuando a soffrire mentre scivolavo giù. La depressione è una gran brutta bestia, soprattutto quando non ti accorgi che arriva. Così, dopo lo stop tra Covid e ernia - più protrusione lì accanto - tornare è stato ancora più doloroso che restare lontana. Non c'era più niente. Nessuna soddisfazione, nessuna "famiglia", pochi volti noti, la vergogna costante di guardarmi allo specchio e non trovarmi più. Ancora.

Sommando impressioni e coincidenze tra questo abbandono e il primo abbandono alla danza ho capito che c'era un nesso e che avrei dovuto lavorare diversamente su me stessa per venirne fuori - se mai ne uscirò del tutto. Ho smesso di ballare per una ferita, è vero. Ma più di ogni altra cosa ho smesso di farlo perché mi volevo punire e in qualche modo è successo anche con la pole. 

Sono di quelle persone che non "possono" stare bene, non che non lo desiderino ma che non vogliono concederselo mai del tutto. Metti per paura della delusione in caso qualcosa andasse storto, metti per l'ansia da prestazione, metti per le continue esperienze negative che ho avuto ogni volta che mi sentivo a posto dov'ero. Non il brutto anatroccolo che sono ma splendido cigno. Ecco, di essere cigno non me lo sono mai perdonato, né concesso del tutto. Sono quella del "mai abbastanza", che vorrebbe esser meglio di così ma poi per millesima motivi mai si sposta da dov'è. Perché è meglio il dolore certo di quello sconosciuto. Perché fino a un certo punto la mia testa vede solo quello: dolore. Disapprovazione, disappunto, disistima, inadeguatezza. Non razionalmente, ché sarebbe troppo semplice reagire, ma più sommerso in profondità fin da quando, da piccina e ragazzina, mi si ricordava che ero sì brava ma non abbastanza da "spiccare il volo" per quanti sforzi facessi. Non abbastanza brava a ballare, a scrivere, a cantare, a dipingere. Non abbastanza bella, non abbastanza interessante, non abbastanza tutto.

E no, non voglio piangere su questa cosa perché temo di averci già perso fin troppo tempo. Ho perso pezzi di me ovunque tentando di cambiare questa mia sensazione, pretendendo da me stessa una perfezione impossibile pur senza fare grossi sforzi. E no, senza lavoro non si arriva da nessuna parte nemmeno se si è dotati, figuriamoci se si arriva in ritardo sui tempi massimi o se si seguono gli impulsi di una mente bacata.

Hai voglia a farti mozzare dita e arti nel tentativo di riuscire in qualcosa se non ci credi nemmeno tu. E non è un lavoro facile mettersi lì ogni volta che si vorrebbe fare un passo e ripetersi che ne vale la pena: uscire, provare, sbagliare e riprovare. Cancellare le aspettative e godersi le proprie qualità.

Dite che si può, piano piano?



10.10.23

Tre piccole cose perfette

Non scrivo da tempo, presa da tanti pensieri e dal tentativo di perdonare me stessa per non essermi mai stata amica. Per non sapermi creare una giusta aspettativa nelle cose che faccio, sempre o quasi delusa dal mio rendimento anche quando so bene di non essermi impegnata. È che spesso mi trovo a cercare un modo di esprimermi ma tutto ciò che vorrei fare è fuori dalla mia portata. O quasi.







Non si tratta mai di essere più brava degli altri, piuttosto di essere abbastanza brava da poter dire ciò che ho dentro con "le parole" adatte. E non è così semplice. 

Ci ho provato con la danza, un tempo lontano. Non che non abbia funzionato in qualche modo, solo che ero troppo arrabbiata e in balia delle mie paure (adolescenza, la chiamano) e ho potuto fare poco. Ci ho provato con la scrittura. Ho scritto alcune delle storie che volevo raccontare e altre cose che son venute da sole. So per certo di non essere una schiappa come so che già solo in famiglia ci sono almeno due persone che scrivono decisamente meglio di me (e lo confermerebbe uno Strega, se potesse confermare qualcosa) ma anche qui non ho mai voluto essere in classifica, solo essere letta. Qui il processo è troppo lungo o poco immediato e anche se forse nella scrittura sono abbastanza felice di me alla fine torno al movimento.

A Tersicore. Lei.




Perché al di là di tutto sono le linee disegnate dal movimento, come le scie delle luci nelle foto con esposizione lunga, a trasmettermi di più. Ed è per questo che anche la pole per me ha assunto una importanza enorme. Come a suo tempo la danza, con risultati differenti ma con una comprensione maggiore di quello che per me è perfetto. Come le performance in questi tre video diversi. Ognuna di queste ha armonia, eleganza e potenza. Sono enormemente differenti tra loro ma dimostrano che non è solo una questione di elementi eseguiti in modo impeccabile. È arte. Carattere, forza.                              Trasmettere qualcosa.



Almeno con gli anni ho imparato che la perfezione è diversa per ciascuno di noi. Che le aspettative sono un'altra cosa e sono quelle che ci rovinano il viaggio. Che va benissimo essere arrabbiati se questo porta a creare e non distruggere. Che spesso siamo i nostri peggiori giudici e carnefici senza considerare il nostro e l'altrui percorso. Che a forza di avere modelli - spesso inarrivabili - saremo sempre prigionieri della visione di un altro.

Questo lo so, ora mi appresto a farlo entrare nella mia vita.


13.6.23

Cometa

La canzone che avevano composto per me era orribile, almeno secondo i miei gusti.
Poi immagino che in qualche modo non sarebbe andata bene anche fosse stata meravigliosa.
Niente di testo e melodia sembrava appartenermi, ma poteva qualcosa farlo davvero? Avevo appena compiuto diciotto anni e non sapevo niente di niente anche se ero convinta del contrario.

Già dal provino improvvisato in discoteca, una sera che il loro gruppo suonava lì, poco prima dell'apertura. Mi hanno mandata sul palco e mi hanno detto canta qualcosa ma ero abituata con le basi e non al live, soprattutto ero terrorizzata.
Perché mi abbiano dato corda posso solo supporlo: prendere soldi e avere una ragazza in più in scuderia per riempire vuoti.
 
In sala d'incisione andò tutto al contrario rispetto alle previsioni: un disastro in italiano, molto meglio in inglese tanto da registrare un brano praticamente buono alla prima, fatta eccezione per i cori. 
Poi quella canzone da portare al concorso. Quel testo assurdo e quella melodia finta, non mi veniva proprio. C'era quel "ce la farò, sono sicura" che mi si strozzava in gola e tutto sembrava talmente moscio che avevo solo voglia di piangere. Nemmeno a riscriverla in inglese avrebbe funzionato.

E io sognavo il palco, la musica, le luci ma forse non ero sicura per niente a dispetto di qualsiasi aspettativa avessi creato nella mia mente e in quella degli altri. 
Quarta a un concorso invisibile, tempo e liti furibonde, e mamma non capiva che cantavo più volentieri le canzoni degli altri concorrenti, e quel fidanzato psicopatico che avevo mi tormentava ogni giorno per paura che spiccassi il volo. Ma quale volo?

Avevo esordito che nemmeno avevo diciassette anni, la voce potente ma acerba e nessuna preparazione. «Sì, brava ma non abbastanza matura,» mi aveva fatto il prezzo mio padre. E come mai avrei potuto esserlo se non ci provavo neanche?
Ma poi, provarci significava fare playback con la voce di un'altra donna truccata quasi al suo stesso modo per sostituirla a un capodanno idiota? Significava diventare marionetta? Significava perdere la fiamma?

Poi, ancora, è successo qualcosa nella mia testa e piano piano ho rifiutato tutto. Serate, spettacoli, inviti. Urlavo dentro ma non avrei più cantato. Volevo solo spegnermi e non sognare più. Non ho più saputo usare la voce.
E ne ho, ne ho ancora.

Ma non potevo. Non è la mia cosa. Non il mio talento. Però ancora sogno.
Io sto bene quando sparisco, quando non mi guarda nessuno. Sono un topo.
Un'ombra, un alito di vento nella furia prima del temporale.
Dovevo esserlo, il temporale. La mia occasione mancata numero uno: lasciarmi esplodere.

Essere.

4.6.23

Come Penelope

Scrivo, cancello, scrivo.

Riordino le idee, mi pare una str..zata, ci ripenso.

Scrivo, abbandono, sbuffo.



Mesi in cui la mia attività alla tastiera funziona così. Almeno leggo. Sì, sempre le solite scemenze e solo su Kindle, ma leggo. Cerco di capire cosa voglio fare, perché in questo momento tutto è confuso.

Io, esperta in perdite, ho iniziato a ragionare sul lutto. Non solo quello classico, un po' come era mia intenzione da tempo. Visto che devo ricominciare da ciò che conosco e che non c'è verso di terminare il seguito de "Gli attimi in cui Dio è musica" - no, non è scritto al presente e non parla di danza e siccome anche questo è doloroso non c'è verso davvero di procedere - ho iniziato a raccogliere le idee per un altro episodio di questa serie, più personale e più introspettiva.

Nel frattempo ogni tanto riapro la pagina di "Area 3-13" su Wattpad e vedo che ho roba in sospeso anche lì (dovevo fare un'aggiunta con personaggi in ordine di apparizione e collegamenti tra loro, ma è un lavoro che... vabbè), e i lavori che ci sono insieme a questo romanzo. "La catena di Joy" ha avuto un inaspettato numero di visite e mi piacerebbe continuarlo, ma...

La riscrittura di "Nuovi soli" dopo un iniziale partenza razzo ha incontrato un muro. Non è la paura della pagina bianca ma la mia solita difficoltà a ripetere strade già percorse, seppure questa nuova versione è nuova sul serio.

La correzione di "Tutto accade..." è ferma da anni.

Diciamo che niente accade.

Tutto ciò che si muove riguarda lutto, perdita, influenza di mille situazioni sulla vita, sulle relazioni, sul benessere. In più c'è la fatica a chiedere informazioni a chi potrebbe rispondere ma che per farlo dovrebbe riaprire la mente a cose accadute oltre cinquant'anni fa. Quindi, boh.

Faccio e disfaccio. Disfatta.

La verità è che non me l'ha prescritto il medico di scrivere.

Mi piaceva molto, mi è piaciuto fino a un certo punto poi è diventato pesante. Forse non ho voglia di andare oltre alle mie storie. Forse queste piacciono solo a me e a pochi altri. Forse sbaglio i contenuti, ma sono le uniche cose di cui mi importa e non saprei scrivere altro. Quindi è un lutto anche questo, a modo suo. Un cercare il modo di continuare senza "l'idea" di ciò che avrebbe potuto essere.

Probabilmente è vero il fatto dello zodiaco o magari sono io che sono la solita cazzona. Non porto mai a termine qualcosa, soprattutto quando ho fatto fatica ad arrivare fino a un certo punto, come se solo le cose che vengono facili fossero da prendere in considerazione. In fin dei conti sono sempre stata pigra e ancora lo sono. Così nella mia testa le mie storie vagano, si completano, finiscono, poi creano altre storie che le completano e via. Ma perché fare lo sforzo di scrivere se nemmeno le persone più vicine si appassionano a ciò che scrivo? Scrivere per me? Io le mie storie le so, tutte, a memoria. E non l'ho sempre fatto senza inseguire mode, tendenze, manierismi, senza inseguire i possibili lettori e i loro gusti? Ne conosco di gente che ci riesce.

Eppure inseguo gli autori che creano saghe infinite, che siano assurde o meno, pur di non lasciare i loro mondi e i loro personaggi e nel mio cuore mi piacerebbe riuscire in una simile impresa. Ma il tempo è poco, le cose che amo sono tante e so per certo di non voler scegliere cosa lasciare indietro. Non voglio più ossessioni.

Una volta il mio monaco (non quello di Wendy) mi ha detto che il mio "vento" poteva portare incidenti e disastri ma che se l'avessi lasciato sopire non avrei più creato come prima. Non lo sento quasi più e dopo tanti anni di inquietudine e lacrime quasi non mi spiace. Può essere l'ennesima fase, può essere che io trovi una forma di equilibrio diversa, può darsi che sia cresciuta - o invecchiata - di colpo.

Sono solo troppo stanca di alti e bassi e di sforzarmi di tenere il passo con me stessa.  

10.5.23

Finalmente

 Da qualche giorno è completo su wattpad il mio romanzo "cruccio": Area 3-13.

Scriverlo è stato abbastanza facile, anche se nel frattempo ho scritto di tutto. 

L'idea di fondo, un'atmosfera intensa e tanta musica. Poi, ovviamente, tutto è cresciuto a dismisura e mi sono trovata con un malloppo che supera le trecento pagine e come sempre non ha un genere ben preciso. L'ho sempre visto come un "fumetto" d'azione un pochino pulp. Tra Blade e La Cosa, o Extreme Measures e Aliens - scontro finale. Un misto di cose che amo, come l'ambientazione indefinita e post apocalittica.

Oltre a non sapere dove andavo a parare, come sempre, a mano a mano che scrivevo mi rendevo conto di due cose:
1) era esattamente come volevo scriverlo,
2) era pieno di personaggi che volevano dire la loro e di sotto-storie che spuntavano da ogni dove e più andavo avanti peggio era,
3) era bello e lo è,
4) non sarebbe stato un romanzo appetibile.
Lo so, avevo detto due.

Appena terminato ho voluto chiedere un parere a una professionista, che ha letto e mi ha aiutata a correggere le pagine interminabili, trovando che comunque aveva un senso, una bella storia complessa e ben formulata, con qualche errore di forma. Così dopo l'editing ne ho stampate tre copie e le ho inviate a case editrici selezionate in precedenza. Ovviamente non ho mai avuto risposta, come immaginavo.
Dopo un primo momento di sconforto ho pensato di rivolgermi a un altro professionista del settore e alla sua agenzia per una scheda di lettura e sperando in una proposta di rappresentanza. Nella sua risposta lunga e articolata ho trovato le ragioni del suo rifiuto. Anche se il romanzo era ben scritto, con colpi di scena e un intreccio sensato, ma la sua agenzia cercava romanzi diversi. La mia storia sarebbe stata interessante se fosse stata ambientata in Italia.

Però non potevo farlo. Non era quello che avevo "visto" io.

Qualche anno dopo, dopo aver lasciato il manoscritto nella sua cartella, ho voluto provare a chiedere un terzo parere - un po' come dal medico - e anche questa volta sebbene fosse un romanzo ben fatto e "completo" ho incassato un rifiuto. Tutti motivi validi e comprensibili. Troppo lungo, troppi personaggi, troppa carne al fuoco e troppo sesso. Che è necessario alla storia ma non rientra nel genere di lavori che questa agenzia sceglie di rappresentare. Con un bellissimo scambio di mail, però, mi ha incoraggiata ad andare avanti e se non avessi trovato un editore avrei dovuto pubblicarla in self, perché meritava di uscire. Era inutile, secondo questa donna che stimo e seguo da anni, snaturare un lavoro così complesso, rivederlo a lungo per rientrare nei criteri richiesti per poi non avere ancora la certezza che a qualcuno potesse interessare.
I libri sono merce, sono soggetti a scelte di mercato, ai gusti dei lettori, alla coerenza con la propria linea editoriale e mille altre cose che non conosco ma che comprendo.

Ci ho pensato a lunghissimo, valutando il rischio di pubblicarlo come "Il gioco dei vampiri" per poi non venderne che qualche copia. Non ho la capacità di creare strategie di marketing e non ho tempo per fare i milioni di cose che servono, né la voglia di rompere le palle ad amici e conoscenti con post e pubblicità continue. Poi ho scelto Wattpad. 

Ho usato Wattpad per altri lavori - gli spin off e qualche racconto, più un romanzo sul nascere e qualche bozza - e mi piace il fatto di essere lì, scrivere le mie cose e lasciare che gli altri le scoprano. Con gli altri lavori - uno soprattutto - ha funzionato e il fatto di non dover obbligare qualcuno ad acquistare un romanzo così lungo e particolare mi è sembrato adeguato. 
Così vi ammorbo qui, come sempre.
In qualche modo cercherò di farvi entrare nel mio mondo, non ne sono certa ma sono sicura di ciò che ho scritto.
"Area 3-13" è una storia che vale la pena di leggere...

Lo trovate qui, nel suo splendore: AREA 3-13