31.3.14

La seta porpora del sogno

La cupa regina d'Altrove fissa gli occhi all'orizzonte.
Avvolta nel suo manto di seta porpora copre la pelle candida, nuda di primo mattino. La notte appena terminata è stata un'orgia dei sensi e nelle prime nebbie del giorno i destrieri dei numerosi cavalieri del castello si allontanano portando con sé il sogno e gli ordini del sovrano.
I capelli corvini le sfiorano il volto, il vento lieve a farli alzare nell'aria come in una danza gioiosa. Ma gioiosa non è, rinchiusa tra quelle mura che il suo amato sovrano ha costruito per loro lei sa di non poterlo seguire al di fuori del regno d'Altrove. Il loro regno in un luogo lontano dal mondo.
Il profumo intenso dei fiori non le rende più dolce la tortura. L'amato e i cavalieri tornano ogni notte e ogni notte è festa, ma subito ogni giorno la realtà la coglie sola e stanca.
L'amore del suo sovrano è forte e lei non ne è mai sazia, ma è difficile vederlo andare oltre ai loro confini, difficile saperlo lontano da Altrove per tante ore, ore che sembrano giorni e mesi, anche se la sua presenza si sente ogni minuto tra le mura del castello.
Il sovrano d'Altrove ha creato il regno per loro, per lei, per poterla avere accanto sempre e per sempre. Un maniero tra i colli e con la vista sul mare, con tutto lo spazio che lei poteva desiderare.
Piena di doni ogni giorno, la cupa regina d'Altrove desidera solo le notti.
E il suo signore di ritorno dal mondo che le stia accanto.
La sua bellezza è nota in tutto Altrove, la pelle chiara coperta di efelidi, gli occhi verde sottobosco e l'assoluta armonia delle sue forme creerebbero invidia in qualsiasi donna; ma non ci sono donne ad Altrove né mai ci saranno.
Altrove è un regno nascosto e privato, il regno in cui tutto è possibile. Come sposare il Re e vivere con lui in un sogno eterno e irripetibile, pieno d'amore e di emozioni.
E, come ogni luogo, pieno di dolore quando i confini s'intravedono attraverso le nubi e qualcosa comincia a crollare. La consapevolezza di vivere un mondo inesistente ma reale quanto il vero, quella rende la regina malinconica e inquieta nelle ore del giorno in cui il sogno non vive che di ricordi.
Le notti, solo quelle le concede il suo signore in quella gabbia dorata dove lei si sente al sicuro e libera, protetta dal mondo reale e dall'inevitabile logorarsi della vita.
Lì, immutabile e appagata, può godere dei momenti migliori del suo Re. Momenti in cui c'è solo amore e nient'altro conta. Niente altro al mondo.
La cupa regina d'Altrove fissa gli occhi all'orizzonte.
Là finisce la sua vita, ché la sua vita è solo un sogno e un'illusione e l'orizzonte è lì che l'aspetta se solo un giorno, in assenza del Re, decidesse di uscire dal castello e incamminarsi nella nebbia, sempre avvolta nel suo lenzuolo di seta.

27.3.14

Di scrittrici di vampiri e di amore multiplo

Ho scoperto Laurell K Hamilton abbastanza tardi, per essere una appassionata di vampiri.
Scoperta e apprezzata fin dalla prima avventura di Anita Blake, cacciatrice e sterminatrice di vampiri. Una eroina che non è alta, che si sporca e si rompe le unghie - e non solo - che non sta a guardare in faccia nessuno e che dorme con un peluche a forma di pinguino. Una che ci sa fare con le armi e che assolutamente non sa abbinare i colori dei vestiti (a meno che non debba vestire elegante) ma che sa esattamente quanto pesa e quanto ingombra qualsiasi tipo di pistola o arma, e che, soprattutto, nasconde foderi ovunque anche quando non ha quasi nulla addosso. Un mito. Coperta di cicatrici, con un potere in continua crescita e qualche problema di carattere. Con, soprattutto, un legame assurdo con le stesse creature a cui dovrebbe dare la caccia, legame che passa dall'amore all'odio, alla repulsione. Un personaggio complesso, mai fermo sulle sue posizioni, perennemente in conflitto pure con se stessa.
Una eroina, Anita Blake, che somiglia tantissimo alla sua creatrice.
La Hamilton è una signora piena di talenti e interessi. Ha una spiritualità pagana molto intensa, adora gli animali, mannari o meno, usa le armi regolarmente e ha fatto dell'autoironia la sua arma vincente.
Lontana da essere una guru o un esempio di rare virtù, si mette in piazza e in discussione sempre, senza mai essere così presuntuosa da piazzarsi su un piedistallo anche quando molti la vorrebbero lassù.
Ho seguito i suoi post per anni e se riceve una critica sa discutere amabilmente con chi gliela fa senza mai essere scortese, quando qualcosa le va storto è la prima che ci ride su e oltre alla miriade di foto dei suoi cani e degli stivali suoi e del marito, finisce per sembrare una di noi. Comuni mortali sotto al metro e sessanta.
E nonostante i suoi probabilissimi difetti ha molto da insegnare a chiunque. Non solo dal punto di vista della scrittura. Porta avanti due serie differenti, di cui quella di Anita Blake è oltre al ventesimo romanzo e l'altra, quella di Merry Gentry - che coi vampiri non c'entra nulla e che per questo non ho mai affrontato - più o meno siamo lì.  Scrive sempre, segue l'ispirazione del momento. Se non lavora a una cosa lavora a un'altra, se Anita si blocca per qualche motivo e Merry spinge per farsi scrivere, lei molla tutto e fa quel che deve.
Insomma, una specie di vulcano.
Che mi ha sorpresa anche per una sua recente dichiarazione in cui comunicava al mondo di essere una poli-amante. Non solo lei, ma ovviamente anche il marito. E non nel senso che fanno del comune scambismo, che anche qui spopola e in realtà non sarebbe nemmeno quella gran novità. Si tratta di relazioni vere e proprie che lei e il marito intrattengono con persone per loro degne di nota che frequentano regolarmente. Come fossero fidanzati/e di entrambi. Ci vanno al cinema, a cena, in giro, in vacanza. Insomma, quello che chiunque di noi fa col proprio fidanzato, oltre a farci l'amore. Perché poi sì, ovvio, se ci si vuole bene si finisce per arrivare anche all'aspetto puramente fisico della faccenda, ma non è mai quello fondamentale. Importante, sì, ma la relazione non si basa solo su quello.
Mi direte "amore libero", bella scoperta. Invece no, perché non si tratta esattamente di una coppia aperta i cui membri si fanno i fatti loro ogni tanto. Si tratta di gente che si vuole bene e che frequenta altra gente cui vuole bene. Anche insieme.
Ecco, questa è una cosa che per me richiede un grande equilibrio e una gran capacità di amare.
Solo se si ama davvero e si è enormemente sicuri di sé si può pensare di riuscire a fare un tipo di vita simile. Ho sempre pensato che l'amore non sia necessariamente legato a una sola persona sul pianeta e che si possano amare più persone con la stessa intensità, ma che a causa dell'insicurezza e dell'impostazione della nostra società non sia accettabile un comportamento di questo tipo. Eppure ci sono ancora oggi società che permettono la poligamia o la poliandria che non a caso sono incluse nelle varie possibilità di poli-amoritudini.

" The two essential ingredients of the concept of “polyamory” are “more than one;” and “loving.” That is, it is expected that the people in such relationships have a loving emotional bond, are involved in each other's lives multi-dimensionally, and care for each other. This term is not intended to apply to merely casual recreational sex, anonymous orgies, one-night stands, pick-ups, prostitution, “cheating,” serial monogamy, or the popular definition of swinging as “mate-swapping” parties. "

Poi ovvio che ci sono tremila distinzioni di modi di intendere la faccenda. Poi ovvio che quantificare il fenomeno e non bollarlo come un ennesimo modo di "ingannare" i propri voti matrimoniali sarà difficile.
Però, ecco. Io la stimo. Per averlo detto, per aver spiegato il suo punto di vista ai fan, per avere voglia di amare in questo modo senza sotterfugi e senza bugie, senza ipocrisie, serenamente.
Magari l'idea non piace ai più. Anzi, quasi certamente.
Ma se ci si amasse davvero, se non entrassero in gioco le paranoie del possesso o dell'insicurezza che ci portano a cercare di tenere stretto nelle grinfie l'oggetto del nostro amore, se si fosse in grado tutti di amare in modo più completo... non sarebbe bello?

23.3.14

Immagini

Mi sono resa conto che la mia mente è invasa da immagini più che da pensieri.
Da sempre, se qualcosa mi colpisce e suggestiona, io non ci penso. Io immagino.
Vedo la scena, mi ci immergo, la sento addosso tanto che a volte a un dolore immaginato segue un dolore fisico, o una sensazione simile al dolore che prende lo stomaco e lo contorce.
Questo mi rende facile immedesimarmi nei panni altrui e capire perfettamente le sensazioni e le loro storie. Probabilmente è per questo che moltissime delle persone che conosco finiscono per raccontarmi di loro cose che non racconterebbero ad altri. Empatia, immaginazione, sensibilità.
E fin qui può anche essere una bella cosa.
Se non fosse che poi, altre volte, le immagini che ho in mente non arrivano da racconti o musica o cose viste per caso. Arrivano da un luogo profondo dentro di me.
Fantasie, diciamo. O immagini oniriche, perché spesso arrivano anche in sogno e restano impresse nella mia mente ugualmente. E mi "ossessionano" come se le vivessi minuto dopo minuto, ripetendo la sequenza come in un film.
Alcune di queste le uso per scrivere. Avere in mente immagini tanto vivide e ricche di dettagli è una buona partenza. Come descrivere ambienti, colori, gesti, con altrettanta precisione? Quando le scrivo, le metto su pagina parola dietro parola, le immagini piano piano lasciano spazio libero nella mia mente. E posso andare avanti.
Altre, invece, sono immagini che non posso scrivere. Non hanno una "storia" dietro, non fanno altro che trasmettermi emozioni che non fanno parte di un tutto. Come se non le avessi mai ricollegate a me, non fossero ancora state processate in modo da dare loro un senso e una collocazione.
Quelle non mi lasciano stare. Occupano spazio che mi servirebbe ad altro, bloccano un flusso che potrebbe essere creativo. Potendo selezionare le immagini giuste avrei idee e scenari per storie, romanzi, racconti. Quintali di parole che potrei scrivere senza fatica. Senza decodificare.
Per questo ho pensato di comprarmi un blocco, un quadernetto, dove fare degli schizzi delle immagini che mi occupano la testa e sono inutili alla scrittura. Per liberarmi.
Perché a volte, davvero, avere troppe cose per la testa è controproducente. E io ho già la tendenza a perdere tempo, non posso permettermi di perderne altro per sovraffollamento di idee...

15.3.14

Ombre

Ci sono aspetti di noi che non vogliamo considerare.
I lati oscuri e quelli nascosti, quelli che ci siamo preclusi per sopravvivere alla vita. Quelli che nemmeno a cercarli seriamente riusciamo a vedere.
Ho sempre pensato che la brutta storia dell'87, che mi sono ben nascosta per anni, avesse condizionato la mia vita a sufficienza. Però qualcosa continua a non quadrare nella mia testa. Domande...
Perché non ho ricordi di me come bimba gioiosa?
Perché ho immagini solo da una certa età in poi e comunque in quello che vedo di me non sono mai felice? Sono emozionata, spaventata, consapevole, giocosa, arrabbiata, meditabonda. Mai felice. E da sempre ricordo di aver "pensato troppo". Di aver sempre calcolato il modo giusto di comportarmi, di reagire, di essermi posta domande importanti fin dalla più tenera età.
Perché ogni volta che mi parlano dell'infanzia come di un periodo meraviglioso a me vengono le madonne?
Perché ho sempre avuto l'idea di essere una bimba diversa?
Perché a dieci anni pensavo che la morte non fosse una cosa così spaventosa?
Perché ci sono milioni di cose che nella mia famiglia non si dicevano? Pochi aneddoti, poco dialogo, poco oltre a note dolorose giunte da mia mamma negli anni - l'alcolismo e la depressione della nonna, le botte, l'esaurimento, le fughe... - e qualche ricordo vago.
E poi, ancora...
I lati oscuri. Quanto sono legati a ciò che non vogliamo sapere di noi? Quanto a quello che già sappiamo aver influito a nostra insaputa?
Perché se di sicuro certe cose lavorano sottopelle, certo quelle di cui noi stessi ci vergognamo lavorano ancora più in profondità, visto che ci sono.
Quello che tempo fa intendevo parlando della complicità naturale tra vittima e carnefice si fa ancora più chiaro. Non ho mai inteso che in qualche modo le vittime cerchino il loro carnefice, ma so che sono legate da una necessità e quando si incontrano non c'è modo di evitare che le cose prendano una certa direzione. Anche se uno si rende conto di quello che capita, quello capita comunque. Non se ne esce se non dopo che le evoluzioni ci sono state. Fino a quando deve esserci, quella complicità ci sarà.
E i desideri, quelli profondi. Quelli che a volte non riconosciamo ma che anche lavorano sotto pelle. Desideri e fantasie che scavano in noi senza sosta.
Quelle che creano il vuoto, i vuoti che non riusciamo a riempire mai.
Quelli, da dove arrivano?
Quelli che non ci fanno dormire di notte...
Quelli che non sappiamo se vogliamo vedere realizzati.
Quelli che a volte facciamo di tutto per non realizzare.

Dieci giorni!!!

Cielo, non sono mai stata così poco presente.
Ma in realtà ci sono, solo un po' presa da tutte le cose nuove che mi capitano e che mi fanno palpitare il cuore.
E tutto procede nel cambiamento. Mi sento diversa e ancora in fieri...
Qualcosa mi dice che avrò da raccontarvi cose... presto.

5.3.14

Una prima recensione

L'amica Olimpia è una signora che non fa favori a nessuno. Se una cosa non le piace non ha problemi a dirtelo e a farti notare cosa non va. Quando ho saputo che stava leggendo il mio romanzo mi è preso un colpo, piccolo ma sincero, perché temevo una enorme stroncatura. Fatta a fin di bene, certo, ma...
Invece ieri sera mi scrive e mi manda la seguente recensione... Fate voi.

Paola Ferrero, Gli attimi in cui Dio è musica, Lettere Animate 2014

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"Con il coraggio di uscire fuori dagli schemi narrativi imposti dalle logiche di mercato, evitando accuratamente le “ricette” propinate da scuole e botteghe di narrazione, “Gli attimi in cui Dio è musica” dipana la storia di una ragazza come tante seguendo esclusivamente il filo del sentire. Un filo che riesce a generare, al di là di riferimenti autobiografici, le magia perfetta dell’immedesimazione.

L’autrice, pur lontana quantomeno temporalmente da ciò che racconta, ridiventa una diciassettenne e come tale si racconta. Il modo, i temi, gli avvenimenti e i pensieri sono quelli tipici dell’adolescenza. Un’ età in cui la vita scorre seguendo cicli ripetitivi, cornici predefinite spesso stringenti entro le quali l’anelito giovanile al cambiamento rischia di soffocare, relegando gli esseri in divenire dentro la gabbia della normalità.

Il lettore quindi, senza necessità di colpi di scena, riesce ad avvertire il dramma di ogni giovane individuo, la sua strenua battaglia per non conformarsi e segue con palpitazione la protagonista lungo il percorso della crescita, avvertendo con lucidità i pericoli che lo costellano. E malgrado l’innegabile merito dell’autrice di aver evitato qualsiasi finalità didascalica, comprende a pieno l’importanza dei sogni che, soli, sono in grado di segnare la meta della vittoria.

Una lettura che potrà entusiasmare i giovani, che diletterà gli adulti e che dovrebbe servire da monito a chi ha la responsabilità criminale di aver privato i ragazzi di oggi della speranza di realizzare i loro sogni, preparando il terreno a gli sconfitti di domani."


Di questa recensione non smetterò di ringraziare Olimpia...

3.3.14

È notte alta e sono sveglia... sì

Sono stanca, anche.
Le giornate non mi bastano mai e se da un lato ci sono tante belle novità (il romanzo pubblicato, gli articoli sulla rivista web appena presentata al Circolo dei Lettori, piccole e grandi soddisfazioni, questo senso di voglia di vita), dall'altro, come sempre, quel fondo di inquietudine - fosse anche solo paura delle novità - non mi dà tregua.
La condizione umana, credo.
La sensazione che tutto stia cambiando, ancora. E che l'infinito di cui sento urgenza sia vicino, ma ancora non raggiungibile nemmeno allungando al massimo le braccia e stando in punta di piedi.
No. Non è tempo di infinito.
E lo stomaco si strizza, e il cuore batte strano un ritmo tutto suo. Che non mi piace, va fuori dallo spartito.
Non sono mai stata ordinata, nemmeno i miei organi interni lo sono.
Eppure li conosco, un poco, e so che quando loro sono così è perché aspetto qualcosa.

Sei sempre tu il mio chiodo fisso.. sì.

Ho ripreso a scrivere e dipingere (avevo sospeso per correggere qui e là) e mi piace, ma non ho il tempo. E la novità sarebbe?

Mi fa smaniare questa voglia... sì.

Ma più che altro smanio perché, al solito, detesto le attese e di non poter fare ciò che voglio.

Che prima o poi farò lo sbaglio...
di fare il pazzo e venir sotto casa,
tirare sassi alla finestra accesa,
prendere a calci la tua porta chiusa... chiusa.

Quando comincio a parlare con le canzoni vuol dire che è ora di fare tanta nanna...
P.