21.7.08

Perfetto

Ti sento gemere sotto di me.
Continuo a muovermi, voglio terminare la mia opera, renderla perfetta. Il tuo corpo è così caldo... il respiro affannato e gli occhi socchiusi, come in un sogno.
Mi stai vedendo? Ti piaccio ancora?
Ti sei avvicinato piano, questa sera. Il tuo corteggiarmi discreto. Eppure sapevo cosa volevi da me, lo vogliono tutti.
Ho sentito il tuo odore, sfiorato la tua pelle liscia e morbida mentre ballavamo stretti. Non mi divertivo così da molto tempo. Bello vedere il desiderio nei tuoi occhi; la cosa che più mi piace è sentire gli occhi addosso e sapere che con la mente stai già andando oltre. Molto oltre, ma non quanto sto andando io.
Perchè tu non te lo aspetti.
Non immaginavi nemmeno di riuscirci così in fretta. Anche se un po' con te ci ho giocato. Dartela vinta subito sarebbe stato poco romantico ed io adoro le storie romantiche.
Così ci siamo appartati qui, non lontano da dove abbiamo ballato, da dove ti ho conosciuto. Un posto buio dove nessuno ci può vedere.
Tu mi hai sfiorato tutta la pelle e ti sei chiesto se avevo freddo o se era il tuo tocco magico che mi faceva effetto. Le tue carezze mi piacciono, si. La dolcezza è meglio, fa sembrare tutto più bello, più lungo e duraturo. Lascio che tu faccia quel che vuoi, il mio corpo è tuo.
Tu vuoi essere sicuro che questa sia una gran serata. Vuoi divertirti al massimo.
Bene, anche io.
Non ti rendi conto, non sai chi sono. Non senti che ti sto prendendo sempre di più? Ti lasci andare come se mi amassi davvero. Io lo so che non è così.
Ti muovi in me come un esperto, questo si. Certo fai di tutto per vedermi cedere. Con sempre meno vestiti addosso restiamo nel buio, attenti solo a come ci muoviamo. Non hai mai provato niente del genere, nessuna a cui piacesse così tanto.
Il tuo collo, il corpo atletico e sano, le tue mani, le cosce...
Il trucco è muoversi piano, succhiare lentamente, non stancarti subito. Se tutto va bene può durare ore. Ore in cui piano piano scivoli in un sogno. Ore in cui hai tutto ciò che volevi.
Ore in cui godere del tuo corpo, del tuo calore, del contatto umido delle nostre lingue.
Non te ne accorgerai nemmeno.
Dopo che avrò finito di riempirmi la bocca del calore del tuo sangue non avrai più la forza di reagire. Se sarai forte diventerai uno di noi.
Ci vuole una gran volontà. Fa molto male e i più non resistono. Ma tu sei perfetto per questo scopo. Un poco di sofferenza non ti rovinerà il viso a lungo.
Sarai solo un po' più freddo...

19.7.08

Eccomi qui


Questa è la foto della mia nascita.
Mi direte: "non si vede un tubo, ma il naso dov'è?"
Non è un'ecografia... Su, dai!
E' divertente scoprire chi sono da questi pochi segni in un cerchio che mi racchiude...

10.7.08

Peripatetici e very patetici

Io ho una serie di difetti che certo non mi metterò a negare. Sono molto intollerante, pur dando a ciascuno l'opportunità di esprimersi e gestirsi come gli pare. Sono abituata ad azzeccare quasi al primo sguardo il tipo di persona che ho davanti, per poi darle comunque l'opportunità di farsi conoscere, senza formulare un giudizio immutabile. Nella scelta sembro non esserlo, ma sono molto esigente.
Ho sempre odiato la scuola. Non per i classici motivi. Non avevo paura delle interrogazioni, non mi fregava molto dei compiti, non era tanto un problema di riuscita. Odiavo l'intervallo, i giochi, il dover per forza seguire un orario, uno schema.
A scuola mi annoiavo molto. C'erano magari molte cose che avrei voluto chiedere se non fossi stata timidissima. La mia idea di scuola si avvicina ai peripatetici, che camminando disquisivano di vari argomenti. Ecco, se avessi potuto scegliermi una scuola fatta su misura, avrei voluto un insegnante, pochi compagni affini al mio modo di imparare, sondare, sentire, uno spazio in cui passare il tempo senza orario e senza programmi.
L'insegnante, che è la parte fondamentale, per me ha delle caratteristiche precise. Io non riesco ad imparare da qualcuno che non stimo. So che si impara da chiunque, ma detesto le persone che si fingono altro da quello che sono e se ne becco una, allora la mia stima precipita e io non riesco più a credere ad una sola parola. Voglio dire, la mia insegnante può anche aver fatto la prostituta, mi va bene, basta che non faccia finta di essere una suora. Meglio una persona imperfetta ma consapevole dei propri limiti che una che si spaccia per perfetta e ti delude ogni giorno di più.
Di questi personaggi ne ho incontrati molti nel mio percorso scolastico strampalato. Lo so che alcuni prof sono durati il tempo di un esame da privatista, ma davvero se qualcuno era ok, la maggiorparte era composta da personaggi patetici da far venire il vomito.
Come uno dei prof di filosofia, che essendo biondiccio e con occhi azzurri pensava di far colpo su ogni femmina della scuola. Uno che si permette di buttare un libro che avevo sul banco (chiuso ed appena restituitomi da un compagno) nel cestino, solo perchè non era una lettura degna di una sua allieva. Uno che ha mollato moglie e figlio piccolo per scappare dalla sua vecchiaia patetica con una allieva molto più giovane e magari anche non troppo furba.
Come i prof all'università, non tutti certo, che pensano di avere la scienza infusa e di trasmettere grandi verità, con cui non puoi avere un dialogo e che ti trattano come se fossi lobotomizzata se hai una idea diversa dalla loro, senza spiegarti per quale oscuro motivo dovresti pensare esattamente come loro.
Professori che ti lasciano ore ad aspettarli davanti all'ufficio in orario di ricevimento, che fanno fare frequenza obbligatoria ad un corso per poi parlare di calcio, che facilitano studenti del sesso opposto, che pretendono una lezione imparata a memoria, che ti fanno aspettare di dare un esame a luglio tutta la mattina all'ultimo piano di un palazzo bollente, che si trombano non sai quante allieve all'anno sulla scrivania dell'ufficio.
Insomma, incontri come questi ti fanno passare un po' la voglia di studiare, o almeno di perdere tempo con qualcuno che non può insegnarti altro che mediocrità.

5.7.08

Questa casa... è un albergo

Una decina d'anni fa, quando ancora dividevo l'affitto con mammà ed eravamo entrambe donne impegnate, abbiamo avuto un periodo di intensa ospitalità.
Mangiavamo spesso dopo le 22 e ancor più spesso, le persone che passavano da casa nostra si fermavano a cena. O addirittura telefonavano per chiedere se avevamo già mangiato e aggiungersi alla nostra tavola.
Un poco mi manca, quel tipo di frequentazione mangereccia e informale. Devo dire che mi ha anche abituata a tirare fuori dell'inventiva culinaria, costringendomi a creare ricette nuove e semplici utilizzando quel che trovavo in frigo.

Ecco dunque un paio di cosine veloci.

1) Antipasto/stuzzichino:
Uno o due wuster piccoli a testa (ma viene da dio pure con quelli grossi se utilizzati come secondo), aperti a metà nel senso della lunghezza, farciti con una strisciolina di formaggio (fontina, sottiletta, emmenthal, gorgonzola, galbanino... fate voi), avvolti una volta richiusi in una fetta di pancetta coppata e dorati in forno finchè la pancetta non crocca e il formaggio è fuso.
Gnam, si mangian caldi.

2) Sughetto:
Mentre fate la pasta, in un pentolino fate dorare cipolla o scalogno, versate la giusta quantità di passata di pomodoro e fatela bollire. Ogni tanto aggiungete qualcosa, capperi, olive ad esempio. Appena prima di scolare la pasta aggiungete un cucchiaio di panna da cucina ed una scatoletta di tonno da 80 grammi. Versate sulla pasta, ovvio, prima di mangiarlo.

3) Secondo veloce:
Un tot di fette di tacchino arrosto, da accompagnare con salsina fatta con maionese, cipolla bianca o dorata tritata finemente, parmigiano o grana grattugiato, il tutto rigorosamente comprato (che manco la maionese va fatta in casa per questa cosa)

4) Dessert:
Mascarpone con cacao o con polvere di caffè, mescolato abilmente. Un paio di cucchiai vi nauseano per una vita (scherzo, ma essendo sostanzioso e grasso ne basta poco per dare soddisfazioni...)

Questo è solo un esempio, ovvio.

2.7.08

Chez Gupta

Il secondo fornitore a Moradabad era tale Gupta, un signore molto ricco con una bella casa solida e ben tenuta. Lui ci avrebbe ospitati per tutta la nostra permanenza nella sua cittadina.
Gupta era un signore sovrappeso, dal colorito cappuccino tipico degli indiani del nord, con una serie di tic ed il rutto facile. La casa di Gupta era davvero all'avanguardia, se consideriamo che era il 1979. L'elettricità se la faceva col letame dei maiali. Li allevava apposta. Sì, un po' puzzava, ma era una buona idea in un posto dove niente funziona a dovere.
Tutta la casa era una meraviglia. Aveva una piscina, marmo chiaro sui pavimenti, mobili ben rifiniti, personale, operai. Quasi un benefattore.

Ci aveva offerto due stanze. In una avrei dormito io con mamma e nell'altra Gianni e Shomir avrebbero trascorso le loro due notti in città.
La cena ci fu servita dalla moglie di Gupta (o dalle mogli, non si capiva bene), che dopo aver riempito i nostri piatti con prelibatezze vegetariane se ne spariva in cucina con tutte le altre donne. Sì, che in certe famiglie quando c'erano ospiti importanti le donne se ne stavano altrove e mia madre era una delle eccezioni, tollerata a tavola solo perchè era con lei che si facevano gli affari.
Gupta sedeva capotavola, decisamente accaldato. Al suo fianco Gianni e Shomir, più in là mamma ed io. La sala da pranzo era sfavillante, molto ricca. Anche Gupta brillava di gioielli.
Gianni, che in vita sua non era mai stato serio un istante, cominciò ben presto a imitare i tic del nostro ospite, provocandomi delle crisi di riso spaventose. Non riusciva a smettere ed io pure.
Mamma cercava in ogni modo di fare qualcosa, non riuscendoci nemmeno lei.
Per dimostrare di aver gradito il pasto, Gupta si esibì in una serie di rutti da competizione, cosa che è uso comune. Poi si asciugò il sudore nel tovagliolo, ci si soffiò il naso e lo rimise al suo posto sulle gambe. Con somma gioia dello schizzinoso Gianni. Aspettammo la frutta ed un'altra serie di rutti.
Mentre mamma discuteva dei suoi affari con il suo fornitore e si ocupava di cose da imprenditori, io fui accompagnata in camera e mi trovai in compagnia di un geco. Ecco, io non amavo molto l'idea di trovarmelo nel letto, quindi rimasi sveglia fino all'arrivo di mammà per poi fare un cambio stanza con Gianni e Shomir. Nella nuova stanza dormii come una pasqua.
Lo stesso non si può dire per gli uomini, visto che Shomir (che doveva esserci abituato ai gechi) si era fatto un paio di numeri per cui Gianni l'avrebbe preso in giro in eterno...
Fatto sta che al mattino, cioè all'alba, veniamo svegliati dal muezzin che richiamava la gente alla preghiera. Nessun geco nei dintorni, tutto tranquillo.
Colazione e tour della fabbrica di Gupta, i suoi articoli in ottone, gli oggetti e gli ormai usuali regali. Mai ricevuto tanti doni come in quel viaggio, il che mi faceva amare ancor di più la mia pelle chiarissima e i capelli biondi che avevo. Il suo regalo per me fu la copia di un medaglione di mia mamma, in ottone. Poi una lanterna ad olio che ancora tengo in casa senza averla mai accesa. Una cosa che sa di antico. Storta come molte cose indiane.
Si arriva al pranzo e...
Ecco, io non ne potevo più delle delizie vegetariane, della roba piccante e delle macedonie che non potevamo mangiare senza rischi per motivi igienici. Così comunicai un desiderio a mammà, che lo comunicò a Gupta, che lo comunicò a sua moglie.
Un uovo al tegamino al posto di qualsiasi altra cosa.
Si poteva fare, solo che la signora Gupta non aveva ovviamente idea di che cosa fosse un uovo al tegamino. Così, mamma ed io ci rechiamo in cucina, poi in una cucinina, poi su un terrazzo dove si poteva cuocere su di un fornellino. Ci danno una padella, al posto del burro o dell'olio c'era un grasso diverso ma efficace. Mamma chiede un uovo fresco. Gliene portano uno, prova ad aprirlo... è sodo. Riformula la richiesta. Un uovo fresco... fresco.
Ci riproviamo, dinuovo sodo. Al che, dopo il terzo uovo fresco sodo, ci sorge il dubbio che le galline di Moradabad facciano le uova direttamente sode, il che sarebbe un vantaggio per il commercio, ma non per chi delle uova vuole farne un uso differente.
Ma no, ci sbagliamo, perchè il quarto o quinto uovo è davvero fresco! Così mi posso godere una delizia europea per una volta, cucinata dalla mamma. Le signore indiane intorno a noi che ci guardano stupite mentre puccio il naan nel rosso morbido del mio uovo al tegamino.
La seconda notte non fu disturbata dal geco, che forse era al bar dei gechi a sfottere Shomir come Gianni faceva continuamente. La cena fu una ripetizione della cena precedente, con tutte le imitazioni di Gianni sempre lì lì per farsi beccare da Gupta.
Io ero felice.
Il giorno dopo tornammo in auto col nostro bell'autista, che non so dove abbia dormito quelle due notti, probabilmente in auto come fanno quasi tutti. O nel magazzino degli oggetti in ottone del nostro ospite simpatico. Lì avevo intravisto una brandina...
L'avventura dell'uovo sodo si era conclusa. Dopo Moradabad non me ne capitarono più.
Ancora oggi guardo le uova con sospetto, aspettandomi nell'aprirle di trovarle sode...