29.9.13

Ecco...

Ho trovato una nuova e tremenda applicazione su facebook...
E non potevo non approfittarne, giusto?
Poi non dite che non ve l'avevo detto...
Ma quanto sono scema?

28.9.13

Vie

Che poi le vie han nomi tutti uguali, e le vite a volte anche. E i ricordi che si mescolano alle note, e le lacrime ai sorrisi. 
Capita di passare, a volte, in certi luoghi che ti han preso l'anima. E ci muori cento volte, ma ci torni ancora. Alzi lo sguardo e non incontri occhi, vorresti perle e ti rimane sabbia. Ma quella nebbia e quel che non sei più, quelle te le porti una vita addosso...

22.9.13

Pensieri pre-paella...

Che si sa, l'appetito stimola la riflessione.
So che non mi interessa apparire in antologie varie. Io non le compro e quindi non ci voglio stare.
So che non mi interessano i concorsi a pagamento, soprattutto se indetti da case editrici sconosciute. So che mi pare troppo aspettare 15 anni di essere pubblicata da un editore medio-grande, so che non sono portata per il lavoro di selezionare le case editrici a cui spedire i manoscritti, nè a fare quel tipo di lavoro - perché è un lavoro - per promuovere un mio romanzo.
So che non scrivo mai le stesse cose, ogni romanzo è diverso dal precedente e che questo spiazza. So che non sono in grado di scegliere un genere, perché mi piace quello che scrivo e come lo scrivo. Probabile che non piaccia agli altri, ma che ci posso fare?
So che alla fine mi troverò a cercare un agente e pubblicherò sotto duemila pseudonimi così da non confondere i lettori e da alimentare altresì la mia schizofrenia.
So che ho 6 anni di tempo per avere tutto quello che voglio, perché dopo me la voglio solo più godere.
Vi chiederete cosa sono i 6 anni... semplice, il contratto di casa. Via da qui, altra vita. Punto.
Ora vado, mi faccio una bella doccia post pulizie di casa e metto su una deliziosa paella per i miei amici ospiti.
E che buona domenica sera sia per tutti. Olè.

15.9.13

Inquietudini d'autore, pardon... d'autrice

Mi sento come questo cielo visto da casa.
Il problema del talento. Non tanto sapere da altri che c'è, quanto il saperlo da me.
Leggo e mi chiedo perché molti dei lavori altrui, pur avendo una struttura corretta e tutti i "crisantemi" - che almeno una parola al giorno la devo storpiare - non mi piacciono. Mi annoiano, mi disturbano. Sia quelli inediti che alcuni pubblicati. Prevedibili, pieni di luoghi comuni e vuoti di quella magia che, una volta terminato il romanzo, ti porta a riaprirlo più volte per riprendere alcuni passaggi.
Forse sono diventata troppo esigente, anche se continuo a preferire letture poco impegnate, se non trash. In alcuni di questi romanzi non c'è nulla che sia memorabile, eppure mi lasciano un sorriso e voglia di andare avanti. Cosa che romanzi più "seri" non fanno da tempo.
Sono in una fase in cui mi chiedo che cosa voglio fare con la mia scrittura. Perché ho sempre scritto e probabilmente continuerò a farlo comunque. Il problema è se crederci davvero fino in fondo o lasciare che sia, come per la pittura, uno svago rilassante e piacevole in cui coinvolgere al massimo gli amici che hanno voglia di essere coinvolti.
Mi chiedo se ci sia spazio per me sugli scaffali, in mezzo a miriadi di altri autori più o meno meritevoli. Cosa ho da dire più di loro? Cosa mi rende diversa da un aspirante qualsiasi? Cosa penso di ottenere? Ho davvero voglia di fare tutta questa fatica a cercare di pubblicare quando anche professionisti hanno smesso di crederci? Quando autori pluripubblicati cominciano a far da sé con Kindle o altre piattaforme? Quando ci sono "marchette" ovunque per libri pressoché illeggibili fatti in serie a seconda della moda e non c'è alcuna possibilità di emergere se non si segue l'onda?
Perché non è che io non sia in grado di scrivere romanzi erotici, ma li voglio scrivere quando pare a me, non quando tutti leggono romanzi erotici (in cui guarda caso ci sono solo innocenti fanciulle trasformate in eroine del sesso da uomini tenebrosi e navigati con perversioni più o meno probabili). E sì, voglio scrivere di vampiri ma non li voglio mandare al liceo per tutta la vita, non voglio che siano vegetariani o pentiti o vecchi nobili rimbambiti da secoli di isolamento a causa dell'amore. E non voglio che gli alieni vengano sulla terra suonando l'organo o invadendo le menti e i corpi degli umani. Ma soprattutto non voglio legarmi a un genere, a un tipo di storie, a una serie di cliché solo perché oggi va bene quella storia lì.
Voglio scrivere le mie storie, tutte diverse e tutte mie ugualmente.
Mi chiedo, sono in grado? Posso farlo senza preoccuparmi di altro? Editori, marketing, mode, codici di comportamento, concorsi più o meno truccati, fascette fasulle, disonestà cronica...
Posso aspettare una vita chiedendomi se ho il talento necessario o devo semplicemente buttarmi come se lo avessi? Voglio fare la figura del genio incompreso o quella dell'intellettuale snob, quella dell'eremita che vive della sua scrittura vada come vada o quella dell'autrice tutta sorrisi e presentazioni?
Ho davvero così tanta voglia di mondo reale?

11.9.13

Segni

Mi osservo i piedi.
Tre anni fa sono stata in India per la quarta volta. Il viaggio più pesante dei quattro, forse perché ero già tesa. Stavo partecipando al primo anno di Torneo letterario, dovevo leggere una serie di opere altrui e valutarle e lo facevo con il portatile, quasi ogni sera. Conoscendomi, mi ero attrezzata nel migliore dei modi. Pantaloni lunghi, magliette con le maniche corte, cappellino da baseball e scarpe comode.
Sandali Clarks, morbidi ed elastici.
Nessuna insolazione. Nessuno sguardo indiscreto date le spalle coperte, nessuno che cercasse di guardare le caviglie. Elastici al fondo dei pantaloni per chiudere ogni possibilità. Non mi sono scottata le spalle, nemmeno il naso - che invece di solito soffre - ho sudato moltissimo.
Come una viaggiatrice esperta e zozza ho usato ogni giorno lo stesso paio di pantaloni, spessi e comodi, alternandoli la sera con quelli leggeri e un po' più carini.
Abbiamo camminato ore, giorni, chilometri e chilometri su e giù per il nord, da Delhi a Calcutta e ritorno.
Mi osservo i piedi.
Sono stata là tre anni fa. Poco oltre le dita e poco prima della caviglia ci sono due strisce bianche su un piede appena dorato. Non ho preso sole da allora. Ho usato un guanto di crine per lavarmi ogni giorno, ho sfregato e insaponato bene. Il segno dei sandali è ancora lì.
Se un paese fa questo al corpo, quali segni lascia dentro all'anima?

9.9.13

Prossimamente in tutte le librerie

Sapete che da tempo tento di pubblicare qualcosa che mi renda sfacciatamente ricca.
Finalmente ho trovato l'idea, quella con la I maiuscola. Vista la attuale tendenza in fatto di pubblicazioni ho deciso che il mio primo romanzo di successo sarà:

La storia di Irene, donna adulta e smaliziata che si ritrova a Parigi dopo che il suo trolley è stato smarrito all'aeroporto Charles DeGaulle (cosa per altro nota a tutti). In possesso solo del bagaglio a mano, Irene si trova ben presto a corto di biancheria intima e, vista anche la carenza di bidet, decide di godersi il suo viaggio in versione nature. Le sue avventure erotiche vi lasceranno senza fiato. Una donna che vive una vera storia zozza senza lasciarsi condizionare da quello che l'eleganza parigina impone.
In appendice, troverete il racconto breve dal titolo "Il cielo sopra il belino", avventura tragicomica di un povero maniaco esibizionista in liguria. E il buono per il ricettario erotico "il porcino", venduto separatamente anche nelle edicole di tutto il mondo, con illustrazioni per facilitare le preparazioni.
E se ancora non vi basta il romanzo a episodi "50 sfumature di greige", la storia di una giovane sarta che sgomita nel tentativo di entrare nell'entourage di un noto stilista nostrano di fama mondiale.

Ecco, tanto sapete benissimo che scherzo e che continuerò a scrivere cose che non leggerà mai nessuno perché non vanno di moda pur essendo scritte in italiano corretto e avendo una trama sensata, dei personaggi studiati con cura e un certo senso di romanticismo (per quanto il mio, di romanticismo, sia vagamente gotico)... Vado. A presto...

7.9.13

Le polpette di mia sorella

Forse una delle cose migliori che abbia fatto, sono polpette abbastanza comuni. Le quantità precise non le so, anche perché dipende da quanta carne c'è più che da quanti si è in tavola...
Occorrono:
carne tritata magra (da mangiare cruda possibilmente), mollica di pane ammorbidita con latte, un uovo (o due se c'è più di mezzo kg di carne), parmigiano grattugiato, uvetta e pinoli, prezzemolo, sale e pepe. Più olio per farle cuocere in padella.

Come si fa:
Come si fanno tutte le polpette. Si mischia rigorosamente con le mani, guai se non si fa, dando la giusta consistenza aggiungendo parmigiano o mollica. Per ultimi si uniscono prezzemolo, uvetta e pinoli. Si aggiustano sale e pepe, a seconda dei gusti. Si fanno palline o le si schiaccia in modo che cuociano più in fretta e si mettono in padella con un poco d'olio fino a cottura ultimata.

Sono leggermente dolci e molto buone. Ma molto.
Provateci...

5.9.13

La casa violata

Sotto casa manca l'auto, ma lo sapevamo. Flavia ce lo ha detto al telefono quando ancora eravamo a Dusseldorf. Arriviamo preparati, almeno in teoria.
Un pacco di biscotti del mulino bianco giace svuotato accanto alla porta del piano terra. Non c'è voluto molto per convincere Ringo a chiudere un occhio; d'altra parte non è mai stato esattamente un cane da guardia. E, come si può immaginare, ognuno ha il suo prezzo. Quattro etti di biscotti, 30 denari, non cambia. Non manca nulla in quella zona della casa, certo non me li vedo i ladri che si portano via le scorte di passata di pomodoro o il pane secco per la pappa del cane. O i panni da stirare, anche.
Il vetro della porta finestra in cucina è ancora rotto. Sono passati da lì, andando a colpo sicuro a recidere i cavi dell'antifurto direttamente nel suo loculo nascosto. Sapevano dove trovarlo, così come sapevano cosa portare via. Mancano solo gli oggetti di valore, due quadri, una statuina d'avorio, qualche gioiello, un orologio da tavola antico e la sua copertura di vetro a campana. Oggetti sparsi che sono stati selezionati, caricati in auto e portati via.
Tutto in breve tempo. Senza particolari sfregi tranne un disordine non familiare e l'odore di estranei nelle stanze. Perché l'odore io lo sento. Una invasione sgradevole.
Penso a cosa possono aver fatto mentre non c'eravamo. Penso alle mani nei cassetti alla ricerca di qualche nascondiglio prevedibile. Le mani nella nostra biancheria, sulle nostre maniglie, sulla superficie di ogni mobile. Ancora non immagino cose peggiori, più intime. Non ne ho l'età.
Non hanno trovato l'argenteria, quella che la nonna aveva un tempo nascosto nell'armadio degli stracci sul balcone e che nessuno di noi ha mai spostato (segno, tra l'altro, di quanto sia utile per noi l'argenteria in generale) e che quindi ci resta.
Il poliziotto in borghese che ci fa le domande è giovane e di bell'aspetto. Comincio a farci caso, almeno quello, senza malizia. Noi i sospetti li abbiamo, ma non possiamo dire molto perché non ci sono prove. Quindi facciamo nomi, indicando chi ha installato l'antifurto o l'assicuratore che ha le schede di ogni oggetto mancante e torniamo alla nostra vita di sempre.
Non ho paura, comunque. So che non torneranno. Sono arrabbiata per gli orecchini di oro e acquamarina che non ho più. Accetto ciò che capita con calma quasi innaturale.
Non posso fare altro, non ho mai potuto e non potrò in futuro. E non mi importa, se non per quel singolo paio di orecchini. Gli oggetti vanno e vengono, le auto pure. Ringo è ancora vivo e la casa non ha subito danni gravi. Alla fine resta solo la sgradevole sensazione che qualcuno abbia vissuto ore in casa mia, tra le mie cose senza permesso. Anche se ho solo undici anni a queste cose ci tengo.
Molto.

3.9.13

E intanto (il tempo se ne va...)

La fregatura d'agosto è arrivata.
Non che non me lo aspettassi, ché capita ogni anno ormai. Ora, secondo una logica che a me pare folle, visto che non posso comprarmi una casa devo pagare delle tasse in più affinché chi ha casa, villa, castello o città intere non paghi la sua tassa sulla proprietà. Perfetto. Tanto comunque pago. Perché io pago.
Tanto mica faccio fatica a mettere via due euro, io. Ho uno stipendio da favola...
Certo, non mi lamento, c'è chi non ha nemmeno quello.
Non ho la casa, non ho un'auto, non viaggio quasi mai, non compro abbigliamento o accessori firmati, ho uno swatch di mia madre fermo da un anno, non ho nemmeno l'abbonamento ai mezzi pubblici. Posso permettermi di pagare una tassa in più. Al limite mi metto a dieta e risparmio sul cibo.
Però scrivo. Ho giusto due nuovi racconti che troverete nella pagina appositamente creata, sempre gratis. E altri progetti innumerevoli di cui saprete al momento opportuno.
Sto per mandare in vacca il torneo, i romanzi che ho da leggere non mi piacciono affatto e non ho voglia di finirli tutti... Non so, ho davvero voglia di fare altro. Ma vedremo. Chi lo sa?
Intanto non sono stata a dieta ed è ora, invece, che mi ci metta un po' seriamente. Nei mesi scorsi sono ingrassata troppo e non voglio tornare il baule di un tempo ora che so cosa vuol dire stare bene.
Intanto Cali ne ha sempre una e andiamo avanti a medicine e tentativi, intanto ho smesso di ascoltare musica - ma qualche volta mi manca davvero - e non ho smesso di farmi tentare dai vampiri.
Intanto, vado a mettere su quei racconti perché è ora!