18.2.21

Un brindisi a te

Non c'è mai stato un giorno facile con te.

Nemmeno uno, nemmeno quando mi sono impegnata davvero.

Eppure ti ho amato tanto, e ti amo ancora anche se non so quanto. 

Come in molte relazioni sfasate non riesco a capire se il mio amore lo devo al fatto che da te non avrò mai niente in cambio o se è perché mi fai sentire inadeguata molto spesso e adoro farmi male. 

Non so se devo insistere.

Non so perché dovrei. So che in sei anni ho ricominciato da capo più volte mettendomi in gioco senza mai lamentarmi. 

Ho incontrato tantissime persone che altrimenti non avrei conosciuto, grazie a te. Alcune le ho perse di vista, altre inaspettatamente mi hanno accolta nel loro cuore e confortata nei momenti più brutti. 

So che con te ho sognato di volare, so che con te l'ho fatto. So che ho osato, che ho cercato di raccontare chi sono e che a un certo punto non ho più avuto le parole. Non le ho ancora.

Ho solo una collezione di false partenze, di tentativi non riusciti, di idee mai completate.

E la sensazione che con te non devo mollare, non stavolta. 

Quando ero giovane avevo una passione simile, un fuoco sacro che mi guidava. Un dolore l'ha spento e io ho smesso di vivere. Ora no, ora non posso. Ho poco tempo e ho voglia di vivere.

Voglio decidere in che modo. Voglio capire chi sono. Voglio scegliere che posto hai.

Voglio amarti davvero o smettere di farlo, davvero.



12.2.21

Questa non è più camera mia - parte seconda

 Da quasi sette giorni il mio cane non c'è più.





Ho dedicato a lei tutto il mio spazio e il mio tempo, ultimamente, ché da dicembre è peggiorata sempre più e non potevo in cuor mio far niente di diverso. Ha lasciato una voragine nella mia vita e una scia di sofferenza - e sangue - che ancora non ho metabolizzato. Gli ultimi due anni sono stati suoi, e la mia esistenza tutta scandita dai suoi ritmi e bisogni. Ora devo ricominciare e tutto sta a me.

Qualche tempo fa - all'inizio del secondo periodo di chiusure - ho cambiato il sottotitolo del blog come accade ogni volta che io cambio; non era chiarissimo allora, o meglio c'erano frammenti di me che "galleggiavano" nell'aria, qualche certezza e qualche dubbio e alcune cose ora sono più chiare.

C'era, da quando siamo tornati a un'apparente normalità a maggio, la sensazione di essere fuori luogo.

Non più come nella mia crisi di identità "polistica" rispetto al mio essere anomala e outsider anche in un ambiente così variopinto e ricco. Non una cosa che riguarda il fisico e l'inadeguatezza vera o presunta. 

La sensazione chiara e definita di non essere "a casa".

Ora che per necessità devo riorganizzare una vita da capo, la sensazione è ancora più forte e intensa e risente non solo della stanchezza accumulata giorno dopo giorno da maggio, ma anche della rabbia che alcune situazioni mi provocano sempre più. Ci sono luoghi e "posti" in cui mi sentivo a casa che in questo momento sono distanti anni luce da me. C'è una parte di me che è sempre rimasta sotto l'involucro che ho costruito e che ho tenuto nascosta ma che so che è vera e deve respirare.

Se qualcosa è stato ogni giorno più evidente, da maggio a ora, è che io non faccio parte di un qualcosa che pensavo esistere. Non credo sia cambiato, in realtà. Ero io a percepirmi parte di esso perché "nominalmente compresa" senza capire che alcuni legami o ci sono o non ci sono - con luoghi e persone - indipendentemente dal nome sul citofono. Non è così semplice rendere l'idea. Un po' come quella chat di gruppo di cui attendevo ogni singolo messaggio perché illusa di condividere qualcosa in più di due chiacchiere. Come un gruppo o pagina Facebook che invece di crearmi stimoli come prometteva è diventata fonte di disagio privandomi pian piano di un piacere che un tempo avevo. Come la critica costante e la svalutazione passate per "insegnamento". O i regali fatti per convenienza, o per senso di colpa. Come il social stesso che ormai mi lascia con l'amaro in bocca per la cattiveria sfogata malamente come per l'eccesso di sorrisi e di presenze finto-motivazionali di venditori di illusioni. Come quei gruppi di amici che amici non sono, come quei parenti che non vedi mai ma si offendono se non li inviti al matrimonio.  

E non è che questa realtà fosse piacevole manco prima ma nell'illusione di farne parte io ho perso parte di me, ho fatto compromessi, mi sono fatta "maltrattare", ho lasciato che mi ferissero e mi spegnessero. Invece non faccio parte di un bel niente, lo spazio in questa grande casa su cui c'è scritto il mio nome è fasullo. Io sono altrove. Io non ci sono. Io ero già via. Questa non è mai stata davvero camera mia. 

Io sono altro.

Ok, quell'angolo di casa dietro al velo era già lì. Sono io che non gli ho dato luce. 

Il mio desiderio ora è solo di tornare a vivere in quello spazio perché sono stanca di essere spenta.