28.11.10

Music (makes the people come together?)

Il locale non lo vedeva da anni.
La ragazza bionda aveva frequentato quella discoteca da ragazzina, ancora accompagnata dalla mamma, nel periodo in cui il video di Thriller andava per la maggiore. La sala allora era diversa, una grossa cabina d.j. al bordo della pista, ora più piccola, la disposizione dei divanetti e dei tavoli modificata. Diverso l'ingresso, la musica, la gente.
Questa volta era venuta con il magazziniere d.j. (per comodità MJ), con cui stava da ancora poco tempo. Ma forse già troppo. Si erano preparati con la solita attenzione, avevano gli amici del sabato sera con loro, tutto andava per il meglio.
La ragazza bionda ballava in pista, le vibrazioni della musica house che le tremavano dentro. Accanto a lei MJ faceva lo stesso con l'aria del pavone. Un brano, due, poi lei nota una persona. Un ragazzo biondo che aveva frequentato anni prima e con cui non era mai andata a ballare. Lei si gira, non vuole farsi notare. Sa già come vanno le cose, quando capita.
Ogni volta che escono, finiscono per incontrare qualcuno che lei conosce. Per caso, in posti che magari lei non ha mai visto. Ogni volta tutte le spiegazioni da dare, tutte le giustificazioni da inventare. Perché non sempre ha voglia di spiegare chi, come, quando e cosa... Eppure lui, MJ, ogni volta le fa il terzo grado. Non vuole capire che per lei nessuno di questi è importante e che l'unica persona che vorrebbe incontrare, di certo non la troverebbe nei locali fighetti che frequenta con lui.
Ma il biondino l'ha vista.Le sorride e si dirige verso di lei. lei fa finta di non capire, di non conoscerlo. Uno normale capirebbe, ma lui no. Certo che no. Così la saluta, le chiede "Ma come, non ti ricordi di me?" e lei finge di cadere dalle nuvole, pensando già a cosa inventarsicon MJ. Perchè non vuole dirglielo che lei ha conosciuto il biondino a una festa di carnevale e che è andata più di una volta in moto con lui, stretta stretta, che hanno visto un film al cinema una volta - ma che quella volta lei aveva in mente un altro - e che comunque un po' le era piaciuto. No, MJ non avrebbe capito e avrebbero litigato.
Così, dopo averlo liquidato, inventò una storia assurda in cui il biondino era un amico di sua sorella e che era un essere appiccicaticcio, di quelli che non ti mollano mai. MJ le credette.
Per una volta, una sola, la serata terminò in modo pressochè normale.

24.11.10

Anni

I miei anni della ribellione non prevedevano letture.
Erano fatti più di notti fuori casa, corse in moto senza casco aggrappata al centauro del momento, luci e caos da discoteca, parole cattive e musica cupa. Erano fatti di sesso sfrenato nelle automobili o di adrenalina pura per la sfida continua al mondo.
Erano fatti di rabbia, a volte incontenibile, sia distruttiva che autodistruttiva. Di cose non dette e di cose esibite all'eccesso.
Quegli anni non davano chances a nessuno. Non potevo permettermelo. Non potevo essere debole e sciocca come tutte le ragazze che avevo lasciato dietro di me. Dovevo essere stronza ad ogni costo.
Amici sbagliati, compagnie imperfette, pericolose. Il tutto senza mai crederci fino in fondo, perchè già lo sapevo di non esser fatta per certe cose. Cercavo vendetta per ogni torto subito e per quelli a venire. Per ogni cosa del mondo che non mi piaceva, per ogni attimo in cui detestavo la vita.
Avrebbe dovuto piacermi. Invece no.
Niente in quegli anni poteva cambiare le cose. Sono rimasta quella che ero stataprima. Non sono diventata nulla di ciò che volevo diventare e ho agitato i pugni al vento come un'inutile Don Chisciotte al femminile, come lei.
Perché come lei sognavo cose che non erano nelle mie possibilità, come lei lottavo per sembrare più grande e forte, una donna guerriero. E scoprire che lei non lo era davvero mi ha fatta arrabbiare ancora di più. Con lei, con la vita, con tutto, con me stessa. Poi son venuti gli anni del rammarico per le cose spiacevoli, le scuse, le parole dolci, le attenzioni, il senso di protezione.
Ma questi... Questi che anni sono?

18.11.10

A una persona speciale

Vorrei che tu ti aggrappassi a ogni raggio di sole e che ti appendessi a ogni nuvola, che ti lasciassi trasportare e che lasciassi che la vita, le giornate e le ore portassero via il tuo dolore con la naturalezza che serve.
Vorrei che sorridessimo insieme mentre insieme piangiamo, ognuna il suo morto. Che non sentissi parole inutili, strette di mano fasulle, che non ti lasciassi coinvolgere dalla giostra del ricordo di com'era bello. Che usassi questa lacerazione per diventare ancora migliore, se fosse possibile. Che nella forza che so essere tua trovassi il modo di sollevare tua madre e di non lasciarla sola. Che sapessi che sono vicina e che basta poco, davvero poco. Che ti voglio bene...

10.11.10

Crisi di mezza identi-età

Che anno, quest'anno...
Tra il quarto viaggio in India e tutto ciò che è seguito, devo dire che ho avuto di che pensare. Non che di solito io non lo faccia, eh...
Stasera ho prenotato 5 guide a scuola guida, dopo 19 anni di patente inutilizzata. Non so perché. All'inizio avevo pensato di farlo per poter andare da mia madre in caso di bisogno. Ora non serve più. La macchina non mi serve. Costa troppo e quel che faccio lo faccio tranquillamente senza. Non la userei praticamente mai. Ma visto che ne eredito una... Boh?
Ho una inquietudine di fondo che mi fa desiderare cose nuove, altri cieli e prospettive. Anche solo mentali. Più tempo per me, progetti diversi che siano miei e solo miei. Senza compromessi.
So che non sarà possibile, oh se lo so.
Ma so anche che questo è solo l'inizio. Il percorso mi sembra appena cominciato.
Mi sento bene, non sono insoddisfatta della mia vita fin qui. Non ho lasciato cose sospese con mia mamma, tenendole la mano le ho detto tante cose. Forse non poteva rispondere, ma non è la risposta in fondo la cosa che conta. Il fatto di averle detto che tra noi era tutto a posto, che mi dispiaceva per le volte che ho fatto la stronza e che non importava più che l'avesse fatta anche lei qualche volta. Le ho detto che tutto andava bene, che non aveva motivo di preoccuparsi, che poteva rilassarsi e andare, perché io ce l'avrei fatta.
Non ho problemi di relazione con altri ancora in vita, ho un lavoro, ho una serie di cose di cui posso ritenermi soddisfatta. Altre che desidero e che vedrò come realizzare senza impazzirci su. Non serve a niente.
Lottare a volte è peggio che aspettare che la vita faccia la sua strada. Meglio essere flessibili e seguire il corso delle cose vivendole al meglio invece di incaponirsi (o incapponirsi come dice un amico) dietro a una visione magari distorta della propria vita.
Così attendo di vedere il cambiamento che sento. Che sia colpa dell'età o del fatto che ora sono adulta non lo so e non mi importa granché. Sono qui. Vediamo.

8.11.10

Girl at work, non molto girl...

Sto per riprendere i lavori sul nuovo libro, sospesi dal viaggio in India e non più affrontati. Piccole variazioni e dettagli che avevo dimenticato di inserire nella parte già completata e tutta una nuova parte su cui lavorare per terminare la storia. Le idee ci sono, anche se verranno stravolte dai personaggi che non vogliono mai fare quello che stabilisco io. E va bene. Non importa. Vedrò dove mi porteranno.
Nel frattempo ho rimaneggiato parte della raccolta di racconti d'amore-orrore con cui avevo partecipato al torneo. Eliminato un paio di storie, messo appunti sulle pagine da cambiare, sistemato un paio di parole e passato alla mia mini-editor. Per vedere i suoi consigli e correggere i difetti. Il problema è che parte di racconti è decisamente autobiografica e su quelle parti non ho le idee chiare su come migliorarle. Troppo personali. Che poi, perché vado a complicarmi la vita con dei racconti d'amore? Non posso scrivere le mie storie oniriche, gotiche, fantastiche? Non so. Parte di me vuole far uscire certe piccole cose che stanno nascoste. I miei lati estremamente romantici, il mio senso del tragico e della vita. L'altra parte di me vuole solo raccontare il mio mondo interiore.
Non ho più scritto poesie. Non me ne vengono da circa 3 anni. Pazienza, si vede che ho perso la mia musa (o il mio "muso") o che qualcosa è cambiato nel mio modo di affrontare certe passioni.
Dipingo. Ho da finire un regalo per una persona a cui tengo, idee per un paio di altri lavori. Ma poco tempo. E me ne servirà.
Intanto curo le belve, vecchie e nuove, di casa. Lavoro al mio solito lavoro e ho una casa da svuotare, faccende burocratiche da svolgere, rotture di balle e contrattempi.
Ma sono fiduciosa. Riprenderò tutto in mano e andrà bene.
Lo so.

7.11.10

Sempre

Quello che mi dà fastidio più di ogni altra cosa, normalmente,è la banalità e l'ipocrisia nascosta in certe frasi di rito. In genere sono abbastanza intollerante alle procedure formali.
Cioè, perché mi dici "sentiamoci" ogni volta che ci incontriamo per caso quando entrambi sappiamo benissimo di non avere il numero dell'altro? Ci siamo mai sentiti per il puro piacere di farlo in vita nostra? E allora perché dovrei chiamarti ora?
O perché non capisci che adesso non ho nessun bisogno di farmi forza o di chiamare qualcuno per parlare. La forza mi serviva prima, quando dovevo vedere mia madre - la donna indipendente, forte e vitale - crollare sotto il peso della malattia; quando dovevo tenerle la mano mentre moriva. Ora la forza non mi serve. E quando volevo parlare con qualcuno non mi ha fermata nessuno. Io ho parlato con chi volevo, non ho bisogno di chiamare il mondo per gridare la mia sofferenza. Questa non c'è più. C'è un po' di malinconia, ma sofferenza no.
Questo perché?
Tutta la vita a spiegare che non ho problemi con la morte. A dire che non mi fa paura, che la trovo naturale, che non mi importa cosa c'è dall'altra parte (proprio non me ne può fregare di meno, mi va bene non saperlo e pensarci quando sarà il momento), che non ho mai creduto che la persona fosse il corpo, che non penso che la morte sia terribile (solo brutta in certi casi), anzi.
Tutta la vita a dire come la penso e sentirmi rispondere che lo faccio perché non ho mai perso nessuno di importante - e se per me ogni persona fosse importante? - e che avrei visto poi - perché perdere amici, fidanzati e parenti non è forse perdere qualcuno di importante?
Tutto il tempo a dire che ritengo di sapere cosa penso al riguardo e che non c'è motivo per cui io cambi idea.
Bene.
Ora ho perso una persona importante. Credete che sia cambiato qualcosa? Che io abbia fatto la "superiore" fino a questo momento per poi far crollare la maschera nel momento che preventivate voi?
Invece no. Non è cambiato niente. Sono sempre la stessa di prima, con le stesse bizzarre idee sulla morte come cosa naturale e tutto ciò che ne segue.
Non ho bisogno di telefonarvi per dirvi che non mi dò pace, perché sto bene - nei limiti del possibile, sono umana e mia madre mi mancherà. Non ho bisogno di farmi forza, perché ho tenuto la mano a mia mamma in tutte le 7 ore necessarie e ho continuato a dirle che andava tutto bene e di non avere paura. Fino all'ultimo. Quella forza era l'unica di cui avessi bisogno e già l'ho avuta.
Il resto sono tutte cazzate.

4.11.10

Trilli di nonsense

Il telefono squilla all'inizio del pomeriggio.
Non appena la ragazza bionda risponde, all'altro capo la voce del pilota, leggermente lontana.
"Ciao."
"Ciao," risponde lei.
"Volevo solo salutarti, sono in Spagna."
"Sei in vacanza?"
"Sono arrivato oggi, perché non vieni anche tu?"
"Non potevi dirmelo prima, che viaggiavamo insieme?"
"Ah, non ci ho pensato."
"Mmh, ok. Beh, non è che mi faccia impazzire l'idea di viaggiare da sola fin là."
"Ma sì, mi mancavi e volevo salutarti. Ciao." Riaggancia quasi subito.

Il telefono squilla di nuovo, la sera.
"Ciao." Sempre lui.
"Ciao."
"Beh. Volevo salutarti."
"L'avevo notato."
"Allora ciao."
"Ciao."
Riagganciano entrambi.

3.11.10

Il compito

In qualche modo l'avevo capito, senza sapere. Il motivo essenziale per cui sono venuta al mondo è legato al grido di solitudine di mia madre, la sua sofferenza per quello che era, per come non poteva essere e per la diffidenza che il suo essere "diversa" dalle ragazze della Torino bene della sua età provocava. Devo averla sentita, quella sua malinconia. Quella sua fragilità intrinseca che in ogni modo tentava di nascondere al mondo. Lo faceva bene, mia madre. Tanto che per anni al suo confronto mi sentivo piccola piccola e credevo che lei fosse una sorta di eroina, una donna guerriero. Ha lottato tanto, fino all'ultimo, mia madre. Con tutto e con tutti, anche solo con la malattia che non ha voluto mai chiamare col suo nome.
Tenere la sua mano fino all'ultimo era il mio compito. Carezzarla e non farla sentire sola, amarla oltre ogni difetto io abbia scoperto in lei in questi anni. Quarantun anni in cui, insieme e non insieme abbiamo vissuto milioni di vite. Adesso il mio compito è terminato. La mia solitudine, quella che in lei avevo riconosciuto, non fa male. Non lo fa da tanto tempo. Anzi, mi piace. E la sua è sicuramente lenita dalle mie carezze e dalle mie parole sussurrate tra le lacrime. Un momento cui ero preparata in parte e che mi ha dato molto. Un momento difficile, triste e sofferto. Un momento di vita.

Clip The Cranberries "No Need to argue"