24.1.13

Fantasmi

Tocca che si affrontino, prima o poi.
Come tutto il resto.Come gli errori, come le cose non dette. Che diventano macigni in un rapporto.
Viene fuori che sono bravisima a far finta di niente, a non chiedere, a non discutere, a rinunciare in partenza a ciò che vorrei dire. E che ho avuto questa tendenza soprattutto con le persone vicine.
Viene fuori che devo finalmente affrontare e sconfiggere la grande ombra della mia vita, non solo quella dei miei 17 anni, ma anche quella che ancora non conosco, perché, si sa, a rimuovere sono bravissima.
Per poter decidere finalmente libera.
Devo venire a patti con la mia energia, lasciar andare il controllo ossessivo che finora mi ha mantenuta in piedi, ma poco viva. Imparare a controllare la rabbia, imparare a creare senza esplosioni, a distruggere con minuzia se necessario.
Perché se l'energia è movimento, e il movimento è vita, ne deriva che l'immobilità certo vita non è, ed io sono stufa di restarmene immobile sperando che la vita passi un poco più in là, lasciandomi stare. L'ho fatto a lungo. Troppo, nascosta nelle mie ombre e arrotolata nel mio sentirmi infelice.
Ho imparato a sorridere, a ridere di più. Lo faccio tanto che cominciano a vedersi piccole rughe di espressione (e non è la vecchiaia, è l'uso diverso delle guance). Solo vorrei che a ridere fossero anche gli occhi e ancora non lo fanno.
Per questo sono qui e mi preparo ad affrontare il mostro. Che poi sono io, perché a farmi male sono stata soprattutto io. E il mondo.

Dettagli che uccidono l'anima

Dopo il mondo si è chiuso.
Tutto il mio mondo, un passo dopo l'altro. Senza che me ne rendessi conto. No, non è che non sapessi cos'era successo. Mi mentivo in continuazione, facevo finta che fosse mia, la tacca sulla pistola. Uno in più. Invece mi vergognavo. E non parlavo di quello con alcuno. E mi procuravo nuovi gesti per cui farmi schifo da sola. Carezze concesse senza sentimento, senza interesse.
E tutto, scivolando lentamente sempre più, tutto senza piacere. Senza lasciarmi il minimo spazio per il perdono. Ah, no. Lui l'ho perdonato. Più facile concedergli anche questa vittoria. Anche.
Concedergli l'onore di fare da tarlo che distrugge una vita in un weekend. E svolgere il suo lavoro al posto suo sentendomi in colpa.
Sporca, disturbata, inutile e stupida. Ho smontato i sogni e la ragazza che ero. Ho condotto solo relazioni che portavano al tormento. Per poi cominciare a dimenticare di sentire.
Non riuscire a distinguere una persona positiva da una che avrebbe potuto distruggermi. Ma non è colpa di quelli che ho incontrato. Se fossi stata presente avrei capito prima con chi avevo a che fare, invece ero annebbiata. Ho iniziato a confondere un anno con un altro, un ricordo con un altro in una sequenza di immagini in bianco e nero cui non riuscivo a dare un'emozione. Non una.
Ripercorrendo con la mente, ancora oggi, non distinguo granché. Positivo, negativo...
Rimuovere è la soluzione, in certi casi. Ma non si rimuove mai del tutto. Certe cose, certi piccoli dettagli che restano incisi nell'anima, continuano a lavorare. E ti trovi, più avanti, a cercare di capire perché sei incasinata. Senza collegare una piccola bugia detta a te stessa al disastro che ti vedi attorno.
Senza sapere perché reagisci in certi modi, o perché non reagisci affatto. E ti senti solo stupida, inadeguata e incapace di gestire qualsivoglia situazione.
Sempre, come in amore, i dettagli sono quelli che restano. Un sorriso, un bacio, a volte. Una mano che tiene la tua, una parola che ti fa sentire al sicuro.
Oppure una bocca fredda e mani secche e nodose che ti scorrono addosso mentre vorresti solo essere altrove. Oppure una stanza bianca che sa di chiuso, o l'immagine di un particolare costume da bagno che hai buttato quello stesso anno. Fondo nero e fantasia di righe  sparse con motivo di fulmini viola, verdi e fucsia. Il triangolo che copre il seno mentre sorridi facendo finta di niente. Al sole e su uno scoglio, poche ore dopo.
Dettagli che sembrano immagini senza paticolare interesse.

21.1.13

E poi

Ti chiedi cosa c'è che non va in te quando cominci a pensare a una vita radicalmente diversa, senza avere paura di farlo. Senza paura di perdere chi hai attorno e senza pensare che sia brutto immaginarsi certi eventi senza provare un minimo di brivido sottopelle. Senza domandarti perché stai cercando un'altra vita invece di modificare la tua. Come se ti soffocasse l'idea. Tanto da preferire qualsiasi altra soluzione.
Detesto le rivoluzioni.
Detesto le discussioni, la voce alta, le parole dette a bocca stretta, la rabbia.
Ma non mi giustifica.
Ho passato l'ultimo anno e mezzo a sperare che il mondo finisse davvero perché la mia vita non mi piaceva più da troppo tempo a forza di lasciare andare le cose come andavano. Ho finto che le colpe stessero altrove, ho covato rancore e ho aspettato che il destino - ah, il destino - scegliesse per me.
Sorpresa.
Ma nemmeno tanto. Non è l'anestesia la soluzione. Lo è la lotta.
E la mia vita è radicalmente cambiata pur restando la stessa.
Ho smesso di lottare, un tempo, distrutta dal fallimento di un sogno. Che ho fatto terminare io, in un modo o in un altro. Mi sono detta che era inutile lottare per qualcosa, che sarebbe stato meglio farmi scivolare addosso qualsiasi  dispiacere. Ci ho guadagnato 25 kg, all'epoca. E una depressione, e l'inferno.
Ora, sull'orlo di un precipizio simile anche nelle sue differenze, ho capito che devo rialzarmi e combattere. Ancora. Senza mulini a vento, però.

Riflessioni sul comunicare - 1

Mi rendo conto che a volte dico la stessa cosa a tre persone diverse e queste tre persone capiscono ognuna una cosa diversa. La stessa identica frase a persone che hanno un background culturale simile, eppure niente. Non c'è modo.
E io sono di quelle che di solito non usano più parole delle necessarie per esprimere un concetto, mai un vocabolo troppo ricercato, mai un gergo inadeguato all'ascoltatore. Perché mi piace esprimermi in modo diretto, perlopiù.
A volte capita che non si usi lo stesso linguaggio, anche con persone che sono vicine - come i genitori o i fratelli - quindi comunicare diventa ancora più difficile. Se già l'interlocutore ha in mente quello che tu potresti voler dire è possibile che comprenda esattamente quello che si aspettava di sentire. A me è successo diverse volte. Ti aspetti una risposta e appena questa è leggermente diversa da ciò che ti aspettavi, allora la rivolti finché non quadra con la tua vecchia versione. Oppure per distrazione, per stress o noia, si tende a dare un senso alle frasi senza ascoltare le parole. E fraintendere di nuovo.
Certo il linguaggio che usiamo ha basi che noi non conosciamo più. Convenzioni che cambiano col tempo, come l'uso che si fa di una parola come "laico", che ora ha un significato diverso da quello che aveva quando è stato scelto come termine per definire una persona non legata da vincoli monastici. E noi usiamo le parole come le ascoltiamo, prolungando l'agonia di una lingua che sembra essere sconosciuta ai più.
Ma non è solo la lingua a creare problemi.
Uso il mio corpo per comunicare, come con le parole. Lo uso se sorrido, se cammino, quando mi siedo incrociando le gambe e quando lascio correre le mani lungo il corpo.
Quando voglio e quando non voglio, uso quel linguaggio segreto che lascia trasparire chi sono anche quando non vorrei. E uso il corpo, i vestiti, il trucco, il peso corporeo, le scarpe, la camminata.
Lo uso per parlare di me. Lo facciamo tutti. E lo stesso con il sesso, lo usiamo per conquistare, per tenere, per farci accettare, per sfogare la rabbia, per dimostrare qualcosa, per annebbiare la mente, per nutrirla di immagini che ci porteremo dietro, per dialogare in silenzio (o quasi in silenzio, direi), per affetto, per paura, per amore.
Ognuno di noi usa il suo linguaggio come meglio può, a volte le sole parole non dicono quanto una carezza. Eppure è così facile fraintendere una carezza o un bacio. Fraintendere un sorriso.
Come capita con le parole, noi leggiamo spesso nei gesti altrui cose che vogliamo vedere solo noi.
Ultimamente mi è successo di non riuscire a dire quello che volevo, o meglio non comunicarlo. Lasciamo perdere le volte in cui non ho voluto farlo, questa è un'altra storia.
Proprio questo capire di non essere stata compresa o addirittura ascoltata, mi ha fatto riflettere su cosa vuol dire comuicare e se davvero è così difficile trovare persone che parlino il mio stesso linguaggio, o se io ho davvero delle cose da dire  e sono davvero capace di usare le parole.
... to be continued (forse e prima o poi)...

12.1.13

Senza Titolo - Parte 3

Qui nell'alto dei cieli si aspetta la neve. Dicono che arriverà entro lunedì. E noi stiamo a vedere. Intanto ciò che è troppo distante - la collina, le montagne, anche solo ciò che va oltre le torri colorate che vedo di notte - resta confuso nella nebbia. Un po' come la mia testa.
No, questo angolo di paradiso in cui mi sono trasferita non mi ha delusa, anche se ha i suoi lati difficili e dobbiamo imparare a convivere (io e la mia mansarda). Viene proprio bene e sebbene le modifiche che ho in mente di fare nel prossimo futuro ne cambieranno un poco l'aspetto, già ci sto dipingendo e ciò non mi dispiace affatto.
Ho iniziato un quadro nuovo, per la collega che me l'ha chiesto da un po'. Si chiama "cigno bianco/cigno nero" ed è ispirato, per cambiare,  a un balletto. Insomma, anche qui c'è un tutù e se tutto resta come è ora nella mia mente anche in altri due casi ci saranno dei tutù... E dei nuovi colori.
Perché la vita va avanti.
E io pure. Magari sbando qualche volta, ma procedo. E sto cambiando ancora.
Devo ancora sistemare i vestiti nell'armadio e sto a dipingere e a scrivere, e a cantare. Questo, mi sa, non cambia...

9.1.13

Senza titolo - parte seconda (?)

Sarà questo clima da neve e da lacrime, forse sono stanca e sempre e comunque confusa. La situazione l'ho creata io, non ci piove, non posso incolpare nessuno. La questione è che non è un fatto di colpe, o meglio, non è solo quella. Le colpe le abbiamo ogni volta che con una decisione o un capriccio passiamo sopra a un altro. A volte nemmeno ce ne accorgiamo, altre volte facciamo finta di non accorgercene, altre ancora lo sappiamo benissimo ma il "bisogno" è talmente impellente da cancellare ogni cosa.
Sono colpevole, di questo non ho dubbi.
Ma torniamo a questo clima e alle lacrime. No, torniamo alle lacrime.
No.
Torniamo al fatto che certe volte la vita manda segnali e tu fai qualsiasi cosa per non vederli. Al fatto che tutto ti grida intorno e tu non senti altro che quella bellissima melodia. Al fatto che letteralmente perdi la cognizione di chi sei e cosa stai facendo. Al fatto che sei ubriaca.
Poi di colpo qualcosa cambia e ti rendi conto che tutto finisce. Che non hai altro che la possibilità di vivere la tua vita senza se e senza ma. Ma quale vita?
Quale dannatissima vita?

8.1.13

Senza titolo

Questa mattina, o meglio questa notte, un cielo grigio arancio mi ha colta alla sprovvista.
Aprendo gli occhi mi aspettavo di vedere le stelle - letteralmente - invece le nubi colorate dalle luci cittadine mi davano l'impressione di svegliarmi in un mondo non mio, sconosciuto.
Esploro, in questi giorni, lati di me che non avevo ancora visto. O che avevo evitato, altri che avevo sognato da tempo. Non posso dire di stare bene, eppure non sto nemmeno male. Sono stanca, come al solito ho voglia di fare tutto tranne ciò che devo e finisco per fare poco di tutto. I dubbi mi tengono compagnia insieme alle certezze. E alle paure.
In un certo senso è di queste che avevo bisogno. Le mie paure in qualche modo sopite fino a poco tempo fa sono finalmente uscite insieme ad altri demoni e altre certezze. Avevo bisogno di vedere in faccia molti aspetti di me che non potevo focalizzare. Ora li sto vedendo.
Una scoperta che a volte mi turba, non necessariamente in senso negativo. Ho bisogno di chiarezza. Il limbo in cui mi ero rintanata era sì comodo e protettivo, facile nell'abitudine.
Sono malinconica. Tutto impone delle scelte e io detesto scegliere.
Chi voglio essere davvero? Dove voglio andare? Credo sul serio in quello che faccio o penso semplicemente di voler essere diversa dal resto del mondo e mi dò delle arie come se lo fossi?
So che venerdì sera una persona speciale mi ha preso il viso tra le mani e mi ha baciato la fronte. Lui certo sa più di me dove sono le mie risposte. Io devo ancora andarle a cercare...

7.1.13

Strana-mente

Mi sento diversa. Più del solito, più di quanto avrei immaginato. Sono momenti bizzarri, questi in cui in bilico tra un mondo e l'altro dei miei mille interiori, ho da sistemare le cose estraendole dagli scatoloni, pulire la casa, renderla mia. E vorrei dipingere e scrivere subito da qui, la mia nuova postazione aperta sulla città, sui suoi tetti e sul suo cielo.
Sono momenti in cui vorrei chiudere ogni rapporto con il mondo. Tagliare fuori quasi tutti e vivere quello che sento èprima che sia di nuovo ora di correre. Mi sento strana.
Non felice, non infelice, non preoccupata, non tranquilla, appena nauseata e allo stesso tempo affamata.
Ho voglia di descrivere meglio come sto, ma non ce la faccio, non è così facile ora che ci penso.
Solo ho voglia di guardare il cielo tutto il tempo e di sapere che tutto andrà bene.
Perché andrà bene. Lo so.

4.1.13

La costante del vicino che tromba

Ci  voleva la fine del mondo, i Maya e quant'altro. Qui cambio casa, quasi cambio vita completamente e mi dico: "ecco: sono una persona nuova, in tutto e per tutto..."
Invece no.
Questa notte intorno alle 3,30 una strana vibrazione mi distoglie dal sonno, che so essere particolarmente leggero di suo, uno sbattere di legno su muro. Penso: è il terremoto. Ora sono al settimo piano e non sono abituata a certe vibrazioni. Invece no. Poco dopo il gemito prolungato della vicina mi ha destata completamente dal sonno. Che per un terremoto a Torino non mi sarei mai nemmeno mossa dal letto per controllare che la casa reggesse. No, mi sveglio solo se i vicini trombano.
E che urla, e che battere di letto contro il muro. Da film.
Se anche pensavo, cambiando vita, cambiando casa etc.. di cambiare anche la costante degi urlatori nella mia vita...
Ecco...
No. Non cambia, anzi. Se mai peggiora. Ma la vita è interessante anche per questi sguaiati dettagli.