24.5.16

Esserci, a Exotic Moon...

Ebbene sì, l'ho rifatto.
Stavolta con tacco 17, corsetto e capelli posticci. Consapevole che sarei arrivata ultima fin dall'iscrizione. Consapevole che il mio mito sarebbe stato al tavolo della giuria, che le altre partecipanti alla mia categoria avrebbero avuto dalla loro parte l'età e la forza. Che miglioro ogni giorno e a ogni gara, ma non sarò mai come loro. Il che non mi scoccia nemmeno, a dire il vero.

Non che non l'abbia presa sul serio. Comunque ho prenotato minimo un'ora di "practice time" a settimana e ho aggiunto una lezione fissa di exotic - quella specialità della pole dance che prevede tacchi e movenze sensuali - oltre alle mie solite due settimanali. Ho aumentato le sessioni di addominali, scelto una canzone che mi facesse emozionare, cercato il look giusto. Sulla musica mi sa che dovrò lavorare ancora, perché anche stavolta pare che io cantassi durante l'esibizione, ma di quasi tutto il resto sono soddisfatta. Il fatto è che mi sono ripetuta la coreografia in mente per così tanto tempo che non l'ho mai provata con la musica, perché ci stava e ci sta tutta. Non ho mostrato i progressi a Natalya, che ha organizzato la gara e che ha comunque riso la prima volta che sono arrivata a lezione con la coda di cavallo lunga 70 cm. ben piazzata sui miei capelli corti. Mi ha sempre detto di far crescere i capelli per ballare, l'ho accontentata.



Foto: Alessandro Altavilla
Ho partecipato insieme alle mie amiche, ci siamo allenate e abbiamo riso, ci siamo sostenute fino all'ultimo momento e anche dopo. Siamo una bella squadra, noi. Poi c'è chi vince e chi si piazza meno bene, e ci sono io che parto sapendo di perdere. Il fatto è che non mi dispiace. Non sono mai stata una persona competitiva. Penso, al massimo, di essere competitiva-passiva, ovvero che non mi importa di essere la migliore, ma se una persona riesce a fare una cosa, allora devo riuscirci anche io. Non vale per tutto, sono anche di una pigrizia vergognosa. Ci sono cose che non mi passa nemmeno per la testa di fare: troppo sforzo e dolore fisico. Ma vale per molte delle "figure" che le mie amiche più giovani fanno e io sono ancora troppo pesante e debole per fare.
In ogni caso parto consapevole di quello che posso fare. Che è un vantaggio dell'età.
Parto sapendo che ci sarà sempre un "ultimo" in ogni gara. Sapendo che non voglio addosso l'ansia di arrivare al podio perché non è mai contro gli altri che gareggio.

Anche stavolta è toccato a me aprire la gara. La prima a esibirsi, come a Pole Position. Credo che col tempo mi ci abituerò. Come a non provare i pali prima dell'esibizione. L'altra volta per paura di farmi male vista la contrattura, questa volta per non stressarmi troppo. Tanto alla fine va come va.
Infatti il dee-jay ha fatto partire la musica che non ero ancora a posto e ho dovuto recuperare quell'attimo di "incredulità", non partire come avrei dovuto e cercare di non andare nel pallone e bruciarmi il pezzo. La seconda sorpresa è stato il palo spin che non girava quanto quello a cui sono abituata, il che mi ha portata a improvvisare qualcosa una prima volta e a sfiorare il disastro la seconda. Ma ho finito. Ho fatto il mio pezzo, più o meno come l'avevo in testa arrivando sana alla fine, con ancora la forza di uscire, senza scivolare (un attimo di incertezza nello scendere dal palo dopo la fine del brano), mediamente soddisfatta di me. Che dal saggio di Natale non ero più molto sicura di essere in grado di finire un'esibizione senza farmi male o morire a mezzo minuto dalla fine. Invece ho finito, salutato, sono andata a bere in camerino e mi sono vista le altre ragazze con tutta la pace e la tranquillità di chi non ha paura di vederne una più brava.

Foto: Alessandro Altavilla

Mi è piaciuto molto, tutto. Soprattutto "travestirmi" con i capelli lunghi e giocare con un corpo che ho spesso maltrattato e non amato. Fare la sexy senza sentirmi fuori posto. Vedere lo spettacolo da dietro le quinte - ehm, no, da dietro la tenda di Swarovski - e godermi il contatto con tante e bravissime atlete. Vedere due delle mie amiche sul podio e chi si era rifugiata in camerino a piangere essere una delle migliori in classifica. Ed essere riconosciuta da Arianna Candido, che era tra i giudici all'Italian Pole Dance Contest e che stavolta gareggiava nella categoria Professional. Il che significa che magari casco anche, magari non sono "er mejo", ma lascio un segno.
Per me non conta vincere. Non ho l'età nemmeno per pensare allo sforzo della competizione. Per me conta essere lì, con loro. Con quelle che poi vincono e con quelle che no. Con quelle che ce la mettono tutta e anche di più. perché essere anche solo l'ultima di loro mi fa sentire bene. Esserci. Basta.

17.5.16

Sette anni al Salone

Uno dei riti degli ultimi anni è stato il sabato pomeriggio al Salone del libro. Ogni anno, con gli amici fidati e con chi finiva per unirsi alla comitiva, si passava il tempo tra gli stand osservando più che acquistando - anche se un anno abbiamo inseguito un'amica dotata di trolley e lista di titoli specifici - e massacrando piedi e schiene senza un attimo di tregua, per poi trovarci a cena insieme a raccontarci le impressioni.
Da quando poi ho pubblicato il mio "Parole d'amore insano", nel 2009, frequentare il Salone è diventato un modo per imparare qualcosa in più del secondo lavoro che mi sono scelta.
Perché pur restando una passione, la scrittura è un lavoro complesso.
Così, se nei primi anni vagavo in cerca di editori, di contatti, di stand che mi somigliassero. Inutile dire che la magia è svanita in fretta. Forse il fatto di avere qualche parente infiltrato che mi raccontava aneddoti e retroscena, forse l'assistere con aumentato disincanto allo show che questa manifestazione si porta dietro e che forse attira molto del pubblico ma non me, non so dirlo.

Nel 2010 ho partecipato per la prima volta al Torneo IoScrittore e assistito dal vivo alla prima selezione in assoluto delle opere che potevano procedere con il Torneo. Inutile dire che non c'ero, tra quei nomi, anche perché avevo partecipato con una raccolta di racconti messa insieme a poche ore dalla scadenza dei termini per l'iscrizione.
Bene, l'evento mi ha delusa a tal punto da evitarlo tutti gli anni successivi. Non per la mia esclusione. L'ho evitato per noia, come a noia mi sono venuti gli scrittori, gli aspiranti, i riusciti e i "quanto sono bravo io". L'ho evitato e ho evitato l'evento analogo anche quando finalmente sono riuscita ad accedere alla seconda fase del Torneo con un romanzo di fantascienza su cui mi riprometto continuamente di rimettere mano.

Fatto sta che più passava il tempo, più diventavano importanti altre cose. Come mi ha detto una giovane scrittrice - proprio questo sabato e proprio davanti al cartellone con i "300" selezionati di IoScrittore - alla fine, se togliamo qualche dibattito e i vip, resta un insieme di stand dove si vendono libri. Quindi il mio tour ha assunto toni sempre più critici e meno affezionati. Un giro, pochi acquisti quasi mai scontati, incontri con contatti facebook e con amici che non si riesce a incontrare durante l'anno, parenti compresi.

L'anno in cui ho collaborato maggiormente con Gazzetta Torino, il 2014, ci sono stata due giorni. All'apertura e il sabato. La discrepanza tra quello che vedevo e ciò che sentivo affermare in televisione era grande. Non c'era tutta la gente che dicevano, gli stand più affollati erano quelli dove si mangiava o si cucinava e quelli con i vip di turno, non necessariamente autori. Ho visitato stand, conosciuto persone, fatto una breve intervista e organizzato una serie di incontri. Ma l'impressione che fosse una nave che imbarcava acqua era già forte. Poi gli articoli, i servizi in televisione, ogni cosa mi ci riportava. Il Salone era cosa vecchia, e lo è ancora.
Questo sabato, dopo un anno di assenza, sono tornata. Non solo non ho fatto più di cinque minuti di fila per prendere il biglietto - stavolta senza passare dall'ingresso per gli accreditati - ho superato il metal detector in meno di un attimo, ma non ho avuto difficoltà a prendere un panino e da bere, ho camminato senza difficoltà tutto il pomeriggio, ho visitato stand senza dover spingere qua e là... Insomma, se già due anni fa non c'era tutta questa folla, quest'anno mi sembrava di non esserci andata davvero di sabato. Molta polizia, molti vip - ho visto Pippo Baudo, i vestiti di due anni fa di Mauro Corona, l'immancabile Saviano (per un paio di ragazzine che passavano "quello pelato che scrive") e l'onnipresente Vitali (per fortuna non l'altro mio incubo) - niente personaggi di Star Wars nonostante l'uscita dell'ennesimo episodio, brutto, proprio questo inverno. Quindi è successo di riconoscere volti visti solo su facebook e di fermarmi per salutare al volo, è successo di incontrare una persona speciale che non riesco mai a vedere e di poterla abbracciare, è successo che son tornata a casa pensando che l'anno prossimo no. Non ha più senso.

Devo crearmi un altro rito. Un altro mondo che mi appartenga e mi somigli. Devo essere l'altra me.

8.5.16

Schizofrenia portami via...

Domenica di maggio, raffreddore da spavento, tempo incerto.
Ho il portatile acceso e i file delle bozze del cartaceo di "Sette stanze" aperti ma sapientemente lasciati sulla barra inferiore a decantare. A dire il vero non ho voglia di fare questo lavoro, anche se devo.
Come avrete sentito più volte, c'è tutto un lavoro oltre al raccontare storie, di cui non sono affatto innamorata. A me piace scrivere, inventare, raccontare. Il resto, dal preparare file per mandarli agli editori al revisionare, rivedere, approvare, pubblicizzare, chiedere interviste e recensioni... tutta roba che mi fa venire la nausea. Diciamo che non ho la vena commerciale e che qualsiasi cosa non sia strettamente legata all'immaginazione mi annoia a morte.

Così penso ad altro, soprattutto alla pole.

Nell'ultimo anno e mezzo è ciò che ho fatto con più assiduità, più ancora che scrivere. Da un lato mi riporta a quando ero ragazzina e sognavo di fare la showgirl, studiavo danza e canto e preparavo coreografie che non avrei mai ballato. Dall'altro mi diverte e mi fa mettere alla prova anche ora che ho qualche annetto sul groppone.
Sì, perché iniziare la pole dance a 45 anni suonati non è da tutti e anche se ho una "compagna" di 72 non vuol dire che sia cosa normale.
Mi ritrovo spesso in classe con persone che hanno quasi la metà dei miei anni e spesso e volentieri non sento nemmeno la differenza, se non per gli acciacchi post allenamento. Ho dalla mia che oramai conosco i segnali del corpo e cerco di non strafare quando sento che sono a rischio, anche perché recuperare non è sempre semplice.
Iniziare è stato difficile.
Tutti gli anni di danza mi hanno lasciato addosso quel minimo di grazia che serve a far da contorno ai movimenti, ma a parte una buona forza nelle gambe non è rimasto molto altro. Il fatto di essere ferma da anni e di non aver mai usato le braccia se non per "scena", invece, sono stati un handicap e ancora lo sono in parte.
I primi mesi di lezione sono stati una prova di forza di carattere.

Sono arrivata a lezione con il gruppo delle "signore", le over 40 del mercoledì. Sovrappeso, imbranata e timidissima, nelle mie coulottes e canottiera, non riuscivo a tenere il ritmo se non nel riscaldamento. Così ho deciso di aggiungere un giorno a settimana e, siccome le "signore" c'erano solo al mercoledì, ho iniziato a frequentare un corso di giovani aspiranti poler. Se già arrancavo così, la desolazione di certe lezioni in cui tutti riuscivano a fare gli esercizi tranne me era totale. Non una verticale, non una semplice "salita" sul palo, piccolissimi risultati come fare un mezzo giro senza scivolare giù di sedere...

Ma non ho mollato un giorno. Nemmeno quando all'ennesimo tentativo venivo giù come una pera. Nemmeno quando, tentando di farmi fare una foto della prima butterfly (foto che ancora non ho) sono cascata di ginocchia rischiando di frantumarmi in mille pezzi. Sarà che sono un leone, sarà che soffro della sindrome di Grisù il draghetto, ma se una cosa non mi riesce io mi impunto perché non è possibile che io non riesca, se ci riescono gli altri.
Fatto sta che piano piano, senza farmi del male, ho iniziato a vedere i primi risultati. Piccoli, sicuramente, perché ancora alcune cose basilari proprio non mi vengono: le braccia ancora troppo deboli, addominali e dorsali in crescita, una flessibilità da statua di marmo, il peso che continua a essere quello che è...

Così sono arrivata al primo saggio, un primo luglio afoso e sudatissimo, trovandomi con tacchi 15 e un completino rosso a ballare tutta sola su un palco e, nonostante tutto, uscirne viva. E promettermi di andare avanti, perché stare appesa a testa in giù è un po' come stare a casa.

Il mio passo successivo, oltre ad abbandonare le "signore" per un posto fisso tra le ragazze, è stato il continuare a stringere i denti. le difficoltà sono sempre mille. Si migliora con un allenamento costante e con un lavoro interminabile. Anche perché quelle posizioni che prima ti venivano, un giorno misteriosamente non ti vengono più, gettandoti nello sconforto. Ti vengono quelle nuove e quelle che ti sembravano acquisite... boh?
Fatto sta che nel giro di qualche mese dal mio anniversario di palo mi sono iscritta all'Italian Pole Dance Contest, prima gara della mia vita se escludiamo i Giochi delle Gioventù fatti alle elementari. Dell'esperienza ne ho parlato a inizio aprile e ora, che è inizio maggio, sono già iscritta a un'altra gara. La cosa divertente è che non mi importa di vincere - cosa di cui non ho alcuna possibilità - ma sono felice come una pasqua di provare e riprovare e di riempirmi di bolli e lividi, di acciacchi e frustrazioni. Stavolta ancora con i tacchi alti e con un piccolo travestimento, perché la vita è un gioco ed è giusto divertirsi mentre si può.

Ecco, io dovevo correggere le bozze del cartaceo del mio romanzo. Sì.
Perché poi io amo scrivere, e sognare, quasi quanto volare. Solo che non riesco mai a essere dove devo e quando devo, perché a forza di volare via con la testa finisco anche per vivere una vita scomposta tra il bisogno di sognare e quello di sognare fisicamente. Divisa tra mente e corpo.