29.4.14

Giusto perché lo sappiate

Il mio racconto "L'incontro" fa ora parte di un'antologia pubblicata da Lettere Animate, l'editore che ha scelto il mio "Gli attimi in cui Dio è musica".
Cioè qui:






Ma siccome è tra i racconti di là, o vi recuperate il link, o se volete leggere altri 14 racconti altrui trovate il link nella pagina dei racconti o tra i finora pubblicati... Baci diffusi!

26.4.14

Movim(i)ento(s)


Ci sono momenti nella vita in cui tutto è attesa.
Questo non è uno di quei momenti... proprio no.
Uscito l'ebook de "Gli attimi in cui Dio è musica", sono in vista due presentazioni a Rieti. E probabilmente ce ne saranno altre, prima o poi.
E c'è il Salone del Libro, e Gazzetta Torino, cose da scrivere, conoscenze da fare, contatti da prendere...
E il torneo, che tanto andrà male. E il fantahorror, che ho ripreso in mano e che procede. E una nuova raccolta di poesie, e progetti a non finire. E i racconti di "Letterando", e la partecipazione in un'antologia del mio attuale editore.
E voglia di un cambiamento stabile, definitivo e che mi dia lo spazio per fare le cose che amo e che allontani da me il resto.
Lo so che chiedo molto.
Sono stanca. Non ho più voglia di perdere tempo e allo stesso momento ho una paura indescrivibile del futuro. Leggete il labiale... Fu-tu-ro...
Non ho mai detto questa parola? Può essere. Per me è sempre stato un tempo imperfetto e ancora lo è, non perché non ci creda - nel futuro - ma perché ora c'è e non è definito. Non abbastanza.
Ma ne ho sete.
Parecchia.
E quasi mi gira la testa.

P.

21.4.14

Disaffezioni

Capita all'improvviso, il più delle volte.
Qualcosa che hai sempre amato, che riempiva di significato le lacrime che ti portava agli occhi. Qualcosa che riconoscevi da distante e che ti teneva legata in ogni modo possibile.
Talmente bello che toglieva il fiato al solo pensiero.
Come la collina torinese. L'ho sempre amata oltre ogni limite. Per me poteva essere "casa", "sogno" e "storia"; quelle origini in cui tutti cercano rifugio di tanto in tanto.
Per me non erano persone, il rifugio, ma la collina. E quelle promesse che non ha mantenuto ma che sono rimaste e che fanno parte di me.
Fino a oggi.
Rientrando dal weekend di Pasqua ho guardato la collina, come sempre. E non l'ho amata. Non più.
Come se fosse cambiata, e forse lo è, ma più come se fossi cambiata io. E lo sono.
Ma mi son detta: "curioso"...
Io non la riconosco. Non è più mia. Ed era la cosa che più mi dava la sensazione di radicamento qui, come se Torino fosse tutta nella sua collina. E se Torino non è più lì, quanto tempo passerà prima che io capisca che posso andarmene da qui senza sentirne il peso?
Io che ho sempre detto che non me ne sarei mai andata, oggi in auto mi son chiesta se questo fosse ancora il mio posto o se esiste un altrove per me. Un altrove in cui non mettere radici, perché alla fine non credo di averne la necessità. Non sono un vegetale. Non ho mai amato l'idea di qualcosa che mi impedisse di muovermi.
Non ho mai desiderato di avere una casa mia, per esempio. A meno che non fosse una cosa "slegata" da me abbastanza da lasciarmi andare quando volevo.
E l'unica cosa cui mi sono sentita legata negli ultimi vent'anni,o trenta, è stata la collina che oggi non amo più.
Oggi.
Devo scrivermi la data da qualche parte, perché credo che la cosa sia sintomo di un cambiamento in corso, un altro, ancora...
E capita tutto, sempre, in un solo attimo.
Ti accorgi che il tuo mondo è cambiato.

15.4.14

Petali

Velluto d'orchidea è la mia pelle,
colori sgargianti che indosso all'alba
per donarti il giorno.
Viola del pensiero che s'insinua
tra le ciglia lunghe del tuo sorriso
all'imbrunire.
Rosa di sabbia esposta agli elementi
mi disgrego;
perle che rotolano sul fondale.
Gelsomino che appassisce al sole
e all'abbandono
dopo una notte in cui l'amore vince.
Sboccio in tua presenza
e il capo chino al tuo cospetto;
m'inginocchio, vita,
se coi tuoi soli baci e insieme al tuo respiro,
fondendoci, ripeterai "per sempre"
recidendo con un colpo l'esile mio stelo.
Sono fiore di cristallo, petalo di ghiaccio,
posso frantumarmi
al tocco indelicato di una parola sola.
In mille pezzi, profumata e bella,
mi spezzerò d'incanto
alla menzogna dolce che vai dicendo...

Sortilegio

In questo luogo di confine
tra la terra e il cielo,
l'altro regno in cui sono sovrana,
in cui sono solo pensiero e sogno;
qui hai scelto di vivermi per sempre.
Nessuna pallida finzione di realtà,
giorni e notti confuse
in un continuum che non può esistere,
personaggio di una favola
le cui parole stentano
a rimanere impresse.
Questo il mio destino.
Il limbo delle cose non dette, 
solo desiderate,
che non si muovono verso il vero,
ma restano indelebili
ed eterne in ogni caso.
Quasi vive e immobili.
Statue di corpi immersi in liquidi pensieri,
sangue che pulsa all'unisono
all'altro capo del mondo.
Il battito d'ali che distruggerà ogni cosa,
ovunque.
Perché pensiero siamo,
e parole soltanto.
Ma vibriamo insieme
e solo questo può cambiare un mondo.
Insieme.
Un noi che si fa corpo
e che non teme la decadenza di ogni cosa.
Un noi che muta forma e sostanza,
che noi viviamo in questo o in altro posto.
Altrove,
dove una cupa sovrana attende la sua notte;
o dove, quando l'altrove scompare,
conosce posto e luogo e non domanda.
Ché le domande vogliono risposta
e le risposte non soddisfano il bisogno.
Ché il bisogno è solo esserci
e noi questo vogliamo,
noi questo facciamo, ma non siamo.
Il desiderio d'essere qualcosa
si perde nelle immagini d'un sogno.
Odori e sapori che s'inventano
per creder vero tutto,
ma cosa è la realtà non ci è dato di sapere.
Vivo, nell'aria che tu Vita mi concedi,
perdendomi nel sogno che tu esista,
reale, e che un giorno resti.
Un solo giorno senza notti,
come in sortilegio,
che sia per sempre.
Perché per sempre sveglia,
io possa vivere sognando.

8.4.14

Un altro assaggio di me

Eccomi, finalmente a vostra disposizione anche la "compilation" di Letterando.
Un contest iniziato su facebook in cui diversi autori, tra cui la sottoscritta, hanno postato diversi racconti brevi. Per la sezione Bonsai testi di massimo mille caratteri (una cosa da scrittori, ma anche no) e per la sezione Baobab fino ai tremila.
Ne è venuta fuori una raccolta magari non proprio di letteratura...
Però carina e acquistabile a meno di un euro, forse più avanti anche gratuitamente.
La trovate su Amazon .

Una prigione il sogno



Una prigione il sogno, se al di fuori non sogni più.
Se quel che ne realizzi torna a tormentarti nei ricordi e scopri che non ne vuoi più, di certi sogni che in apparenza allettano i tuoi sensi tutti. Quando non vivi più che per tornare indietro, all'atmosfera strana che vivevi altrove. E poi sorridi e dici che va tutto bene, e menti e giuri che volevi solo rendere reale tutto quanto.
Una prigione il sogno, se dopo il sogno tu non ridi più.
 E ancora dopo non ridi neppure sognando e il dolore si confonde col reale. E il reale non è sogno, ma incubo teso al nulla. Se dopo aver sognato solo di tornare, l'insonnia ti cattura pur di evitar quel sonno. Il profondo abisso che governa il mondo e che lo fa tremare. La morte che avvolge lenta le spire sul cuore.
Una prigione il sogno, se s'allontana piano.
Quando l'assenza si fa presente e il presente è vuoto di un senso. Lento e irreale scompare nella nebbia di qualcosa che fu, avvolto in un velo di preziosa seta ricamata. Se lo vedi andare via senza aver vissuto appieno. Quando scompare, l'ossessione arriva e ti corrode i gesti. Carne e mente insieme. Nel bianco asettico dove tutti i colori muoiono in luce.
Una prigione il sogno se resta a lungo acceso.
Se dura troppo a lungo il voler di più, tanto che nessuna realtà sarà paragonabile a quella e nemmeno quella sarà più potente come un tempo. Quando non viene condito da un tocco, da un pizzico lieve che dica che è vero anche il sogno e che si può sognare il vero, si può avere il sogno. Oppure sognare non serve più e tanto vale spegnere lo stupore in una vita tutta uguale.
Una prigione il sogno, quand'è illusione di una felicità lontana.
Ché non esiste una felicità che non sia dentro e che non sia nel sogno. Nel sogno vivo e acceso d'emozione, in quella cosa che chiamiamo amore. Nel solo dare fino all'osso senza chieder nulla in cambio, nel sorridere di tenerezza avendo niente in mano. Dentro al tintinnare di una risata e in due punti e un asterisco a caso. Ché non esiste una felicità che non abbia labbra per baciare e ridere di gusto. Ché non esiste altro che sia altrove.

6.4.14

Divino

Il respiro come il cuore è scomposto.
Sotto alle mani la pelle freme,
non c'è più mente, elettricità.
Suoni che la gola emette
incontrollati,
note di piacevole dolore.
Guerra dei sensi
incapaci di cogliere un tutto
si soffermano in aree confuse.
Brividi e caldi languori.
Notte infinita coperta di stelle
sovrasta desideri e sogni,
trasporta grida d'estasi
e vivi...
Immersa nel caldo,
oscuro mare del peccato,
il mio corpo muta,
divino,
forma e essenza,
pura energia.

5.4.14

Il gioco dei ruoli


Le maschere che senza scelta indossiamo, il ruolo che ci tocca in sorte e che seguiamo.
L'idea che il proprio viso non possa esser visto senza un moto d'orrore. La verità sfuggita come la peste. Nessuna libertà esiste in questo mondo in cui siamo pronti a giudicare chiunque, qualsiasi cosa faccia.
Catene che legano i pensieri, i gesti e i cuori. Senza possibilità.
Sotterfugi e bugie infinite, anche solo il salutare cordialmente qualcuno.
Fino a che punto l'educazione è maschera? Fino a quando una falsità ci rende facile vivere? Fino a dove ci spingiamo per giustificare il volto sotto alla maschera? Quella cosa orribile che ci curiamo così tanto di nascondere...
Mentiamo talmente agli altri che la nostra maschera ci si attacca sempre più e non possiamo fare a meno di uscire con lei, sempre, perché poi diventa più facile mentire piuttosto che mostrarsi orribili.
Mostrarsi inadatti, confusi, egoisti, stupidi, incapaci, falliti.
Il modello del vincente ha rovinato il mondo. E le maschere che portiamo, che nascondano terribili verità o ci rendano agnelli quando siamo lupi, le portiamo tutti con naturalezza tale che perfino gli occhi hanno imparato a mentire, vuoti e infidi.
Non siamo tutti egualmente uomini e donne? Non abbiamo tutti mostruose debolezze? E grandi amori e passioni, e dolori, e desideri... Ansie e paure, segreti che non vorremmo custodire?
E non sono gli altri, a volte, a porci in viso maschere diverse per ciascuno? Come se non una ma mille volte in più dovessimo mentire, per non deludere il mondo.
Si può mentire al proprio destino?
Ci si possono fare giochetti, forse?
E la scelta di non mentire, di scostare la maschera e mostrare piuttosto carne viva pur di essere liberi... è una scelta possibile?
Si può smettere di giocare e di interpretare ruoli cui non siamo adatti senza che il mondo ci rifiuti?
Esiste la libertà di essere ciò che siamo senza per questo essere dei mostri?