30.12.22

Il solito post di capodanno

Qualche settimana fa prima di entrare in laboratorio per l'ennesima giornata di lavoro sono passata al bar per il solito caffè. Ho fatto come sempre due chiacchiere con Christian - pima era Massimo, ma le cose cambiano - dandogli appuntamento per il solito caffè della pausa pranzo. Gesti che ripeto ogni giorno lavorativo da anni, come mille altri.
A pranzo, però, la porta del bar era chiusa pur essendo tutto acceso e all'apparenza normale e fuori dalla porta c'era un piccolo gruppo di clienti affezionati (o abituali) che diceva di aver trovato chiuso già da metà mattina e che di Christian non c'era traccia. Qualcuno di loro ha chiamato il proprietario del locale per avere notizie ma fino a quel punto nessuno sapeva nulla. 
Il giorno dopo ho saputo che Christian aveva avuto una piccola ischemia - piccola per fortuna - e che non sentendosi bene aveva chiuso la porta e si era messo un attimo giù nel locale, per riposare quei dieci minuti. Invece non si era svegliato, o meglio era lì nel retro semi cosciente che non riusciva a muoversi né a comunicare mentre a distanza di una vetrina c'era il mondo.



Qualche giorno fa una mia amica ha postato su Facebook - luogo che frequento sempre meno ma che ancora mi tiene collegata a persone che non posso frequentare per distanza e vita - una lunga riflessione sul tempo e su quanto ne siamo "schiavi" pur essendo il tempo un concetto e non una cosa tangibile. Secondo la filosofia buddista l'unico tempo che esiste è il presente, perché è l'unico in cui viviamo, o "siamo". Per il resto il tempo o è storia o è fantasia. Eppure, appunto, ne siamo schiavi.
Ci manca, corre, lo ipotechiamo, lo vendiamo, ne perdiamo dietro a qualcosa che vorremmo ma che al momento non è alla nostra portata, lo programmiamo come se fosse sempre disponibile. Invece no.
Ci frega a volte la faccenda del "cosa vuoi fare da grande?", che ci porta a proiettare nel futuro aspettative di realizzazione o felicità che potrebbero o non potrebbero diventare la nostra realtà. Il più delle volte non lo diventano e le aspettative si trasformano in frustrazioni e  delusioni. A volte in rabbia.



In questi ultimi anni sono stata molto arrabbiata, lo ammetto. Ho lottato per costruirmi una vita nuova e per tutto quello che ho fatto ho ottenuto bellissimi risultati. Una parte di questa vita è meravigliosa ed è più simile a me di quanto lo fosse, che so, un lustro fa. Eppure le solite aspettative fetenti hanno avvelenato una parte di questo periodo. Sicuramente non ho fatto abbastanza per "inseguire" i miei sogni, perché in fondo lo so di essere un'adorabile cazzona, ma le esperienze che ho fatto non sono state all'altezza dei miei sogni e mi hanno lasciato un tocco di amarezza che fatica a scivolare via. Ho lavorato tanto e sodo pensando che un giorno avrei visto spuntare una pianta da ogni seme gettato, come dovrebbe essere. Invece ho solo qualche rametto in più e la fatica fatta mi sembra troppa. 
Mi sento come se avessi perso tempo sognando che so di diventare un'insegnante di pole - o anche solo di riuscire a fare qualcosa lì che mi desse soddisfazioni oltre che lividi. Oppure con la scrittura, dove so di non essere del tutto incapace e di poter almeno raccontare storie, e dove invece mi rendo conto che le mie storie non interessano a quasi nessuno e che in qualche modo "scrivo vecchio" non inseguendo criteri ormai divenuti norma. E così via, tanto da dubitare di avere o meno un talento, uno qualsiasi, pur riconoscendomi parecchie qualità.
Ecco, in questi anni mi sono sentita spesso come ingabbiata - sì, in una gabbia d'oro, ma non basta - in un mondo che non mi poteva rispecchiare abbastanza. Dove il bellissimo ambiente che mi sono creata intorno non era sufficiente per farmi sentire soddisfatta. Di me, forse, ma più che altro della mia vita. Sento di avere un mondo interiore che preme e che fatica a uscire. Sento esplodere la voglia di ridere, di vivere per davvero nel presente senza rifugiarmi in sogni e futuri lontani. 
Perché il tempo non esiste.
Perché il tempo è adesso.
Perché nessuno di noi può sapere quanto ce n'è.
Perché niente deve avere il potere di rubarcelo.
Perché c'è solo il presente e tocca dargli un valore.
Perché è ora di vivere.


Tra poco più di un giorno inizia un nuovo anno. Questo è stato in qualche modo devastante. Ho lasciato tanto dietro di me, volente o nolente. Certe volte è necessario per poter proseguire un viaggio. Non restare ancorati a sé e all'idea di sé. Avere fame.
Se posso farmi un augurio per questo nuovo anno è di ritrovare la curiosità, di uscire dalla comfort zone qualche volta in più e di godere di ogni attimo senza aspettare di avere l'occasione giusta. Senza dipendere dal tempo. Perché di tempo non ce n'è.