7.7.10

Il mio rapporto con i desideri

Ci sono diverse cose nella vita che mi mettono in difficoltà. Alcune sono solo fastidiose e ogni volta mi tocca affrontarle con un certo sforzo. Tra queste i desideri occupano un posto in prima fila.
Sono sempre molto in dubbio su cosa desidero pur essendo una persona che ama sognare e che ha poche e piccole ambizioni.
C'è stata la danza, che mi ha appassionata nel periodo più difficile della mia vita tanto che ho cominciato a pensare che fosse una specie di appiglio per non sprofondare, per non cedere. Non che non la amassi. Era una passione divorante. Ballavo sempre. Mattina, pomeriggio e sera, finché non ero distrutta di fatica e crollavo sul letto senza particolari sogni se non incubi.
L'unica cosa per cui ho lottato, ho sudato, mi sono sacrificata in vita mia. Solo la danza e la folle idea di poter fare solo quello nella vita.
Prima e dopo la parentesi della danza, che ha occupato la mia vita dai 12 ai 22 anni e che ha solo rimandato una bella crisi depressiva risparmiandomi al contempo un'adolescenza allo sbando (perché tutte le regolette per farcela mi hanno impedito di buttarmi in cose ben peggiori dello sport e mi hanno insegnato qualche valore in più) tra amici drogati e annoiati alcolisti da bar di paese che finiscono con lo schiantarsi in auto nella nebbia; prima e dopo la danza, dicevo, niente è stato così importante. Niente.
Tutto il resto per me è stato un sopravvivere lasciandomi trascinare dalla vita dove voleva lei. E, visto come è poi andata con la danza, forse avrei risparmiato energia evitando di buttarmici così.
Niente di materiale, o di tangibile.
Nessun titolo, posizione, riconoscimento
Non il denaro o la proprietà di qualsivoglia bene. Gioielli, vestiti, veicoli, casa. Non mi interessano.
Quando per un certo periodo ho praticato un determinato tipo di buddismo in cui c'era bisogno di obbiettivi ero in difficoltà perenne. Non riuscivo a trovare qualcosa per cui sforzarmi anche solo di pregare. Se lo facevo dovevo scrivermi il desiderio da qualche parte perché nel giro di una settimana avevo già dimenticato tutto. Nemmeno la pace nel mondo, vera utopia nella mia mente, poteva diventare un mio desiderio.
Così, quando più di dieci anni fa Mohammed mi ha legato un braccialettino blu di filo facendo i tre nodi canonici e dicendomi di esprimere un desiderio... è possibile che io l'abbia fatto. Mi sembra anche probabile che in quell'istante il desiderio fosse sincero e magari profondo. Che ne so, un po' di tranquillità interiore (che non ci faticherei più di tanto, ma non mi dispiacerebbe tutto sommato) o qualsiasi altro bene spiritual-interiore, visto che sono le uniche cose che per me valgono qualcosa.
Ieri pomeriggio quel braccialetto si è aperto, dopo oltre dieci anni di docce, di lavaggi, di lavoro, dopo un mese in India cinque anni fa, dopo che altri se n'erano andati senza durare oltre a un mese e senza desiderio espresso (nel frattempo avevo adottato Mohammed che mi riempiva di bracciali ogni volta che mi vedeva, tanto da farmi sentire un albero di Natale).
Si è aperto mentre lavoravo e subito ho sentito il braccio leggero, come se quel braccialetto blu fosse stato il vero peso che mi portavo addosso. Allo stesso polso ne ho altri sette, quindi non avrei nemmeno dovuto accorgermene, invece...
Ieri non è successo nulla di interessante, a parte il rientro a casa del coniuge assente da tre giorni (ma era previsto e comunque non avrei potuto esprimere un desiderio simile quando nemmeno lo conoscevo). Nemmeno nella settimana, per ora. Niente neppure oggi.
Mi scoccia non ricordare quale fosse il benedetto desiderio, perché se quel braccialetto è durato così tanto ci sarà un motivo. Ma nulla, la nebbia.
A tal proposito, cioè parlando di desideri, intorno a me si comincia a chiedere una lista di desideri per il mio compleanno (stessa cosa a Natale) e io non voglio niente, proprio niente che mi si possa regalare. Ho tutto, ho fin troppo, ho più di quel che serve.
E ho sempre quella strana sesazione allo stomaco...

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