8.11.13

Nino

Nino era arrivato in macchina dalla Spagna, senza fermarsi, per vederla ancora una volta. Sentendo l'auto che si fermava davanti al cancello metallico dipinto di verde, mi ero avvicinata e l'avevo aperto. Non ero così sorpresa di vederlo, nonostante fossero passati almeno otto anni dall'ultima volta. Avevo, anzi, pensato a lui giusto qualche giorno prima, domandandomi che fine avesse fatto. Lui e suo figlio. Lui e i nostri progetti.
Nino era sceso dall'auto, scalzo. Indossava pantaloni con i tasconi color sabbia, e una casacca verde militare; la barba da fare sul suo viso a sessant'anni suonati. Aveva ancora il fascino di un tempo, un po' stropicciato e caldo. Come solo un artista può essere.
Era venuto per lei e lei era uscita, quando le ho detto chi c'era. Ma non l'aveva invitato a entrare e anche lui non aveva insistito. Era stanco.
Triste e umiliato, ancora.
A sedici anni, coi miei 50 kg, con gli usurai alle porte e i debiti non miei sulle spalle, non ho chiesto. Non chiedevo mai, all'epoca. Ma avrei dovuto.
Cos'era successo? Che era stato del loro amore? Perché mia madre non è rimasta con lui? Perché non mi ha portata via?
Nino era stato il suo primo amore, ma non era bastato tutto quello che avevano lottato insieme a farli diventare "uno".
Nino era stato importante anche per me. E ho continuato a chiedermi, tardi, perché?
Per ritrovare il sapore di queste parole provate a leggere "La stanza", uno dei racconti gratuiti nella pagina qui accanto...

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