2.12.07

Sadness, part I

Nel buio e nel silenzio.
Le lacrime che scendono senza che io possa fermarle, il grido di dolore che si ferma nel mio stomaco ma che rimbomba nella testa e fa tremare il mio corpo. Questa prigione mi spaventa. Questo non riuscire a sentire la gioia dentro me. Vederla solo nel cielo e tra i rami.
Cercarla negli occhi degli altri. Disperatamente.
Cercarla ogni giorno, sempre.
Non so cos'è questo dolore. Non l'ho mai capito. L'ho dominato, qualche volta. Altre volte ho cercato di dimenticarlo, il più delle volte riuscendo a farlo diventare un sottofondo costante. Un rumore sordo sotto alla melodia della vita, della mia e di quella altrui.
Ho sempre capito la sofferenza, mi basta uno sguardo.
Riesco a leggerla e a sentirla negli occhi degli altri. E vorrei poterla dimenticare, per un attimo. Vorrei ridere e non sentire il peso che mi trascina giù. Cancellare tutto quello che mi ha resa come sono. Troppo sensibile e troppo disarmata.
Ci sono momenti in cui ringrazio di essere ciò che sono, momenti in cui per nulla rinuncerei alla mia disponibilità a soffrire con gli altri, a piangere i lutti altrui. Momenti in cui accetto in pieno la mia natura pur non comprendendo quale sia la mia missione.
Non ho motivo di sentire dolore. E non ho paura di sentirlo, non ne ho da molto tempo. Ma ho paura di me e di poterlo provocare negli altri.
Sono solo stanca. E piango da sola il mio dolore, al buio, senza sapere da dove viene.
Non è l'abbandono, non è per il male subito, non è per la disattenzione di chi ha calpestato i miei pezzi sparsi a terra (e qui cito Vecchioni, lo so). Non è amore non ricevuto. Potrebbe essere amore non dato. L'amore che non mi sono concessa. L'amore che non provo per me stessa e per la mia vita, quello che non sono riuscita a dimostrare per gli altri che mi hanno amata.
L'amore, non è quella l'unica cosa che conta?
Ma se davvero io ho imparato ad amare, perchè questo dolore mi schiaccia ancora?

Nessun commento: