10.1.14

Il mio rapporto conflittuale con la scuola

Lo ammetto, non sono mai stata un'allieva modello.
Certo, ero educata. Non sempre, ma lo ero.
Fin dal primo giorno di asilo, però, io lì non ci volevo stare. Stavo meglio a casa mia, con la nonna, a inventare storie. A raccontarle sogni che lei appuntava su un quaderno (perduto in uno dei millemila traslochi), con tanto di illustrazioni. A imparare a scrivere con la destra anche se ero mancina.
A tenere in mano un pennello e dipingere a olio delle nuvole adulte su paesaggi ovviamente infantili.
Io non ci volevo andare. Semplice. Imparavo tanto anche a casa.
E va bene, l'asilo poi l'ho evitato con qualche capriccio e un paio di morsi ben assestati a vari parenti. Son stati ripagati a ceffoni, ma il risultato l'ho avuto.
In prima elementare ero già dalla psicologa. Non volevo stare con quei cretini dei miei coetanei che, oltre a giocare e a comportarsi da bambini, avevano l'orribile vizio di ridere. E io non lo sopportavo.
Che cosa avessero da ridere non l'ho mai capito. Io trovavo tutto tremendamente serio.
In terza elementare ho capito che quando c'era sciopero non si andava a scuola. Che cosa fosse uno sciopero non lo sapevo, ma la conseguenza mi piaceva assai. Quindi scrivevo finti avvisi di finti scioperi per stare a casa o andare a lavorare a Leumann (borgo che sorge lungo Corso Francia a Torino, poco fuori dai limiti della città ma senza interruzioni di sorta con i comuni confinanti) con mia mamma. A svuotare casse di oggetti che arrivavano dall'India, a sistemarli in magazzino insieme al tuttofare Daniele, a nascondermi negli spazi più assurdi tra una ditta e l'altra sul piano dell'ex fabbrica in cui mamma aveva la sua azienda.
A scuola non ci volevo stare.
Poi ci sono state Giovanna, Cristina e sua sorella Barbara. Allora la scuola era meno una tortura e per un paio d'anni mi sono sentita meglio anche lì. Oddio, non proprio a scuola, ma sapere che c'erano anche loro mi sollevava.
I problemi sono tornati alle medie. Primo: mancati i nonni nel giro di due mesi uno dall'altro, ci eravamo trasferiti a Moncalieri e tutte le persone che conoscevo vivevano a Torino (più o meno dove vivo ora). Secondo: Non volevo andare a scuola in un posto dove non avrei visto le mie amiche. Terzo: non volevo andare a scuola.
Infatti, dopo aver tentato di andare a scuola a Torino, pur vivendo a Moncalieri, nella stessa scuola pubblica dove andavano le mie amiche per quasi sette mesi; alzandomi alle 6 del mattino e portandomi dietro tutti i libri per poter fare i compiti fuori casa, per tornare e avere ancora compiti da fare dopo cena... bene...
dopo tutto ciò mia madre scelse di ritirarmi da scuola e farmi ricominciare a Moncalieri l'anno dopo.
Perfetto. Ma io a scuola non ci volevo andare.
Non era il mio posto. Mai stato.
Mamma, che lo sapeva, mi faceva stare a casa quando proprio non avevo voglia di andare. Perché altrimenti non avrebbe saputo dove trovarmi, perché tanto io non volevo andare in giro a vuoto... io volevo stare a casa. In ogni modo, pur avendo smesso di fare i compiti in prima media, a scuola andavo più che bene.
Solo detestavo andarci. Non volevo stare con le altre (scuola di suore, tutta al femminile), le trovavo stupide e poco interessanti. I libri erano meglio, la musica era meglio, disegnare era meglio, stare in giardino ad arrampicarmi sugli alberi era meglio, qualsiasi cosa. La scuola no.
Pur non facendo un solo compito per tre anni e pur sostenendo un esame ogni anno (scuola di suore, tutta al femminile e non riconosciuta) come privatista... andavo benissimo. Il primo anno era Buono, il secondo Ottimo e il terzo più che Buono o forse Ottimo. Non mi è mai importato.
Quando abbiamo affrontato il dilemma delle superiori io... non volevo andare a scuola.
E infatti non ci sono andata.
Ho studiato quasi sempre da privatista. Poco e male, probabilmente. Ma ho un diploma e avevo una buona media all'università. Sempre detestando la maggior parte delle persone con cui ero costretta a studiare, spesso evitandoli come la peste.
Forse non erano solo i compagni, forse alcuni degli insegnanti non hanno aiutato e di sicuro la mia componente asociale o spiccatamente introversa non è migliorata. Forse sono una persona particolare.
Non lo so.
Ma ogni volta che vedo qualche bimbo che non vuole andare a scuola lo capisco benissimo.
Una cosa terribile...

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