16.8.13

Melia

Allargo le braccia alla luna piena, lasciando per un attimo il mio appiglio.
In questo vagare estivo non sento altro che il motore della vespa perdersi nel nulla che abbiamo attorno. Tra un lampione e l'altro solo buio, non un'anima. Tranne il mais, la melia come la chiamano qui.
C'è quasi ovunque, lungo la strada, a campi alternati. Alta e fitta nei filari stretti. Quando ce la troviamo su entrambi i lati, l'aria si raffredda e torno a stringere il mio corpo contro quello del giovane centauro che mi accompagna. Il calore lo sento emanare attraverso la camicia sottile, così come il ventre asciutto e teso accoglie attorno a sé le mie braccia.
Poi, come a concederci un attimo di tregua, un prato a destra ci ridona calore, con la sua nebbia bassa che sembra uscita da un film dell'orrore. Se fosse questo a spaventarmi e non gli occhi verdi dell'uomo che ho davanti...
Lascio la presa, di poco. Il braccio sinistro resta dov'era, mentre appoggio la destra sul mio ginocchio. Chiudo gli occhi e mi lascio cullare dalle curve di questa strada nel niente. L'odore della terra mi sale alle narici. Dolce e pungente allo stesso tempo. Profumo di buono.
L'aria tra i capelli, le braccia nude, la notte.
E sedici anni, ancora.

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