26.1.08

Si, viaggiare...

A costo di sembrare una fissata, caro alieno, torno a parlare di mezzi pubblici...
La scorsa settimana, dopo averglielo promesso da una vita, sono andata a trovare la mia amica russa in Liguria. Approfittando di internet ho vagliato ogni possibilità concessa dalle ferrovie, non essendo dotata di altro mezzo che i miei piedini numero 36.
Ammetto che la mia amica è andata a vivere in un posto non proprio comodo da raggiungere, ma per amor suo ho deciso di affrontare un viaggio di almeno 4 ore (il diretto) su un nuovo mezzo, ovviamente per te, visitatore.
Io ero abituata, da ragazza, ai viaggi in treno. Ci passavo abitualmente un paio d'ore al giorno. Non che mi dispiaccia nemmeno ora, solo che a lungo andare e invecchiando, trovo meno poesia in quello che vedo intorno a me.
Per raggiungere Porta Nuova, la mia stazione di partenza, ho usato la nuova metro. Non che sia una appassionata del viaggio sotterraneo, di solito preferisco avere cose da guardare mentre mi sposto, però era comoda e a portata di mano...
Il divario tra le nuove stazioni della metro e la vecchia Porta Nuova mi sembrava enorme. Io la amavo quella stazione! Mi piaceva arrivarci, aspettare che il treno partisse, mi piaceva adirittura il sottopassaggio buio e sporco, pieno di personaggi inquietanti e di venditori ambulanti.
Ho deciso, per la prima volta in vita mia, di viaggiare in prima classe. Un po' una stranezza per me che sono abituata a cercare il risparmio anche quando non serve.
Ora, il vagone con la prima classe era datato come il resto del treno. All'esterno la scritta era evidente, un solo piccolo scompartimento in un treno regionale, di sabato mattina.
Entrando ho subito notato che la scritta "prima classe" era fatta a pennarello rosso (indelebile, ovvio) sulla porta. Rotta. Ad ogni frenata o accelerata, la porta si apriva di qua o di là, accompagnando il viaggio con un ondeggiare costante.
I sedili erano comodosi, sporchi a sufficienza come i vetri e i pavimenti. L'aria riscaldata puzzava di polvere antica e scottava i piedi. Dopo aver assicurato il sacchetto col limoncello fatto con le mie manine per la mia amica, ho cercato di sistemarmi per il viaggio.
Tutto bene. La signora davanti a me mi puntava le ginocchia nelle ginocchia, ma io sono paziente. Poi si è addormentata e ho assistito al suo sonno con tanto di filo di bavetta per tutto il tragitto.
Fortuna che esistono i lettori di mp3, così mi son goduta il viaggio tra la neve del cuneese, i dirupi del Tenda e la vista del mare da Ventimiglia in poi. Gallerie permettendo.
Colta da urgente necessità, tipica femminile, mi son dovuta recare in bagno.
Capisco il motivo per cui in treno i bagni si chiamano "ritirata", visto che solo a guardarli da fuori ti viene da scappare, ma la necessità... ahimè...
Rimboccati i pantaloni (che la moda vuole lunghi ma che poco si addicono al pantano), facendo attenzione a non toccare nulla con la borsa, con le mani, con le gambe, con il pensiero... faccio la pipì tentando di non peggiorare la situazione nel locale. E ce la faccio. Ma guarda, mi dico, basta fare attenzione...
Et voilà, il treno arriva a destinazione con un'insolita puntualità, cui ovviamente il fato rimedia col ritardo del marito della mia amica.
Relax (...insomma...) familiare con 2 bimbi bellissimi e finalmente la mia amica, notte veloce e dopo pranzo, la domenica...
Viaggio di ritorno, sempre prima classe, bellissima, semipulita, vuota o quasi (quindi impossibile mollare il bagaglio e scappare alla ritirata) silenzio assurdo, controlli frequenti, mezz'ora di ritardo... E io che avevo un appuntamento e speravo in una doccia rilassante, rigenerante, tonificante...
Approfittando del giorno che passava ho letto più o meno 200 pagine in tutta calma. Ho guardato il paesaggio che cambiava, ho messaggiato col cellulare con altre persone vicine e lontane, ascoltato vecchi album anni 80 perdendomi nei ricordi. Un po' di tempo per me.
Per poi rituffarmi nel caos cittadino e riprendere la corsa.
Insomma, caro alieno, ne ho dedotto che almeno al 50% hai la probabilità di viaggiare bene anche se in ritardo. Continuo ad apprezzare più i mezzi pubblici che quelli privati, nonostante le varie scomodità e la perdita della visione poetica di alcuni aspetti del mondo.
Certo, ci sono orari, i soliti problemi legati allo spostare più persone nello stesso tempo, persone con esigenze diverse, con abitudini e modi differenti tra loro.
Il vantaggio è poter disporre del tempo in cui si è obbligati a far niente. Cosa che mi sembra sempre più un lusso.
Quasi quasi lo rifaccio!

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