5.4.16

#polelove

Sono le nove e un quarto di mattina di un sabato.
Sono dietro a due scaffali con un gruppo di ragazze giovani e carine che mi chiedono se ho i piedi puliti. Truccata e pettinata, con addosso un costume coperto di paillettes.
Tra le mille cose che mi vengono in mente, una è una domanda interessante: "Ho quarantasei anni, che diavolo sto facendo qui?"
La mia prima gara di pole dance.
Tra le decine di cose che non hanno funzionato in questa avventura c'è anche il fatto che mi tocca aprire il contest, prima di circa duecento atlete/i, con tutta l'agitazione del caso e con il problema dei "pali freddi" (una cosa tecnica che non sto a spiegare, provateci voi a stare appesi per un'ascella su un palo di metallo verniciato, di prima mattina e con l'ansia crescente).
Poi ci penso e mi dico che non mi importa. Sono lì, tocca a me, non tutti lo fanno alla mia età e invece io ci sono.
Da quando ho deciso di iscrivermi è successo di tutto. Problemi a spalla destra e schiena, stimmate sui piedi, escoriazioni e lividi ovunque, giorni aggiuntivi di prove e allenamento, costume che non va mai bene, il panico dei pali più piccoli di quelli a cui sono abituata. Poco tempo per cucire le paillettes sul costume, l'idea dei petali che mi convince solo in parte, figure che normalmente mi vengono bene che cominciano a non venire più nemmeno per sbaglio. La musica della coreografia perennemente in cuffia, aggiusto i passaggi a mente giorno dopo giorno senza mai provare il pezzo intero. Tanto che quando finalmente mi sembra a posto - mentalmente - provo a farlo e muoio puntualmente a metà pezzo. Altri cambiamenti, zero tempo, prove tentate e sempre fallite. E la contrattura del polpaccio destro, una settimana prima della gara. In alcune posizioni fa talmente male che temo di non farcela, così non provo più. Se devo farmi male lo farò sul palco, poi magari mi fermo.
E adesso sono qui, in attesa di entrare. So cosa vuol dire, dopo tanti anni di danza sono sicura che durerà un attimo. Che finirò e mi chiederò "ma è già finito?" e ricorderò frazioni dell'esibizione da un punto di vista che non è propriamente in soggettiva. 
Poi il silenzio, so che tocca a me. Esco, vado al palo su cui devo iniziare e mi preparo. Poi tutto scorre e mi trovo ad avere finito. Esco, salgo negli spogliatoi, mi metto la tuta e le scarpe e esco. Ho bisogno di smaltire.
Quando torno entro in un clima differente. Al di fuori della mia esibizione, che a questo punto è andata, mi rendo conto di quanto è bella questa cosa. Tanta gente che assiste, tante atlete che si incontrano, si riconoscono, si incoraggiano e aiutano, si stimolano. E non è scontato, non è così ovunque. Talmente bello che tornare a casa è quasi la fine di un sogno. Una pausa in cui succede di tutto, le piccole under 13 che zompano da un palo all'altro con un'agilità che io non avrò mai che coabitano nella stessa sala con un ragazzone di due metri con stivali tacco 20 numero 43. E non ci vedono niente di strano, come me. Un paese delle meraviglie che unisce persone che arrivano da mille posti diversi, che hanno storie tutte diverse da raccontare, esperienze di ogni tipo, diverse formazioni e interessi. Cicatrici e segni sulla pelle che condividono con te.
Quindi, alla fine, non importa nemmeno sapere come mi sono piazzata. Già è una vittoria esserci arrivata fin lì. Già è una soddisfazione la girandola di emozioni provate nel guardare tutti i miei simili fare la loro performance e uscire sorridendo, o piangendo, qualcuno sanguinando. E ridere e piangere con loro, dalla platea, osservando i volti dei giudici al termine di ogni pezzo per indovinare di chi sarà il podio.
E gridare come impazzita per la vittoria di Maria e per il terzo posto di Zeynep, compagne di viaggio e di squadra insieme a Stella. E rientrare, con Federico alla guida, cercando di trovare le canzoni adatte per accompagnarci nella notte fino a destinazione, sognando già la prossima occasione.
Grazie, a questo mondo meraviglioso e a chi ha organizzato il tutto riunendo una grande famiglia bizzarra e colorata, con ciglia finte e paillettes, con tacchi vertiginosi o a piedi nudi.
Grazie, Pole Position, ci vediamo l'anno prossimo.

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