15.7.09

Due cuori, una capanna e il mio senso tragico

Della mia infanzia alcune cose le ricordo meglio di altre.
Soprattutto di quando stavo con la mia nonna MT. Delle nostre chiacchierate, dei suoi disegni sul mio quaderno dei sogni, dei programmi che potevo vedere (e di quelli che vedevo nascosta sotto alla madia in salotto, la sera) e dei libri che mi ha fatto conoscere.
Uno sceneggiato di moltissimi anni fa, che ha condizionato parte del mio sentire un po' tragico, Paul e Virginie. La storia, tratta da un libro di Bernardin de Saint Pierre del 1788, è quella di una coppia di giovani che nascono in Madagascar da madri francesi. Donne sole, per un motivo o per l'altro, che fanno crescere i due in libertà tra le spiagge e l'educazione cattolica delle piccole comunità missionarie. I ragazzi crescono, sono molto legati. Finché la nobile Virginie de la Tour viene spedita in Francia per ricevere la giusta educazione dalle suore. Qui imparerà tutto quello che la nostra civiltà comporta e, una volta imbarcata per tornare dal suo amato Paul (un amore mai consumato, in realtà, ma molto intenso), durante il naufragio della sua nave si rifiuta di svestirsi per essere portata in salvo a nuoto da un marinaio e muore.
Aldilà del fatto che trovo idiota il rifiuto di esser tratta in salvo per motivi di pudore, devo ammettere che quella storia ha destato in me un interesse particolare, all'epoca. E in qualche modo ha influenzato la mia visione dell'amore, della libertà, della morale fine a se stessa.
Il mio senso tragico deve molto a questo sceneggiato, così come a Radici e al libro che ha ispirato "Laguna blu", che ho letto credo il primo anno alle medie. O "Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino", letto in una notte invernale sempre in quel periodo.
Quello che di Paul e Virginie che mi è rimasto credo sia legato alla completa libertà di cui godevano sull'isola, libertà di costumi e di movimento senza che ciò comportasse qualcosa di moralmente inaccettabile. La invidio un po' quella libertà, io che mal sopporto ogni costrizione e ogni tipo di morale comune. Io che di fondo mi sento legata e imprigionata in una società che non amo particolarmente e che mi rispecchia sempre meno.
Mi è rimasto il delicato sentimento d'amore dei due, la crudeltà del destino che li ha separati e la mancanza di senso critico che ha impedito a lei di salvarsi. L'accettazione delle nuove regole senza un minimo di giudizio, senza domande, senza logica.
Mi spaventa la mancanza di logica (che io sia Vulcaniana, sotto sotto?), la necessità di regole che valgano sempre e per tutti nonostante tutto.
Questo, più che altro, sviluppa il mio senso tragico. Senza il dubbio non c'è posto per altro che per la tragedia. Senza le domande e senza quel minimo di assunzione di responsabilità siamo perduti...

2 commenti:

Antonio from Italy ha detto...

Mi hai fatto ricordare il titolo di quel telefilm. Lo ricordo, mamma mia che sensazione :-)))

PaolaClara ha detto...

Trovo bello essere utile, ogni tanto...
;)