23.9.14

Come non ho iniziato a danzare


Stavo guardando la televisione, ai tempi di via Peyron.
I pattinatori scivolavano sul ghiaccio con i loro costumi impreziositi di paillettes e trasparenze sublimi che svolazzavano pieni d'aria. Era quello che volevo dalla vita: scivolare leggera e vedere i vestiti volare.
Ché io, leggera, non lo ero. Di dentro, più che di fuori.
Ma a quel tempo le scuole di pattinaggio non erano tante e nemmeno alla portata di una donna sola che lavorava per mantenersi con la figlia seienne. C'era la danza, quella classica, che mi avrebbe anche fatta entrare in un ambiente consono alla mia "provenienza". E c'era la scuola. Quella seria, col pianista.
Quella a cui mamma mi ha iscritta. Tutto il mio abbigliamento rosa confetto, meglio noto come rosa Porselli in quanto tonalità che da sola definisce la danza.
E io avevo paura di andare, perché non ho mai socializzato bene e perché quel rigore mi disturbava. La donna col bastone, quella di cui parla anche "Contraddanza" di Chiara Simonetti, quelle bimbe tutte uguali, la classe cupa, sbarra e specchi... Non mi faceva sentire bene, ma per mia madre l'avrei superata quella paura. Con lei accanto, o per farle un piacere. Ancora non lo so.
Ma il primo giorno ad accompagnarmi era mio padre e non sono entrata.
Non ci sono riuscita. Non per paura, non credo.
Io volevo farlo con mia madre, non con lui, quel passo. Come altre volte ho voluto fare o fare da sola.
Perché a volte è importante quello che fai, altre volte è importante come lo fai, altre ancora chi hai o vuoi con te mentre lo fai. Ci sono prove per cui non c'è la compagnia giusta, prove per cui se non c'è esattamente la persona di cui abbiamo bisogno siamo sicuri di non farcela; prove per cui occorre andare soli, anche.
Ci sono mostri a forma di signora col bastone a cui occorre fare una pernacchia.
Ci sono tanti momenti nella vita in cui la persona giusta a fianco aiuta a spernacchiare meglio.
E c'è il mio carattere di cacca. Il mio rivalermi contro il mondo anche quando questo significa togliere a me stessa delle possibilità. Per principio, anche, che è una cosa stupida.
Volevo il mio feticcio, il mio acchiappasogni, e non sono andata a fare una cosa per cui anni dopo ho dovuto sputare sangue a imparare, tardi.
Ma ho la testa che ho, e non è cambiata di molto.

1 commento:

monicabionda ha detto...

uh... leggo ora.
e sì, certe volte alcuni passi richiedono una presenza precisa a fianco, per farli.
Quando sei grande, alla fine, impari a fare le cose che senti di dover fare, che ci siano o meno le presenze che vorresti al tuo fianco.
I passi che non riusciamo a fare ... beh, li faremo domani.
Abbracci