9.11.25

Visioni

 Sono passati mesi.

Ho avuto il mio da fare, ovvio. Nonostante io detesti i cambiamenti sapevo che era arrivato il momento, soprattutto di stare bene. Così da giugno me o sono ripetuto spesso, che ora potevo stare bene. Che ogni tanto me lo devo dire da sola perché non è mai stata una cosa automatica.

E ho pensato spesso alle mie storie perché non avevo tempo per scrivere, e ogni volta che ne avevo un briciolo di voglia - e so che non è stata una cosa frequente negli ultimi anni - me le raccontavo da capo e mi dicevo che tutto sommato non erano così orrende e magari valeva la pena di riprenderle in mano anche solo per finirle in modo soddisfacente. Non ho mai pensato di ricominciare a cercare un editore o a fare seriamente la cosa, solo mettermi lì e dare loro la forma giusta. Esserne felice io, anche se conoscendomi immagino sarà cosa assai ardua.

Poi ho pensato a "Nuovi Soli", perché ne avevo bisogno, di un punto di vista diverso da quello dei miei anni passati. Anche solo di un panorama che non mi costringesse a ballare tra una griglia e un balcone troppo stretto. Avevo bisogno di un nuovo nido in cui smettere di pensare "le cose vecchie" e trovare il mio equilibrio in un posto in cui non c'erano ricordi e fantasmi. E pensando ai personaggi di "Nuovi Soli" mi è capitato di trovare analogie tra la storia che ho scritto mille volte e la mia vita.

Così, mentre lavoravo per trasferirmi in una casa piena di mobili bianchi mi è tornato in mente che in un'altra delle mie storie la protagonista vive per un periodo in una casa il cui arredamento è completamente bianco, poi ad altre delle mie storie - escludendo le note autobiografiche - per concludere che in molte di esse ci sono elementi che mi si sono presentati nella realtà molto tempo dopo l'idea del romanzo. Che poi l'idea del romanzo per me è sempre partita da una sorta di visione, un'immagine o una scena che improvvisamente mi invadeva la mente e da cui partivo con la fase creativa.

Non è che le storie che ci inventiamo sono in realtà visioni di un futuro che può accadere e su cui ricamiamo sopra altro perché non le capiamo? Se fossimo effettivamente in grado di prevedere parte del nostro futuro ma non abbastanza "connessi" da riconoscerne le immagini? Se fosse tutto leggibile?

Boh?

3.6.25

Come sempre

 Come sempre mi sono persa, mi sono rinchiusa nelle mie piccole ossessioni perché non avevo voglia - e ancora ne ho poca - di condividere e di raccontare di nuovo quello che mi passa per la testa.

In questi anni, diciamo gli ultimi due, ho perso pezzetti di vita e ancora ne sto perdendo. Persone care e non - ma in qualche modo legate a me - sia per una fisiologica disconnessione che per un fatto di generazione. Una volta c'erano gli amici che si sposavano, poi i battesimi, le cresime e i primi acciacchi, poi le persone, come è normale che sia, hanno iniziato a morire intorno a me. Capita a tutti, lo so. Non mi stupisce. 

Quel che mi fa strano è che io non trovi le parole. Per consolare, per sostenere, per dimostrare amicizia. E senza parole sono ancora più persa, io che ci giocavo a lungo, perché mi sento inutile e un po' vigliacca. Perché capisco qual è il viaggio e non so come salutare chi sta partendo, con dolore o rabbia, o entrambe le cose, e paura, e domande cui non esiste risposta. 

Cosa posso dire io a chi oggi sa di aver finito il tempo? Io che da anni continuo a ripetere che non ne abbiamo poi così tanto e che ogni giorno, ogni maledetto istante che perdiamo dietro a corse inutili e discussioni, e sogni lontani, e fatiche costanti che non portano mai a nulla; ogni istante che perdiamo è uno spreco immenso. 

Cosa posso dire io a qualcuno che si sente scivolare altrove senza sapere dove sta andando e con l'angoscia di non poter restare più a lungo con le persone che ama? Cosa posso dire che non suoni come stupida retorica o un ancor più insensato ottimismo, o una falsa speranza? Cosa posso dire, o fare, quando non ho nemmeno le parole per descrivere quello che sento? 

Sto perdendo un amico. Lo so dal primo ricovero e dal primo ricovero non ho più potuto vederlo perché mi sento inadeguata e perché di certo non ha bisogno di vedere proprio me, perché non sono nessuno. Perché il suo tempo è più importante di me. Perché io son fatta di parole ma le parole le ho perse tutte. 

Mi mancherà. No, non ci vedevamo spesso e non era di quelle persone che sentivo regolarmente ma quando capitava lui sapeva di me e io di lui e si stava bene. E ci si beveva una birra da qualche parte e ci si prendeva in giro per la passione per la scrittura o per "quella volta che..." e quel "ti ricordi quando?"

Mi mancherà per i suoi messaggi criptici e le sue foto sciocche, e per quelle belle. E per i sorrisi che sa regalare alla nostra amica e per i casini e per tutte le volte che ha abbozzato quando qualcuno alzava la voce. Per la pigrizia e per la forza con cui ha cresciuto i suoi ragazzi finora, portandoli ovunque e curandoli sempre. Per la mitezza forzata, per un fegato che ha assorbito tanto e forse troppo nervoso senza un'esplosione di rabbia, senza una reazione violenta nemmeno quando forse meritava. Per il suo tirare avanti un po' come il nostro comune tirare avanti, pensando che poi, appena sarà possibile...

Mi mancherà per il suo impegno, bizzarro e tardivo. Mi mancherà per tutte le volte che poi alla fine non siamo riusciti a combinare perché ognuno rincorreva la propria vita e ora è tardi. Mi mancherà per tutto il tempo che non abbiamo avuto da dedicarci perché non c'è tempo per tutto. Perché ce lo rubano, perché lo perdiamo, perché alla fine siamo un pochino tutti alla mercé di una vita che non abbiamo potuto scegliere completamente e che cerchiamo di vivere meglio che possiamo.

Mi mancherà perché gli voglio bene. Profondamente e "comunquemente", nonostante tutto.

Può darsi, credo, che ci vedremo di là ovunque sia e in qualsiasi momento sarà. Ma ci sentiremo a lungo, nonostante il cambio di dimensione e di forma, come se fossimo sempre vicini.