13.9.20

Lo so

 Un po' come fossi uscita da me stessa, ultimamente non ho aggiornato il blog, né le pagine Facebook, né altro.

Ne avevo bisogno, ne ho bisogno.

Davvero il 2020 è un anno strano, altro che il 2018 - che definivo "l'anno che non c'è" - e speriamo che porti qualche frutto. Sì, la pubblicazione de "Il gioco dei vampiri" mi ha dato un po' di soddisfazioni, nonostante sia un lavoro complesso. Non so dire quanto ancora andrà avanti (sempre con il mio modo di non farmi pubblicità), ma sono d'accordo con una mia amica- lettrice quando dice che è il romanzo più "maturo" che ho scritto - o pubblicato finora.

"Il gioco dei vampiri" è stato scritto volutamente un sopra le righe. Visto che non intendevo pubblicarlo ho pensato di evitare qualsiasi filtro alle immagini che avevo in mente. Perché poi è una cosa che dovrei fare sempre, invece di preoccuparmi di piacere a chi legge (ovvio che poi sarebbe meglio se piacesse, ché altrimenti sarebbe puro esercizio). Le reazioni sono state varie (dal "sono arrossita leggendo" al "Ferrero tu sei pazza", al "è più pornografico che erotico" fino al paragone con un altro lavoro disturbante qual è "Eyes wide shut") e di sicuro molte delle persone che lo hanno letto non ne faranno una recensione sulle piattaforme web. In realtà l'ho scritto senza pensare a cosa stavo scrivendo, ho solo seguito le idee nei tempi morti (in pausa pranzo al lavoro, per esempio) e quando avevo voglia di distrarmi. Non avevo idea di cosa stessi scrivendo, di cosa sarebbe stato il lavoro finito; l'ho capito rileggendolo per eliminare gli errori (e scrivendone una parte col tablet non vi dico cosa non ho trovato grazie al T9) e mi è piaciuto quello che ci ho trovato. Un viaggio iniziatico, quasi tantrico, in cui l'immersione graduale e non sempre "volontaria" nel proprio inconscio fatta da Wendy diventa un viaggio alla scoperta di sé e della propria natura, cui arrendersi non senza dolore o fatica.

In un certo senso, anche se non esattamente quello di cui racconta il romanzo, pure io sto facendo un viaggio simile. La mia vita è cambiata molto negli ultimi anni. Ho fatto progressi, ho fatto passi indietro, ho preso decisioni, ho fatto errori e scoperte e in qualche modo sono soddisfatta di me anche se non tutto è come immaginavo. 

Sto assolvendo al mio compito di mamma di cane terminale e ciò implica un nuovo addio e vecchi ricordi, risveglia parti di me che erano sopite e mi fa porre domande su cosa sarò dopo. No, non è il primo cane che devo salutare, non il primo animale che lascio. Cali però è diversa, lo è sempre stata, e vivere senza di lei sarà più difficile comunque. 

Sto imparando a convivere con il mio corpo che invecchia - faccio fatica, ovviamente, ad accettarlo - e con le cose che non riesco più a fare senza uno sforzo immane. Sto cercando ancora un nuovo equilibrio in cui la spinta creativa non cozzi così prepotentemente con la vita da distruggerla. Il fatto è che ogni volta cambia, che se soffoco una delle due pulsioni blocco immediatamente l'altra e mi ritrovo ferma; viva ma ferma. Tranquilla, ma non soddisfatta. E avrei voglia di scrivere, di dipingere, di ballare eppure in questo momento non ci riesco perché ho paura di "rompermi". In me tutto esplode, sempre, solo che sono stanca di raccattare i miei stessi pezzi ogni volta e rimetterli assieme per poi esplodere di nuovo. 

Una volta il mio monaco (ne ho uno pure io, come Wendy, ma terribilmente umano) mi ha detto che devo cercare di non fermare questo vento, anche se è difficile imparare a controllarlo. Ed è vero: se lo lascio andare distrugge soltanto pur di fare la sua strada, ma non sempre ho la capacità di convogliare tutta la sua forza verso una sola direzione. Sono tempesta. 

Sono quattro e non ho ancora imparato a essere uno.

 

Nessun commento: