27.9.20

Inadeguatezza

Ho smesso di ballare, anni fa, perché all'improvviso mi sono sentita inadeguata. 

Non era questione di esserlo davvero o di quel che pensavano gli altri: di colpo lo ero. O mi ci sentivo, o comunque ho pensato che tutti quelli che mi avevano detto che non ce l'avrei mai fatta - e che io ho impiegato ogni energia a contraddire - di colpo avessero ragione. Probabilmente non l'avevano, perché dall'altra parte avevo diverse persone che mi dicevano il contrario, ma non è mai quello che pensano gli altri a fare la differenza. È solo che in un attimo è cambiato tutto, dentro di me.

Le motivazioni sono molteplici. Da una parte sicuramente è un problema di insicurezza che per un periodo è sparita sotto il controllo dell'adolescente incazzata che ero, tutta tesa a dar battaglia a un mondo che vedevo nemico e ingiusto. Quella ragazza decisa è sparita di colpo dopo un'esperienza disgustosa, rendendosi conto di non avere una corazza abbastanza dura, di non avere il controllo su niente, di non avere la natura di un caterpillar. Nel turbinio di pensieri confusi del momento, l'idea di non meritare il mio stesso sogno e anzi di meritarmi una punizione per aver osato tanto ha preso il sopravvento.

C'è anche il rapporto complicato con il corpo e con l'immagine che arriva dallo specchio. Facile sognare, ma ciò che poi ci torna rivedendoci è altra cosa. Ho sempre pensato al mio corpo come a una presenza ostile, un peso inutile, una zavorra che mi impediva di "volare". Questo anche quando non avevo problemi di peso o di cellulite. Il primo amore della mia vita - decisamente platonico - è stato il pattinaggio artistico su ghiaccio. Amavo la leggerezza che traspariva da quei movimenti, i costumi sospesi nell'aria e il vento tra i capelli... So che in realtà, come ogni cosa, pattinare, saltare e volare implicano uno sforzo muscolare non indifferente ma da bambina ero estasiata dall'idea di non avere un peso, di non avere limiti fisici o qualcosa che mi tenesse al suolo. Ecco, nella mia ansia di leggerezza il corpo è sempre stato un altro nemico e come tale mi si è spesso rivoltato contro. Le mie oscillazioni costanti, l'incapacità di gestire emozioni in modo consapevole, il desiderio - perché no - di farmi male. Ricordarmi che non mi piaccio, ogni tanto, fa parte del mio modo perverso di punire la mia imperfezione. Non mi sono mai concessa un errore e tutti quelli che ho fatto - non importa se per colpa mia o di altri - o che ho considerato tali, io li ho sempre pagati per auto-tassazione.

Allora sì, ho smesso di ballare perché ho commesso un errore e di colpo mi sono ricordata di quanto non fossi meritevole, di quanto avessero ragione i miei detrattori, di quanto fossero illusi o interessati i miei "fan" e di quanto fossi stupida e sporca. Inadeguata ai miei sogni.

Poi sono cresciuta.

Qualche anno fa ho incontrato la pole dance. Immagino che se qualcuno di voi mi segue da un po' già lo sappia. Sei anni, per la precisione. Anni in cui ho ripreso a lavorare "sul" corpo. Non solo per una questione di allenamento o di sex appeal, era una cosa più profonda che andava a toccare giù giù il punto esatto da cui partono le insicurezze. Capire, osservare il proprio corpo mentre esegue figure, mentre balla, un lavoro allo specchio e con altre donne, tutte diverse per fisico, età, capacità atletiche e artistiche. Dopo un paio d'anni stavo da dio. Davvero. Lezioni, saggi, esibizioni, gare... Una cosa che alcuni non avrebbero mai pensato e pur non essendo particolarmente magra o "figa", senza problemi.

È stata una palestra importante per l'autostima e, come per la danza, una vera a propria passione. Quasi una droga. Mi è servita in un momento di decisioni difficili, in un momento di crisi personale, lavorativa e in un certo senso esistenziale. Mi è servita molto, perché ha occupato i miei pensieri e il mio corpo mentre io "andavo avanti" e crescevo una nuova versione di me. In questa versione di me ho capito che non sono una nullità, che sono in grado di fare cose che non pensavo e che nonostante tutto - il mondo continua a non essere un gran posto, le delusioni esistono, gli ideali non salvano dall'avvento della realtà, niente è separato e niente è eterno così com'è - sono contenta di me. Lo sono.

Ma ancora una volta è successo qualcosa e io sono quasi tre anni che cerco l'errore. Improvvisamente, in questo mio nuovo e più adulto percorso, mi sono sentita inadeguata. 

Ero nella sala superiore del Female Arts Studio a Modena, a prepararmi per la mia ennesima gara. Una gara di exotic a cui si partecipa con selezione e a cui l'anno prima non avevo avuto accesso. Ero lì con una bella coreografia della mia insegnante Natalya Ryzhikh che mi aveva già fatto ottenere un settimo posto tra gli amatori in un'altra gara internazionale (Exotic Moon, una garanzia), quindi non particolarmente in ansia per l'esibizione. Chi mi conosce sa che non sono animale da competizione, di solito mi accontento di fare il mio pezzo al meglio e va come va. Ero pronta col mio costume, truccata e in fase di riscaldamento. Sola - in mezzo alle altre millemila concorrenti - con le mie borse e la valigia accanto. Ho alzato gli occhi allo specchio e in quel preciso momento ecco che è tornato il mio demone. Mi sono vista e mi sono sentita fuori luogo, sbagliata, quasi ridicola. Non perché più in carne di altre, non perché più vecchia o peggio truccata o che ne so. Chi frequenta le gare di exotic lo sa che è tanto spettacolo e che c'è di tutto un po', e soprattutto lì niente sembra eccessivo. Quindi, oltre al fatto che nessuno mi ha detto o fatto nulla che potesse farmi sentire così, non avevo nessun motivo per sentirmi in quel modo. Ma mi ci sono sentita. È stato un attimo, eh. Scacciato via il pensiero ho fatto tutto quello che dovevo ma una volta tornata alla mia vita normale la sensazione è rimasta. Fuori luogo, sbagliata, quasi ridicola. Poi ho iniziato a non guardare lo specchio, poi a non riprendere più le prove, poi a non gareggiare e non esibirmi, poi a sentirmi incapace di muovere anche solo un passo nel modo giusto. Non è reale, lo so. È tutto nella mia testa, ma mi sta bloccando e il desiderio di smettere ogni cosa si fa sentire. Come allora.

Solo che stavolta la conosco, la bestia. Sì, sto cercando di capire cosa abbia scatenato di nuovo questo meccanismo. Perché nel frattempo ho preso dieci chili, ho avuto una tendinite, ho mal di schiena, il soffio al cuore e avendo sospeso per infortunio ora al palo sono una ciofeca come avessi appena iniziato. E la tentazione di mollare è costante; la rabbia, il dolore, la sensazione di aver sbagliato tutto e ancora sbagliare... Può essere iniscurezza, in fondo ora sono una cinquantenne in un mondo di ventenni, può essere depressione, può essere un milione di cose ma non voglio smettere anche questa cosa. Perché smettere di ballare mi ha uccisa già una volta e non voglio morire più. Ci ho messo una vita a capire cosa era successo allora e ci ho messo tanto per riprendermi, ho elaborato e accettato ciò che ho vissuto. Sono cambiata, mi sento diversa, non ho più la rabbia di quei giorni e nemmeno la voglia di farmi male, ma ho bisogno di capire perché non voglio perdere un'altra vita nel rimettere insieme i pezzi. 

Vorrei smettere questa inutile battaglia con la mia inadeguatezza, perché è tempo sprecato. Perché nessuno di noi è inadeguato solo che è facile sentircisi. Abbiamo modelli sotto il naso tutti i giorni cui dovremmo adeguarci per sentirci "vincenti" ma poi, anche quando abbiamo vent'anni e pesiamo 48 kg e niente potrebbe fermarci, in realtà cerchiamo una perfezione che non esiste, un corpo che non esiste, una bravura che magari non è la nostra. Possibile che non riusciamo a essere semplicemente ciò che siamo senza tutte queste idee assurde nella testa? Io non lo so, voi ci riuscite?

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