23.10.16

On sex - Singolare femminile 5

Un mio contatto Facebook ha iniziato ieri una discussione letteraria.
Da che mondo è mondo, noi eterni aspiranti scrittori ci domandiamo cose per cui non esistono risposte, la più frequente delle quali risulta essere "perché tizio sì e io no?"; domanda che può avere miliardi di risposte - tutte abbastanza seccanti - di cui tutte e nessuna esaustive.
Toccava spesso a Fabio Volo, spesso a Moccia, soprattutto quando uscivano i nuovi libri e c'erano le code nelle librerie. Ce lo si domanda per astrologi e chef, per sportivi ventenni che pubblicano autobiografie, ce lo si domanda spesso per chiunque abbia un pelo di fortuna più di noi.
Che passiamo mesi in attesa di risposte e alla ricerca di un contatto che ci dia speranza.


Ce lo si chiede tanto, ultimamente, riguardo all'esplosione di fenomeni quali la trilogia delle sfumature, riproposte in tutte le salse in ogni angolo del globo, con versioni italiane - sempre trilogie - con tentativi di imitazione inutili e "dannosi". Ce lo si chiede perché, in un'epoca in cui tutto dovrebbe già essere sdoganato da tempo, il sesso - soprattutto quello delle donne - ancora desta clamore, divisioni, sdegno, riprovazione e quant'altro.
Che non sia mai. A noi donne il sesso non piace, lo facciamo per dovere e per compiacere l'uomo... Come no. Cioè, forse qualcuna lo fa per questo, ma sarebbe ora di finirla.

Il "perché" del mio contatto Facebook, autrice e donna, riguardava Melissa P.
Essendo una questione letteraria, il mio intervento a riguardo si è limitato a quegli aspetti che a volte possono determinare il successo di un libro-autore-personaggio-filone. O a volte no, ma non essendoci una ricetta precisa ho espresso le mie supposizioni, facendo scattare comunque un susseguirsi di pensieri. C'è il fatto che Melissa P. era una ragazzina, ai tempi di "Cento colpi di spazzola...": bella, pulita, giovane e insieme capace di scrivere certe sconcezze. Il personaggio che contrasta visibilmente con il libro che presenta. Il personaggio, appunto. Il valore letterario dell'operazione è da tutti giudicato inconsistente. Dal mio punto di vista non è un romanzo erotico (non mi stimola alcuna curiosità o desiderio, non smuove un ormone) anche se posso capire che dal punto di vista del lettore maschio possa essere differente. Non mi scandalizza. Non lo faceva quando è uscito e oggi ancor di meno. Gli adolescenti sperimentano. Succede da sempre, succede a tanti, succede con maggiore o minore morbosità, ma succede. Inutile gridare allo scandalo perché l'autrice era tanto giovane. Ovvio che trovandosi un personaggio così e una storia che poteva turbare, mezza campagna pubblicitaria era fatta. Il fatto che poi la stessa autrice abbia pubblicato e pubblichi ancora (sulle vendite effettive non c'è mai certezza, ma la presenza in libreria c'è), che collabori con riviste e televisione è stata una sua buona capacità di inserirsi in un ambiente tutto sommato chiuso, tanto da sopravvivere e crearsi un nome. Buon per lei, che tra l'altro sembra pure simpatica.

Ora, le altre riflessioni...
Ha destato tanto scalpore, certo. Una ragazzina non dovrebbe conoscere quelle cose. Non dovrebbe parlarne con tanta libertà (e con troppo distacco, come fosse una donna navigata che non ha fatto altro tutta la vita) e in modo così crudo. Una ragazzina dovrebbe fare sesso con amore e per amore, provare sentimenti quasi eterni per La persona con cui lo fa. Ma siamo sicuri? Non è quello che ci piace raccontarci per sentirci bene? Per non sentirci sporche quando abbiamo un desiderio? Per rassicurare i possibili partner?
E chi ci fa sentire sporche? Chiunque ci giudichi. Quindi i partner, le amiche, i conoscenti, gli sconosciuti, il branco, la comunità. Che sono poi le stesse persone che ci offrono una ricarica telefonica per una foto di tette, o quelle che ci palpano il sedere in autobus pensando sia roba loro, o quelle che scrivono il nostro numero di telefono nei bagni pubblici, quelle che pubblicano on line i nostri video intimi, quelle che riprendono il nostro stupro. Sono quelle persone per cui noi finiamo per soffocare ogni istinto di vita. Quelle che "te la sei cercata".



Quelle che se ci stai sei troia e se non ci stai sei troia lo stesso.
Affidiamo il compito di vegliare sulla nostra immagine a queste persone. E non sempre sono maschi. A giudicare una donna sono più brave le donne stesse. Per quale motivo, tra invidia della libertà altrui e senso di inadeguatezza, tra ignoranza e sottomissione - reale - alle leggi dell'uomo.
E pensare che una volta eravamo "la Dea". Noi, creatrici, in ogni senso. Noi oggi incapaci di solidarizzare con le nostre simili e sempre più pronte a giudicarle e a educare a giudicarle.
Incapaci di lasciarci andare al nostro lato naturale e selvaggio per dei limiti che alla fine ci siamo auto imposte. Per cosa? Insicurezza? Paura?
E chi lo dice che a fare sesso non si provino sentimenti? E chi lo dice che il corpo e la mente sono due cose separate? E chi lo dice che a voler seguire i propri istinti - nel rispetto assoluto dell'altro e con consapevolezza - si sbagli qualcosa?
Rispetto e consapevolezza.

C'è qualcosa di male nel riprendersi con una videocamera? La cosa squallida è usare quei filmati per danneggiare qualcuno, non girarli e rivederseli a piacimento.
Qualcosa di male a sperimentare cose e posizioni? No, se si desidera farlo e non lo si fa solo per compiacere qualcuno.
Qualcosa di male nell'assumere un ruolo in un gioco sessuale? No, se è ben chiaro che quel ruolo fa parte di un gioco le cui regole sono scritte da chi gioca. Che possono essere discusse e cambiate nel momento in cui una persona coinvolta lo desideri. Che non c'è niente di male nel dire "sei mia" se con questo non si intende il possesso dell'altra persona vista come oggetto. Che non è l'essere sottomesse in qualcosa di piacevole che ci disgusta, ma il doverlo essere nella vita, relegate a un ruolo che ci è stato assegnato d'ufficio alla nascita insieme al fiocco rosa.

C'è che quando si parla di donne e sesso c'è sempre un doppio registro, un pregiudizio latente e una condanna se qualcuna di noi esce dai canoni. Condanna che siamo noi stesse ad autorizzare perché non siamo chiare nemmeno con noi stesse su cosa ci piace e cosa vogliamo. Se continuiamo a vedere ogni altra donna come una rivale, ogni uomo come l'unica realizzazione della nostra vita. Il principe azzurro sta solo nelle favole, per nostra fortuna.
I nostri panni potrebbero essere assai più comodi se cominciassimo a liberarci di paure stupide e se riuscissimo a farci rispettare ogni giorno per qualsiasi parte di noi.

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