11.7.16

Non gioco più, me ne vado... (e mi porto via il pallone)

Tutte le volte che sento parlare del blocco dello scrittore mi spunta un sorriso, non credo mi sia mai successo. Sì, ovviamente ho avuto momenti in cui non avevo ben chiaro come procedere con un progetto ma ce n'era sempre un altro con cui andare avanti e troppe idee, a volte tante da non sapere da dove iniziare. Ho sempre amato scrivere, ho sempre scritto, da quando ho preso la prima penna in mano.
Amo raccontare storie, come amo leggerne. Amo inventarne, amo osservarle nel quotidiano e ripetermele come una bimba prima della nanna. Le storie che ho in mente spesso mi possiedono, mi perseguitano giorno e notte, ossessione di immagini che si ripetono nella mente e che di volta in volta si perfezionano. Tanto che quando scrivevo, perché non scrivo ogni giorno, venivano giù da sole.
Un tempo, almeno.
immagine presa dal web

Da quando ho pubblicato è cambiato tutto. Lentamente, fino a non farmi più felice. Fino a farmi decidere di smettere, se non mi ritrovo.
Finché scrivevo per me andava tutto bene. Per me e per chi aveva voglia di leggermi, pochi amici, senza grosse pretese. Se qualcuno aveva da suggerire correzioni, da fare qualche critica, l'ho sempre accolta con piacere e umiltà. Sognavo la pubblicazione, non la fama ma quel piccolo riconoscimento del mio lavoro.

Ci ho messo cinque anni a pubblicare il primo romanzo, dopo aver venduto un centinaio o forse più della mia raccolta di poesie. Non era il primo romanzo cui lavoravo, ma era il più personale. Poco commerciale, più un diario - o come lo definisco un "album fotografico" - senza grossi colpi di scena e con un suo svolgimento lento e monotono come i giorni che passano in una vita che non si ama contrapposta a un sogno in cui si desidera vivere. "Gli attimi in cui Dio è musica", a cui qualcuno attribuisce una profondità che altri non vedono, mi ha dato delle soddisfazioni.
C'è che pubblicare, soprattutto con un piccolo editore, ti porta a dover vendere in prima persona il tuo prodotto. Che va bene se non hai niente da fare ma se hai già un lavoro, una casa, una vita e altre cose da scrivere è un lavoro in più che finisce per farsi pesante. Poi ci sono gli altri, quelli con cui hai a che fare soprattutto sulle pagine social. Quelli che sfornano vendite, recensioni, pubblicità a oltranza, posti in classifica e milioni di fan. Tu magari manco ci pensi alla classifica, ma sentirti ricordare che esiste ogni due minuti prima o poi ti fa andare a vedere. E i report di vendita anche, se prima non te ne preoccupi affatto a un certo punto vai a guardare. E ti chiedi come fare per aumentare la visibilità, ma non è cosa tua e lo sai, non è quello che sai fare. Non solo, se lo fanno gli altri ti infastidisce e per principio non fai agli altri quello che non vuoi per te. Quindi ti dici ok, non spammo, non chiedo recensioni a destra e manca, non massacro gli amici con continui post su Facebook sul mio libro - tanto quelli che lo volevano comprare lo hanno già fatto e probabilmente hanno acquistato sia il cartaceo che l'ebook.

Alla seconda, terza, quarta e quinta pubblicazione mi rendo conto che faccio troppa fatica. Che non è questo che mi piace, che per soddisfare le aspettative devo diventare qualcuno che non sono e che non voglio essere. Terminato anche il romanzo che ho amato di più, al pensiero di ricominciare la trafila per non pubblicarlo come gli altri e non riuscire a venderlo ho cominciato a chiedermi se mi avrebbe reso felice. Non lo so.
So che aprire un file per continuare una storia già iniziata o terminarne una che è a buon punto, o iniziarne una nuova mi fa sbuffare al pensiero. Non ho più voglia, non vale la pena. Non così.

Io le mie storie le conosco e posso "rileggerle" nella mia mente ogni volta che voglio; anche quelle che non ho mai scritto, quelle che sono tra i progetti. Come se avessi una serie di tomi a disposizione, solo che non sono scritti. Ci sono talmente tanti libri che certo nessuno sentirà la mancanza dei miei romanzi o racconti. Ci sono talmente tanti aspiranti scrittori che sgomitano che non si farà caso alla mia mancanza.
Non è un gioco per me.
Probabilmente non lo è mai stato. In fondo a me piace sognare, non ho dimestichezza con la realtà.
Non ho nessuna voglia di unirmi al gruppo, di motivi per essere insoddisfatta ne ho già a sufficienza. Preferisco fare qualcosa che mi renda felice. 

2 commenti:

easy runner ha detto...

Potrebbe sembrare una resa.
Non lo è.
E'invece una confessione che ti rende umanamente più bella.

easy

Anonimo ha detto...

Sei sempre il mio sostegno in corsa...
;)