5.7.16

Choc all'amarena

Come alcune canzoni restano attaccate a determinati eventi della vita, così succede che alcuni sapori rimangano legati indissolubilmente a degli episodi della vita.
Così alla mia infanzia mi ritrovo ad associare le lenti di zucchero colorate, che la bisnonna teneva i una scatolina accanto al letto e che mi dispensava con parsimonia. Non che siano eccezionali, hanno un sapore ormai del passato, ma ogni volta che ne mangio una mi torna in mente quella stanza e tutti i suoi oggetti preziosi, la collezione di animali di porcellana che teneva in vetrina, il suo tavolo da toelette, i nastri di velluto con cammeo che portava al collo.
Non è l'unico sapore che mi torna in mente; per esempio la pizza al padellino che compravamo mamma e io prima di andare in montagna, quando andavo alle elementari. Nella sua carta oleata, rigorosamente margherita, insieme a una lattina di birra e a una bibita gassata per me. Non ne mangio più, preferisco quella al mattone, ma ogni volta che penso alle nostre gite in maggiolino mi torna in mente quel sapore bruciacchiato e unto, la pasta che resta spugnosa e l'olio rosso che campeggia sulla carta. Oppure le pause pranzo quando andavo a Leumann con mamma, in una trattoria per camionisti e ogni volta ordinavo pasta in bianco: burro e parmigiano - ancora uno dei miei piatti preferiti. E la mia passione sfrenata per la pasta al pesto, che ho costretto a cucinare per mesi a pranzo e cena, altrimenti non mangiavo. Sono sapori che ancora mi rendono felice. Come il petto di pollo impanato, sottile sottile, che era l'ultima risorsa di famiglia per stimolare il mio appetito quasi inesistente. O i grissini "pucciati" nella Nutella, credo di averne mangiati a chili...

Allo stesso modo gli eventi negativi possono legarsi a determinati cibi e farceli odiare per sempre.
Come i Pavesini, che mi hanno portato dopo l'operazione alle tonsille - a quattro anni - e che non mangio se non sotto minaccia. Non so se prima mi piacevano, non lo ricordo. So che dopo il trauma della pre anestesia, che mi ha agitata e terrorizzata, una volta sveglia ho detestato le prime cose che mi hanno portato: i ghiaccioli arcobaleno e i Pavesini.
Forse erano sgradevoli a causa dell'anestesia, forse non li avevo mai amati troppo, però non riesco a guardarli con simpatia nemmeno ora che di anni ne sono passati parecchi.
Come la pasta col pomodoro, mangiata ogni sera a casa del fidanzato psicopatico. Tutto sempre affogato in un mare di pomodoro passato con al massimo una foglia di basilico, leggermente acido e indigeribile. Se vedo la pasta al sugo mi viene mal di stomaco in automatico.

Poi ci sono le aspettative deluse: la cosa peggiore.
Quei cibi che ti sembrano una cosa e per qualche motivo non rispettano le premesse. Se ti capitano da piccola sono veri e propri choc. Per esempio a me piacevano da morire i ricoperti al cioccolato. Parlo sempre di quando ero piccola, molto piccola. Addentare la copertura e i suoi pezzetti croccanti di nocciola per arrivare al gelato e sotto al cuore di cioccolato... mmmhhh...
Era una di quelle estati in cui mamma mi faceva andare a Castiglioncello con la tata un mese prima di raggiungerci. L'alloggio al pianterreno col giardino, il pergolato e la ghiaia. L'anno in cui ho scoperto che Montgomery Clift era morto da un pezzo anche se io potevo vederlo giovane e in salute in televisione. Quell'estate volevo un ricoperto al giorno. Ogni pomeriggio era una delizia.
Così quel giorno andai con la tata al bar a comprare il gelato. Tornammo a casa in fretta e io scartai il gelato assaporando il mescolarsi rapido di gelato alla vaniglia e cuore al cioccolato.
Non fu così. Per errore avevamo comprato la versione con l'interno all'amarena. Non me lo aspettavo. Un morso deciso e la bocca invasa dal sapore della frutta, che già detestavo all'epoca. Poi quel sapore in particolare, dolce e amaro insieme... Inutile raccontare la fine del povero ricoperto all'amarena.
Quello che però è rimasto è il sospetto che ogni ricoperto nasconda una terribile sorpresa, per cui ancora oggi non mangio ricoperti con l'aspetto di quel singolo gelato sbagliato. Non mangio nemmeno le amarene, la marmellata di ciliegie, qualsiasi dolce o yogurt o gelato che abbia l'amarena dentro.
Anche se sono convinta che alcuni alimenti che rifiutiamo li detestiamo perché in qualche modo ci fanno male - o ce ne faranno - penso che anche ciò che mangiamo resti in noi e si leghi a ciò che siamo, ciò che vorremmo essere e che non vogliamo più avere addosso. Come i vestiti e i tagli di capelli, come il ristorante in cui andavamo un tempo con il nostro ex.
Come quella canzone che ogni volta ci porta alle lacrime...

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