5.7.14

Sono educata e sono stanca


Sono cresciuta seguendo mia madre un po'ovunque, disdegnando spesso la compagnia dei miei coetanei e osservando privilegiata il mondo degli adulti. Privilegiata perché, essendo molto educata, passavo quasi inosservata e alla lunga finivo per essere una "piccola adulta". E ascoltavo di tutto, proprio di tutto, come fossi una bimba invisibile.
Mi piace pensare di esserlo stata anche se entrambe le cose - essere "piccola adulta" o "bimba invisibile" - possono avere un lato negativo. Crescere troppo in fretta, ascoltare discorsi inappropriati (quali poi non saprei), non essere calcolata come bambina può essere frustrante. Eppure mi è piaciuto evitare la delusione della crescita partendo "già cresciuta".
L'unico difetto enorme che mi è rimasto è l'educazione. Quel timore di disturbare che a oggi mi impedisce a volte di impormi quando dovrei. Come se un grosso "NON DISTURBARE" fosse appeso alla maniglia del mondo. Ho imparato a non interrompere, a non chiedere con insistenza, a non fare rumore o domande inopportune, a stare ferma e buona mentre gli altri parlano. L'ho imparato talmente bene che ora, prima di fare qualsiasi cosa mi chiedo se sto disturbando.
Non telefono se non so che stanno aspettando una chiamata, non chiedo aiuto quando ne ho bisogno, non mi faccio quasi mai pubblicità, non chiedo mai apertamente una cosa - anche se ci tengo - non metto nemmeno i tag nelle cose che pubblico su facebook (a meno che non siano "cazzeggi" che so di poter condividere) per non dare fastidio a chi mi legge o a chi si potrebbe trovare inserito tra persone che non gradisce.
E questa mia discrezione ha anche i suoi lati positivi, lo ammetto. Facile che le persone che mi conoscono si fidino di me tanto da raccontarmi cose che non direbbero ad anima viva. Facile mantenere i rapporti anche se io difficilmente trattengo le persone accanto a me. A volte lascio scorrere più del dovuto, lo ammetto. Se anche tengo a una persona ma la sento allontanare è difficile che la rincorra per non perderla. Credo che, in ogni caso, le persone con cui entriamo in contatto ci restino dentro. Per sempre. Non importa se fisicamente non ci sono.
L'altro aspetto della faccenda, però, è che sono anche stufa di tutta questa mia morbidezza. Perché non è del tutto autentica. Non che io finga, ma mi viene spontaneo questo non disturbare anche quando poi mi fa rabbia l'essere invisibile. Per esempio, se voglio andare in un posto particolare è difficile che io dica "voglio andare là"; mi viene spontaneo dire "si potrebbe andare là", invece. Così io non disturbo e l'altra persona non si sente in obbligo. Però io magari voglio proprio andare là... E non mi impongo, anzi, nemmeno lo faccio capire.
Ecco, questo aspetto di me, una sorta di rigidità comportamentale che mi impedisce di chiedere quello che vorrei per me, mi scoccia terribilmente. Perché non è facile che gli altri siano disposti a interpretare i miei ghirigori esistenziali e io spesso pretendo invece di essere capita. Perché quanto pretendo da me, spesso lo desidero dagli altri. Così se io prometto di "non disturbare" è quasi sicuro che non lo farò correndo il rischio di perdere occasioni e fiducia. Parlando con una mia cuginetta, un paio di settimane fa, ho capito che a volte seppure goffamente sarebbe meglio provare a chiedere. O almeno specificare che la mancanza di una richiesta chiara e specifica da parte mia non implica una mancanza di interesse o di desiderio.
Ché, spesso, diamo per scontato che gli altri capiscano al volo le nostre necessità o i desideri. Invece...
Le relazioni con gli altri sono sempre complicate e si finisce per sembrare superficiali per troppa discrezione. O per non avere le attenzioni che si vorrebbero, o per far allontanare chi vorremmo vicino.
Quindi sono stanca, soprattutto, di reagire istintivamente con questa mia "educazione" e di non saper pretendere quel che merito, o che desidero, o che voglio disperatamente...

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