14.12.10

Auto-me

Seduta a fianco a mia mamma in automobile prestavo attenzione al rumore del motore. Lei aspettava che io le dicessi quando secondo me era il momento, premeva la frizione, mi suggeriva la marcia e io la inserivo con la mano sinistra. Il sistema di mamma per farmi amare l'automobile.
Che non funzionava più di tanto, ma finché era un gioco andava bene.
Poi ho imparato a cambiare gli pneumatici. Ovvio, non lo facevo io, ma aiutavo. Davo una mano a svitare i bulloni quando lei li allentava a sufficienza, a spostare la ruota quando era fuori dalla sua giusta sede. Per mamma era giusto che io imparassi tutto ciò che poteva servirmi nella vita.
Quindi le piccole cose che riguardavano l'auto, poi la tinta alle pareti, poi le giunte ai fili elettrici, come montare una spina, una presa, una prolunga, fare i buchi col trapano, montare mensole, librerie, mobili. Infilare le cose in modo pratico negli scatoloni a ogni trasloco, muovermi e sopravvivere agli eventi senza fare una piega.
Mamma era una donna pratica, per lo più, e indipendente. Testarda. Aveva preso la patente da privatista a diciott'anni, ed era il '57, non limitandosi a una semplice patente B. Ha preso la C. E sapeva smontare e rimontare un motore. Fare il cemento, tirare su un muro, riparare tubi. Mi ha insegnato un po' di tutto.
Nessuno più di lei ha saputo rendermi indipendente, più capace di fare senza un uomo in casa.
Come ha dovuto fare lei per tanto tempo.
Quante sono le piccole cose che mi ha lasciato...

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